Giuseppi in pronto soccorso a Silvio

Le rivoluzioni hanno sempre irradiato un alone magico, anche se è sempre meglio essere invitati a un pranzo di gala che a una rivoluzione.

di Deborah A. Simoncini - mercoledì 25 novembre 2020 - 2095 letture

È stato il padre di Forza Italia da vent’anni: il politico più amato, esordì il conduttore prima di dargli la parola. Da vent’anni? A me non risulta. “Beh, l’ha detto e scritto lei … io che ne so.” “A beh, capisco c’è un equivoco lei voleva dire da quando avevo vent’anni…certo! Io da politico modello sono stato sempre contro la politica.” Le persone felici e infelici lo odiano e lo perdonano, nel suo nome danno e prendono, urlano e tacciono. E’ in questo salotto buono dove è intervenuto persino il papa in diretta telefonica e sono stati ospitati figli e parenti di boss che ha firmato il contratto con gli italiani.

Per l’imbarazzo il conducator lo guardò con aria interrogativa, tossì e poi si decise a parlare. “Qui lo dico e ribadisco: epidemia e pandemia per nostra disgrazia sono tornati a essere d’attualità in tutto il mondo.” Giuseppi parlava bisbigliando. Si rassicurò che Silvio non potesse sentire. L’avevano scovato in una locanda di infimo ordine, la bocca spalancata, gli occhi semichiusi e un’espressione idiota: i pantaloni calati e il rotolo della carta igienica in mano.

Tirato su di peso si era rifiutato di aprire bocca finché la porta non si era rinchiusa. No, Silvio ha giurato di no sulla Bibbia. L’ho sentito coi miei orecchi. Io ho detto quello che pensavo lui volesse sentirsi dire da me. Ho sostenuto che non c’è stata alcuna unione, nessuna promessa di matrimonio e ancora meno di consumazione. Quando entrò dalla porta tutti smisero di parlare. Vincenzo, seduto nella poltrona reclinabile, se ne stava con lo schienale abbassato e i piedi in alto. Aveva l’abitudine di ripetere a voce alta alcune parole.

Giuseppi non indossava giacca e cravatta, ma era vestito in maniera più sportiva: i jeans scuri e rigidi sembravano appena stirati, con una camicia nera abbottonata e sopra una maglia nera con il collo a V. Il diritto di parola non vedete com’è minacciato dal far west mediatico? Non a caso, a me mi - anche se non lo si dice - mi hanno soprannominato “Il Magnifico da Milano”. Ho sempre sostenuto che il sentimento nazionale e patriottico deve spuntarla su quello di classe. Pieno di rabbia Silvio trasse le sue conclusioni: mi hanno tradito e vogliono creare un nuovo partito, ma non mi lascio intimidire da ingratitudine e tradimento. Perché c’è chi continua a considerarmi un nocivo agitatore, un vero e proprio sobillatore, mentre io lancio solo appelli a fraternizzare? Mi vogliono vedere in fuga per poi farmi sparire nella clandestinità, tagliato fuori dalla politica ridotto a vivere in tutta povertà, magari rifugiato a Zurigo? In un primo tempo, quando ero sincero, voi ne avete approfittato e sono stato deriso da tutti.

Invidiosi! Sono dovuto arrivare a inscenare un finto colpo di stato. Ricordatevi che nel riprendere possesso dello Stato ho agito nella più totale impunità e ho svolto un ruolo decisivo, capace di gettare le basi del regime neoliberale capitalistico, sostenendo la borghesia grande e piccola, contro tutte le violenze del proletariato e dei suoi accoliti. Ho stretto un patto con chi sapete voi, secondo lo slogan: “Chi non lavora non mangia” che ho imposto con una propaganda onnipresente. Ho instaurato il “consumismo di guerra” promuovendomi comandante in campo: sono io che tuttora dirigo, comando e controllo l’intero apparato dello Stato. Ho evitato così la rovina dell’industria, del commercio e della moneta, evitando il disastro dell’intero paese. A me è stata affidata una missione liberatrice.

