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"Gomorra" di Roberto Saviano

"Gomorra", libro-inchiesta di Roberto Saviano sul sogno di dominio della camorra.

di Donatella Guarino - venerdì 13 luglio 2007 - 4918 letture

“Tremilaseicento morti da quando sono nato. La camorra ha ucciso più della mafia siciliana, più della ‘ndrangheta, più della mafia russa, più delle famiglie albanesi, più della somma dei morti fatti dall’ETA in Spagna e dall’IRA in Irlanda, più delle brigate rosse, dei Nar e più di tutte le stragi di Stato avvenute in Italia” […]. Mi viene in mente […] la cartina del mondo che spesso compare sui giornali, […] quella mappa che indica con un bagliore di fiamma tutti i luoghi della terra dove c’è un conflitto. Kurdistan, Sudan, Kosovo, Timor Est. Viene di gettare l’occhio sull’Italia del sud […] ma non c’è traccia di lampo, non v’è disegnato alcun fuocherello. Qui è il cuore d’Europa […]. E’ necessario che la carne da macello rimanga impantanata nelle periferie, schiattata nei grovigli di cemento e mondezza, nelle fabbriche in nero, e nei magazzini di coca”. Questa è una pagina tratta dal libro-inchiesta di Roberto Saviano Gomorra.

E pagina dopo pagina il libro prende, cattura il lettore. E’ facile perdersi e confondere fantasia e realtà. Ma la fantasia qui c’entra poco. Ciò che si racconta è tutto vero. Con continui riferimenti autobiografici, riportando ricordi familiari e personali, anche in modo poetico, Saviano racconta piuttosto una realtà che spesso è superata dalla fantasia. Per crudezza. Per ferocia. Il mondo appare come altro, ma vero, tremendamente vero. E’ un mondo di “morti che camminano”.

I traffici illeciti, i guadagni – vergognosamente esorbitanti e vergognosamente sporchi - le donne e le famiglie, sono la realizzazione del “sogno di dominio della camorra”. Sono gli strumenti del “Sistema”. Come lo sono tante imprese edili, o aziende nazionali alimentari e del latte, o di abbigliamento. Il sogno di dominio della camorra ha espanso i luoghi. Ora c’è pure l’est dell’Europa : la Polonia, l’Ungheria, la Romania.

Con una lucida analisi, con il piglio dello storico e del ricercatore, Roberto Saviano fa nomi e cognomi. Racconta stili di vita, elenca cifre con molti zeri che rendono potenti i protagonisti di una guerra che c’è ma è ignorata.

Solo la cronaca dei morti ammazzati, con un distacco che ormai è la norma, rompe - di tanto in tanto – questo silenzio. Ma poi tutto torna come prima. La camorra, dice Saviano, non è come la mafia. Alla strage di mafia seguono cortei di studenti, voci e riflessioni di giornalisti e intellettuali. Alla strage di camorra non segue proprio niente.

Quando un boss raggiunge il potere, poco dopo, deve lasciarlo a qualcun altro. Emergeranno nuove figure che si devono sostituire a quelle di prima.

“La dittatura di un uomo nei clan è sempre a breve termine, se il potere di un boss durasse a lungo farebbe lievitare i prezzi, inizierebbe a monopolizzare i mercati irrigidendoli, investirebbe sempre negli stessi spazi di mercato non esplorandone di nuovi. Invece che divenire un valore aggiunto all’economia criminale diverrebbe ostacolo agli affari”. E con Riccardo Orioles Saviano afferma: “La criminalità non è il potere, ma uno dei poteri”.

Ogni arresto o processo non è qualcosa di definitivo, che risolve il problema alla radice, ma una specie di staffetta. I capi si avvicendano, niente viene distrutto, si interrompe solo una fase che presto verrà ripresa con lo stesso meccanismo di prima.

“Qualcuno ha detto che a Sud si può vivere come in un paradiso. Basta fissare il cielo e mai, mai osare, guardare in basso. Ma non è possibile […]. Io so. Io so chi ha costruito il mio paese […] . Io so e ho le prove”.

Ricerca, analisi dei dati e interpretazione, infine pubblicazione degli stessi. E’ questo che fa Saviano.

Egli ha scelto uno dei tanti modi di fare letteratura. L’uso della parola ha mille declinazioni, altrettante applicazioni. La sua è una scrittura forte, impegnata. “Uso le parole non per far evadere il lettore […] ma per invaderlo” ha affermato lo scrittore in un intervento fatto a maggio scorso a Milano, nell’ambito della prima edizione della rassegna “Officina Italia”.

“Esiste la bellezza e l’inferno degli oppressi” dice Albert Camus.

Saviano, con la sua scrittura, dimostra che “la necessità prima dell’intellettuale è presenziare al dolore umano, mantenersi sentinella della libertà umana”. Ha scelto un canone estetico che lo spinge ad essere “fedele alla bellezza e all’inferno dei viventi”. E Gomorra è tutto questo.


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