Ho copiato Celestini

Ci dispiace Ascanio, non te ne avere a male, ma quando uno ha una buona idea, l’idea migliroe è che la società se ne appropri.
La sua lingua colpisce di punta e di tagli l’immaginario collettivo, scomodando lo spettatore ad "immaginare", fino a strattonarlo ad uno sforzo creativo. Infatti la cosa che maggiormente colpisce di uno spettacolo di Ascanio Celestini è che il pubblico non riesce ad assumere un atteggiamento passivo, neanche quando per pubblico s’intende l’impellicciato pubblico di "abbonamento", o di "turno" potremmo dire, di un teatro comunale. Eppure lui se ne sta seduto tranquillamente in scena, in una quasi assenza di gesti e movimenti; se ne sta tranquillamente seduto e racconta. Già. Racconta. Forse è realmente questa la capacità di Celestini. Riesce a raccontare. A saziare, cioè, una fame di narrazione e di memoria che in questo momento abbiamo tutti, anche chi non lo sa, anche chi non ha consapevolezza di questo desiderio. Narrazione e memoria. Ecco forse il motivo per cui, anche il più annoiato degli spettatori, si mette a sedere in punta alla poltrona quando Celestini sul palco incomincia a spingere la sua voce; in punta, quasi in bilico, nella posizione di chi sta per agire, di chi non vuol farsi trovare impreparato a quello che accadrà, pronto a schizzare via dalla poltrona. Narrazione e memoria. Perché mentre siamo distratti dalle su parole, dal suo accento che corre veloce da una parola all’altra, dalla sua narrazione che salta avanti ed indietro, e ritorna su se stessa come i ricami di mia nonna…quello, Ascanio, ci piglia alle spalle. E così, mentre tu stai ad ascoltare quello che dice, lui è dietro di te, di nascosto, che ti punzecchia la memoria; e mentre ti fermi a pensare che la sua Roma non è tanto diversa dalla mia Napoli o dalla tua Siena, ti accorgi….ma è già troppo tardi…che ci sei dentro fino al collo; che tu sei lì, in fila nell’improbabile e realistica processione di "Scemo di guerra", sei lì che scrivi con lui l’incessabile lettera alla madre di "Fabbrica", mentre il cuore, la rabbia, stanno ancora a giocare sotto la lampadina di "radio Clandestina". Va veloce, Ascanio, quasi corre. Ti scarta di lato come in quelle partite di calcetto estive da bambino, che tu eri il più lento e lui il più veloce, e lo sapevi che quando giocava lui non avevi speranza…eppure giocavi lo stesso. Usa gli strumenti dell’attore per essere più veloce del pubblico, scartarlo, e restituirgli quello che in realtà è già suo, gli appartiene di diritto anche se se ne dimentica: la memoria. Ti piace Celestini. Ti piace. Ne vedi uno di spettacoli, poi due, poi tre, poi ti compri il libro, il Cd, e ti vedi l’intervista in tv, e ti riguardi quello che più ti è piaciuto quando ripassa dalle tue parti. Ti scalda. Però poi ti fermi un secondo, e pensi che la volta migliore è stata la prima. Non perché gli spettacoli siano uguali, o noiosi col tempo, o lui sia meno bravo di quel che sembra. Affatto; quando si gioca con la memoria del pubblico nulla è scontato. Ma ti sorprendi a pensare che, quel Celestini, ti ha fatto proprio bene quando non te lo aspettavi. E’ così.
Celestini fa bene quando non te lo aspetti. Celestini fa bene alla nostra cultura quando in sala c’è qualcuno che non lo conosce, che non se lo aspetta alle spalle, che non si aspetta di rimanere seduto in una sala col vestito buono, ed intanto viaggiare.
Per fortuna che Celestini è di moda in questo momento. Si. Lavora tanto, per nostra e sua fortuna; "così tanto, dice lui, che qualche volta non posso andare dove vorrei". Così per una volta, anche quelli che leggono tizio, ascoltano caio, e si fidano di sempronio…si beccano qualcosa di buono…e magari ci restano pure sotto. Che magari ci prendono il vizio. Che magari si comprano il registratore e si mettono ad intervistare il nonno e la nonna, o l’omino del bar. Ben venga l’emulazione questa volta. Ben venga.
Così pure io l’ho fatto. Così dopo anni che faccio teatro di gruppo, per una volta ho voluto giocare anch’io. Avevo tra le mani da tempo una ricerca antropologica sui paesini del Monte Amiata, mi sono comprato una lampadina, e mi sono raccontato (a me ed a pochi amici fidati, spettatori abituali delle prime della mia compagnia) una storia. Così per gioco.
- Ecco le prove del reato
- Scena di "Cicuta" con l’idea della lampada fregata a Celestini
Qualcuno mi ha detto "bello. Sembrava lontanamente Celestini. Eppure non è da te…cos’è, una citazione di "Radio Clandestina?". No. Nessuna citazione. Gliela ho proprio copiata l’idea. Gliel’ho pure detto, dopo uno spettacolo a Siena Ascanio…ti rubo un’idea per giocare con degli amici. Che mica poteva arrabbiarsi. Le idee buone vanno usate. E, diavolo di un Ascanio, quello là di idee buone ne ha parecchie.
Speriamo lo copino in molti. Speriamo che qualcuno decida di fare del bene al nostro teatro. Speriamo qualcuno decida di fare del bene a se stesso.
Si. Speriamo lo copino in molti; speriamo ne nasca un’abitudine. Che magari lui lavorerebbe meno, e magari nessuno se lo filerebbe più. Ci dispiacerebbe Ascanio, non te ne avere a male…ma siamo sinceri: quanto sarebbe meglio il mondo?
Narrazione e memoria. Dovrebbero metterla come materia alle scuole elementari.
- Ecco l’originale all’opera...
- ...e devo dire con sincerità che il fotografo migliore non è l’unica differenza...
- Ci sono 2 contributi al forum. - Policy sui Forum -
veramente il fotografo di Cicuta non mi sembra così malaccio ;)
Complimenti. Narrazione e memoria, sì, è un’azione artistica e civile.