Gloria Buffo (Ds): ’’Referendum, una sconfitta da indagare’’

"In realtà quello che è accaduto in questa campagna referendaria e, ancor prima, intorno alla legge sulla fecondazione assistita, strappa il sipario che velava la crisi della politica".

di Redazione - giovedì 16 giugno 2005 - 5566 letture

Stravince l’astensionismo. Cosa è successo? Cosa non ha funzionato?

Questo voto referendario ci fa capire molte cose della vicenda italiana. Anche se avesse ragione l’Istituto Cattaneo - che sostiene essere stato un risultato largamente prevedibile - in realtà quello che è accaduto in questa campagna referendaria e, ancor prima, intorno alla legge sulla fecondazione assistita, strappa il sipario che velava la crisi della politica.

Fassino oggi denuncia una crisi profonda dello strumento del referendum, La Loggia guarda positivamente ad una società cambiata mentre il cardinal Ruini loda “la maturità del popolo italiano”. Lei parla di crisi della politica...

Di questo si tratta. Prim’ancora che di un cambiamento nella società: se a sinistra si è rinunciato da molti anni alla battaglia culturale che precede necessariamente ogni politica e a destra si scommette sulla spoliticizzazione e la delega al discorso religioso, è della fragilità della politica che bisogna anzitutto prendere atto.

La gente per questo motivo non è andata a votare?

Per diversi fattori, ma anche per questo motivo. Infatti per me regge fino a un certo punto l’argomento che si trattava di quesiti difficili e perciò respingenti. Certo, sarebbe stato meglio avere a che fare con il quesito di abrogazione della legge per farne una migliore. Ma un referendum riguarda sempre una legge fatta di molti articoli e commi, e dunque ciò che conta è rendere chiaro l’essenziale, la posta in gioco. In questo caso la libertà delle persone (qui il termine è particolarmente appropriato) rispetto all’invadenza impropria e minacciosa di una legge che sconfina rispetto agli ambiti del diritto e dello Stato. Uno Stato per di più condizionato da una gerarchia cattolica militante e politicizzata quanto mai.

E questo messaggio non è passato...

Se tutto ciò non è stato chiaro è perché non lo è stato in questi anni, perché non è su questo che i soggetti più importanti - i partiti, i parlamentari, i giornali - hanno fatto politica, cultura, opinione.

Sul fronte del “No” e degli astensionisti si sono mossi per tempo?

Si è trattato di un’altra occasione persa. Quando una parte, che va da Ruini a Pera e Ferrara, imponeva di discutere sull’embrione-persona, si è rinunciato a rovesciare il discorso e a partire dalle vite concrete dei tanti Mario e Giovanna che per una chemioterapia, o una malattia genetica possono avere un figlio solo se nasce in Spagna o in Grecia. Ma in Italia no perché è vietato. Ed è vietato perché il Parlamento ha discusso e votato sotto la pressione di una Chiesa che, dopo la fine della Dc, voleva misurare il proprio potere di condizionamento. Parlo di quella stessa gerarchia che per anni ha bloccato il varo di qualsiasi legge perché era contraria a ogni pratica di fecondazione assistita.

Si è trattato di una battaglia persa in partenza?

Assolutamente no. E’ stata persa perché si è lasciato che l’ordine del discorso prevalente riguardasse l’embrione, e non i bambini che con questa legge non nasceranno mai. Perché non si è dato valore all’impossibilità di parlare di figli e di persone senza considerare la volontà della madre. Non si è trattato di una contesa tra laici e cattolici. Ma di una partita impari tra una parte che si affida alla morale vaticana delegandole il discorso sull’umano e soprattutto il ruolo di un vicario politico, e un’altra che sulla laicità , sulla maternità, sul rapporto tra etica e diritto non ha costruito - preferendole un’ azione di breve respiro - quella tela in cui la società possa trovare riferimento per il proprio vissuto e le proprie aspirazioni.

Dopo un esito così negativo, che succederà?

Le conseguenze immediate di questo voto referendario nella politica italiana saranno molte. Sarebbe importante che non si guardasse ancora una volta soltanto al “risiko” interno ai partiti e alle coalizioni ma alle questioni di fondo: se il discorso su ciò che è umano, in tempi di globalizzazione e sconvolgimenti sociali e civili, finisce in mano ai teo-con, le nostre società non potranno certo migliorare.


Intervista di J. CO pubblicata su www.aprileonline.info n° 281 del 15/06/2005.


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