Gramsci e Lenin si incontrano

"Antonio Gramsci, nonostante le divergenze politiche, ebbe sempre una grande stima del vero fondatore del Partito comunista per non parlare della loro amicizia personale..." (Antonio Gramsci jr.)

di Redazione - domenica 3 dicembre 2023 - 981 letture

[Viene proposto un passo del libro La storia di una famiglia rivoluzionaria. Antonio Gramsci e gli Schucht fra la Russia e l’Italia, introduzione di Raul Mordenti, Editori Riuniti University press, 2014, il cui autore è Antonio Gramsci jr., nipote di Gramsci e figlio di Giuliano, secondogenito del comunista sardo. Nel passo si riferisce l’episodio dell’incontro fra Gramsci e Lenin]

Nell’autunno del 1922 Lenin si era in parte ripreso dalla malattia che lo aveva colpito alcuni mesi prima e che lo avrebbe portato alla morte. Per un breve periodo egli tornò a lavorare al Cremlino. Lenin e Gramsci si incontrarono il 25 ottobre 1922 alle ore 18, in presenza del traduttore, L. G. Wacks. [Il resoconto del loro incontro è riferito nella Cronaca biografica di V. I. Lenin, Mosca, 1970-1972, vol. 12, p. 435] Nel protocollo pubblicato nel 1972 per la prima volta nelle Cronache biografiche di Lenin, sono elencate le questioni intorno alle quali discutevano i due politici, esse sono di grande importanza: la specificità del Sud d’Italia, la situazione nel Partito socialista italiano e la possibilità della fusione di esso con il Partito comunista.

Durante la stesura del volume delle Cronache di Lenin, nel 1972, mio padre [Giuliano Gramsci] ricevette l’incarico dall’Istituto del marxismo-leninismo di reperire, con l’aiuto dei comunisti italiani, altre testimonianze su questo incontro storico. L’unica lettera che Giuliano ricevette a questo riguardo fu quella di Camilla Ravera. Come riferisce la Ravera:

«... Gramsci mi disse di aver espresso a Lenin il suo profondo dissenso con Bordiga non soltanto sul problema dei rapporti con il Partito socialista, ma sul giudizio del fascismo, della situazione italiana, delle sue prospettive; e sulla politica del Partito, settaria, chiusa, e in definitiva inerte e inadeguata alle esigenze del momento. E mi disse dell’attenzione con cui Lenin lo aveva ascoltato: "Lenin - mi diceva Gramsci - conosce le cose nostre assai più di quanto supponiamo". E mi riferiva giudizi espressi da Lenin con assoluta precisione e grande verità su nostri compagni, su scritti di nostri compagni e di altri esponenti politici italiani. Con Gramsci, Lenin aveva in particolare parlato del Partito socialista, e della possibilità di una fusione tra il P.C. d’I. e il P.S.I. Lenin aveva giudicato il modo con cui si era conclusa la scissione di Livorno "un successo della reazione capitalista"; e non aveva mai rinunciato alla conquista di Serrati e dei socialisti sinceramente legati all’I[nternazionale) C(omunista]. Gramsci mi disse che aveva assicurato Lenin di condividere quei giudizi e di approvare la politica dell’Internazionale verso Serrati. [...] Gramsci aveva ripetuto a Lenin di non condividere le opinioni e posizioni di Bordiga; ma a Lenin aveva anche ricordato come nel Partito comunista costituitosi a Livorno, Bordiga rappresentasse la parte maggiore del P.S.I. confluita nel nuovo partito; e di Bordiga si fosse dovuta, perciò, accettare la direzione. Inoltre, nella creazione del P.C. d’I., Bordiga aveva rappresentato un contributo importante alla soluzione del principale problema del momento: la costruzione del partito, nella sua rete organizzativa, nei suoi strumenti di lavoro, nel suo costume rivoluzionario. Ciò aveva contribuito ad accrescere il prestigio di Bordiga. Un cambiamento di direzione politica richiedeva quindi un’opera di discussione, persuasione, formazione tra i compagni, a partire dai più qualificati: in modo da giungere alla costruzione di un nuovo gruppo dirigente, di una nuova direzione politica» [Dalla lettera di Camilla Ravera a Giuliano Gramsci del 20 dicembre 1972].

La stessa Ravera, nella sua lettera, avanzava l’ipotesi che, proprio a seguito di quell’incontro, Lenin avesse deciso di far trasferire Gramsci a Vienna, dove egli si recò nel dicembre 1923, perché si potesse preparare a sostituire Bordiga.

Ma perché la stessa Ravera non aveva descritto questo episodio nelle sue memorie pubblicate pochi anni prima? Perché è sfuggito a tutti i biografi di Gramsci, incluso un autore eminente come Giuseppe Fiori? E perché lo stesso Gramsci non ne fa mai menzione in nessuna lettera e in nessun articolo, nonostante tutta l’ammirazione per Lenin e i forti legami di amicizia della famiglia di Giulia Schucht con quella di Uljanov? Non è escluso che la causa di questo strano silenzio sia dovuta alla modestia e correttezza di mio nonno nei confronti di Amedeo Bordiga. Infatti Antonio Gramsci, nonostante le divergenze politiche, ebbe sempre una grande stima del vero fondatore del Partito comunista per non parlare della loro amicizia personale.


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