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Ho sognato che… ero o non ero una sardina?

Come sarà considerata la politica di oggi nei prossimi decenni? Politici arroganti che difendono i propri privilegi, vivono a spese di chi li vota e si fanno beffe dei cittadini-elettori...

di Massimo Stefano Russo - mercoledì 27 novembre 2019 - 2851 letture

Come sarà considerata la politica di oggi nei prossimi decenni? Politici arroganti che difendono i propri privilegi, vivono a spese di chi li vota e si fanno beffe dei cittadini-elettori?

Non a caso si è arrivati a guardare al mondo della politica quasi esclusivamente come uno “sciocchezzaio,” uno spettacolo di cui ridere, di cui oggi in molti si dilettano, mentre in pochi si nutrono di passione politica per riformare, quando non cambiare il mondo. Nel godersi lo spettacolo dove la politica è la nuova frontiera della pubblicità, ci si limita a pubblicizzare concetti ridicoli, in un crescendo di delirante sarcasmo. Esaltati, spettralmente da comici “sufurei”, guidati da una sorta di ebbrezza liberatoria.

C’è un desiderio insaziabile di spettacolo nell’uomo che vuole evadere a ogni costo e sogna di andare a recitare se stesso. Ma la risata che si fa beffe del potere corre il rischio di arrendersi a esso e l’umorismo non può essere in ogni caso l’ultima parola.

Cosa ispira quello che si presenta oggi come il “movimento delle sardine?” Indubbiamente si è animati da indignazione, rabbia e disgusto. Ma chi sono coloro che desiderano fare politica e chi è ispirato dalla politica? La politica non esprime più desideri, poiché nel corso degli anni è venuta a mancare la sapienza e l’intelligenza del proporre e saper fare, capaci di costruire valide alternative.

Un tempo ci si formava alla politica per aprire nuove prospettive sul reale, sforzandosi di porsi al servizio della società, a partire dalla comunità. I politici che diedero vita alla Carta Costituzionale erano rispettati e si dedicavano con intransigente dedizione al lavoro politico. Uscivano da una scuola in cui avevano imparato a saper dire il poco necessario e a tacere ascoltando, consapevoli del valore del saper dire e soprattutto fare.

Da tempo nell’aver perso il senso della realtà non è più così. Abbiamo dimenticato che la politica, anche quando non è vissuta in prima persona, è parte integrante se non indispensabile della vita. Come fare e cosa fare per riprendersi la politica che oggi è il risultato di un’assenza e di un’incompiutezza, senza contenuti? L’immaginario collettivo come considera oggi la politica? Cosa chiedono i cittadini alla politica?

Il vocabolario della politica, a cui si tributa sempre meno valore, si è ridotto in un impoverimento di contenuti e proposte, mentre ci si rivolge ai cittadini osannando il popolo. In quest’ottica i migranti diventano i paria banditi dalla società e utili capri espiatori delle ingiustizie della società stessa. Non ci accorgiamo che i politici nei social, in rete, ci fanno perdere tempo, ci costringono a disperderci, mentre intanto stiamo perdendo noi stessi.

Nella politica odierna, diventata prestazione, con i concetti riassunti in abstract e slide, trasformati in grafica, spesso fatti solo di vuote parole, c’è qualcosa di profondamente insano. Il timore è che nessuno sia paziente al punto tale da riuscire ad ascoltare.

Bisogna partire dal recuperare l’azione sotto forma di vita attiva e partecipativa, proponendosi di saper agire nel presente, rivolti al futuro che verrà. Per fare ciò è necessario praticare la conoscenza del mondo, a partire dal nostro piccolo mondo che ci circonda. Viviamo un’epoca di ansia e precarietà, con a disposizione uno smisurato repertorio di mezzi di comunicazione, ma senza sapere spesso cosa comunicare. Di fatto ci sentiamo sempre più soli e ci nascondiamo nel dire lo stretto necessario in 140 caratteri, tra emoticon e frasi sconnesse.

Nel marketing politico comunicativo si arriva anche al punto, mossi da secondi fini, di intendere e scambiare la gentilezza altrui come una sorta di inganno. Con post su Facebook si commenta di tutto, anche ciò su cui non abbiamo niente da dire e che persino non ci interessa. Cliccati, visualizzati e condivisi i video vengono chiamati virali. E ci si ritrova così sempre meno padroni di se stessi e asserviti persino nel tempo libero.

Sul piano politico, esclusi e abbandonati, chiediamo sempre meno, non reclamiamo, non osiamo e non proviamo nemmeno vergogna della nostra inettitudine, nel rivederci sdraiati e ridotti a passivi spettatori. A mettere paura, mentre a impadronirsi di noi sono il silenzio e la solitudine, sembra essere soprattutto la parola rivoluzione.

Nel parlare del futuro ci si rivolge ai sondaggisti che da oracoli sono chiamati a svelarci la realtà grazie ai dati letti e interpreti come indizi.

La politica non dovrebbe avere il potere di governare la realtà, trasformandola in positivo, con effetti reali sul presente? Non spetta alla politica individuare i limiti che opprimono la realtà e cercare di superarli? Il linguaggio politico, invasi dalla réclame, lo si è trasformato in inserzioni pubblicitarie. Nell’essere intellettualmente servi, si arriva a sostenere anche chi è privo di attitudini e senza acume, basta solo dichiararsi ed essere disponibili, pronti per il successo.

I politici, sempre meno legati ai problemi reali, mascherandosi il volto, impongono le loro facce sugli schermi. Mimano come attori che si atteggiano in tutto il loro dire e fare, mentre si presentano da comunicatori capaci di trovare una rispondenza immediata nel pubblico.

Storicamente si è individuato un nesso paradossale tra il voto popolare, i mezzi di comunicazione di massa e le dittature plebiscitarie. Non bisogna mai dimenticarlo. La società di massa trova oggi un suo potenziale contagioso nelle Fakenews. E’ una pulsione atroce della società che si avvia verso la menzogna di massa. Pensiamo al serpeggiare di rancori e odi reciproci che ritroviamo nello sbeffeggiare e umiliare gli oppositori, mentre inchiodati in un mondo considerato estraneo, si accetta lo stato di cose esistenti.

E’ necessaria una politica capace di ridistribuire i redditi e i patrimoni ed è indispensabile fare le cose che occorrono, con rispettabile onestà. Come? Di fronte alla crisi ecologica e sociale bisogna credere nelle capacità creatrici del pensiero scientifico e politico.

Se lo sviluppo delle tecnologie digitali negli anni Duemila ha portato al partito digitale quale opportunità e pericoli si celano in esso? Nella digitalizzazione di tutto avanza un populismo digitale ondivago, ora gretto, ora battagliero, ma con scarsa capacità di gridare e praticare libertà e giustizia. L’ideologia digitalista era già fiorita in California negli anni Settanta, convinti che l’uso di massa delle tecnologie digitali fosse l’inizio di una nuova era digitale e di prosperità. Potrà essere così?

Di fatto il mestiere del politico, nella degenerazione della buona politica, negli ultimi decenni si presenta come un frutto avvelenato. E’ complicato ancor di più oggi che in Italia i partiti sembrano impegnati in una permanente competizione elettorale e minano la legittimità degli avversari.

Nell’emergenza sia politica che sociale si lasciano aperte le porte a tutte le alleanze possibili e se, le alternative politiche sono deboli e senza niente di politico, che fare? Ci si ritroverà da militanti ed esponenti in un Partito Politico Non Identificato?



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