La rivoluzione è un fatto interiore, spirituale, un focherello che continua ad ardere dentro. Sono stato vittima di più di un attentato e ve lo dovreste ricordare. Giuseppi tu prima conducevi una vita normale da piccolo borghese, mentre oggi devi leggere molti rapporti, presidiare riunioni e ricevere svariati responsabili, redigere articoli e discorsi per giustificare la tua politica e combattere i nemici sia interni che stranieri. Ti compiaci all’idea di posare le terga sulle stesse poltrone in cui mi accomodavo io, ma guarda che minchiata mi hai combinato in Calabria. Sei diventato una star internazionale, ma tra me e te, nonostante indossi abiti dal taglio di sartoria impeccabile, c’è un distacco di siderale levatura, ma non ne sei consapevole. Lo sguardo beffardo che esibisci di fronte all’obiettivo dei fotografi fa intuire tutto il compiacimento con cui vivi la tua scalata politico-sociale.

Le rivoluzioni hanno sempre irradiato un alone magico, anche se è sempre meglio essere invitati a un pranzo di gala che a una rivoluzione. Vi ricordo che sono gli intellettuali di sinistra a presentarsi come i soldati della rivoluzione ed è molto triste vedere investito tanto ingegno in teorie che fanno acqua da tutte le parti. Da ricchi liberal, circondati da tizi che profumano di dopobarba costosi e giocano a golf, nel tempo in molti si sono lasciati trascinare nei moti della contestazione, presentandosi come fustigatori dei borghesi progressisti. Sono io in tutta verità ad appartenere ai sinistri popolari e con i miei giornali e le televisioni mi adopero per diffondere la cultura fra le masse. Eppure voi anche se incollati al Biscione la disprezzate e disdegnate, mentre vi muovete tra i ricconi come pesci nell’acqua.

Mi considerate portavoce, ridotto a macchietta, di un popolo da voi raffigurato ignorante e greve, mentre sono autentico e veritiero. Ed è per questo che grazie alla fatica del mio lavoro anche se sono sudato posso osservarvi dall’alto in basso. Vi piacerebbe mettermi sotto una teca e lì tenermi come una farfalla inchiodata a uno spillo. Non venite più a parlarmi di un mondo da cambiare. E’ stupendo vivere delle pubblicità televisive: da imbroglione e ladro so essere anche un vero signore nel prendermi cura della vostra mente e della vostra anima. In tutto questo pandemonio mettetevi il cuore in pace: i virus l’ipotesi più probabile è che siano arrivati sulla Terra con l’apparizione dell’uomo. Hanno una traiettoria di sviluppo parallela a quella dell’uomo. Ne hanno accompagnato la storia e l’evoluzione. La loro struttura è specifica, sono parassiti obbligati di organismi unicellulari, capaci di replicarsi sfruttando i processi di chi li ospita. Una forma di vita unica e separata.

Il problema rimane: qual è il ruolo dei virus nel destino della specie umana? Gli esseri umani sono stati infettati dai virus fin dalle origini e ci sono virus ancestrali, probabilmente coevi o che esistevano prima dell’uomo. E’ il nostro sistema immunitario a combattere i virus. E’ possibile che l’evoluzione umana sia stata accelerata grazie ai virus. Molti virus risalgono addirittura all’epoca preistorica. Ma si può vincere una guerra senza usare la forza e senza impugnare le armi? Per esprimere idee nuove bisogna saper usare parole antiche. Dalla mia parte ci sono buone ragioni. Nella psiche c’è l’anima: la parte più profonda e vitale di ogni persona dove si custodisce l’identità e l’esistenza più vera dell’umano. E’ al centro di ogni discorso sulla condizione umana. La vita è rinchiusa in un soffio che vivifica, nello spirito.

Nelle dittature i tiranni indossano sempre delle divise, per far passare il messaggio che l’esercito risponde a loro e a nessun altro, a me la divisa non è mai servita, perché io non servo nessuno e men che mai sono servo dello Stato a cui mediatamente concedo i miei favori.



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