Gianmario Roveraro: morire per soldi
Perché i collaboratori del banchiere non hanno eseguito gli ordini arrivati via fax da parte di Roveraro stesso? Poteva Roveraro salvarsi o essere salvato? Lui e il suo entourage, abitualmente avevano a che fare con soci "disperati"?
Perché i collaboratori del banchiere non hanno eseguito gli ordini arrivati via fax da parte di Roveraro stesso? Poteva Roveraro salvarsi o essere salvato? Lui e il suo entourage, abitualmente avevano a che fare con soci "disperati"?
Se in Italia si è consumato il sequestro di Gianmario Roveraro con il suo macabro e sconvolgente epilogo, è in Svizzera, a Lugano, nello studio di consulenza internazionale Federico De Vittori che l’intera vicenda ha preso il suo avvio.
Gianmario Roveraro, ligure, nato nel 1936, dopo essere stato, nel 1956, primatista italiano di salto in alto, saltando oltre i due metri, si era laureato in economia, con una tesi sui fondi d’investimento, un argomento pressoché sconosciuto nell’Italia anni ’60 e presto era diventato uno dei finanzieri che contano nel mondo dell’alta finanza italiana, "rischiando" quasi, in un determinato periodo, di mettere in ombra il guru per antonomasia, capo di Mediobanca, Enrico Cuccia.
Ma Roveraro aveva altre mire sugli investimenti e sul terreno degli investitori e i due non entrarono in rotta di collisione; un uomo schivo e molto riservato, membro soprannumerario dell’Opus Dei, potente organizzazione religiosa che più volte, nonostante la presenza di una famiglia con tre figli, lui stesso definirà la cosa più importante della sua vita.
La vita di Roveraro scorre tranquilla, nella piena efficienza e concretezza, due doti che gli vengono attribuite da chi lo conosceva, ha solo qualche problema con Parmalat dal momento che fu lui a portare il titolo in Borsa, un incidente di percorso di cui i giudici l’avrebbero chiamato a rendere conto presto, in un percorso di vita di grande prestigio.
Importante, inaccessibile ai più, lontano dalle ribalte mondane...eppure Gianmario Roveraro, agli inizi degli anni duemila incomincia a fare affari con persone di dubbie capacità e credenziali.
E’ socio di Franco Todescato, lo stesso che nel 2003 verrà arrestato "per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio", e un anno prima, nel 2002, coinvolge quello che diventerà il suo assassino, Filippo Botteri un consulente finanziario di provincia, in un’operazione siglata appunto nello studio De Vittori a Lugano. A Botteri viene prospettato un guadagno di 24 milioni di euro, con aggiunta di alti 6 milioni e mezzo, a fronte di un investimento personale di 250mila euro.
Inizia il gioco delle scatole cinesi, dall’acquisto della società inglese E.D.S. Ltd che vede proprietari Roveraro e Botteri al 50%, i 250mila euro transitano alla società Austrian International Consulting controllata da Todescato; trascorrono i mesi, Roveraro si tira fuori dall’affare, adducendo motivi di non chiarezza, lasciando dentro Botteri che perde l’intera cifra investita.
Anzi stando a Botteri, Roveraro gli avrebbe chiesto altri 100.000 euro per costituire una nuova società adeguata a ricevere la cifra dell’ingente guadagno "realizzatosi" per l’intero affare, Botteri rifiuta, mettendo solo 10mila euro ma poi tra un versamento e l’altro a favore di Todescato, arriva, con i suoi amici di Reggio Emilia, dice lui, a sborsare ancora un 200mila euro circa.
Roveraro continua a mantenere rapporti con Todescato anche dopo l’arresto di quest’ultimo, per aver contraffatto titoli del "Credit Agricol" utili per ottenere nuovi accessi di credito, addirittura, quando Todescato esce dal carcere, gli fa avere 15mila euro in contanti tramite Botteri.
A questo punto potremmo chiederci perché un uomo dello spessore economico e sociale di Roveraro inizia a "confondersi" con degli aspiranti Ricucci, viene da chiedersi se mai, in passato avesse avuto contatti con pesci così piccoli, mangiati in un boccone, se questo che è accaduto è stata una tragica casualità, se ha avuto, lui, la sfortuna di incontrare qualcuno che sentendosi vittima si è trasformato in spietato carnefice tanto che dopo averlo ucciso con un colpo alla nuca l’ha fatto a pezzi con una motosega.
Cosa poteva legare un finanziere del calibro di Roveraro a delle mezze tacche come Todescato, Botteri? Che necessità avrebbe avuto Roveraro di tirare dentro ad un affare da capogiro questo signor nessuno di provincia che sborsando "appena" 250mila euro si sarebbe ritrovato megamiliardario. Se l’affare fosse stato così vantaggioso perché dividerlo con altri, a Roveraro non sarebbero mancati i 250mila euro, il prezzo di un appartamento più o meno di quattro vani...invece insieme vanno a Lugano, comprano una società inglese di comodo, spostano i soldi su una società austriaca del socio di Roveraro e poi i soldi spariscono, persi o non dati, forse l’affare è andato bene e si sono tenuti i soldi o forse invece non c’è stato nessun affare o forse è andato male, per Botteri il risultato è sempre lo stesso, lui e i suoi amici hanno perduto i soldi.
Dopo un periodo di richieste e di minacce al finanziere, Botteri e due complici a cui deve dei soldi, un esperto informatico, Emilio Toscani, e un piccolo imprenditore edile, Marco Baldi che fa da autista, con un blitz a sorpresa, costringono Roveraro mentre rientra a casa dopo una riunione dell’Opus Dei, a seguirli, praticamente lo rapiscono.
Il finanziere telefona alla moglie dicendole che è andato in Austria, certo è strano, partire all’improvviso, senza bagaglio...però la moglie non avverte la polizia, aspetta. All’indomani Roveraro chiede via fax all’ufficio della società Alter Sim che gestisce il suo patrimonio, di sbloccare a suo favore un milione di euro; telefona, compresi i tentativi, una quindicina di volte, allo studio De Vittori di Lugano, insiste per sbloccare il milione di euro.
Il finanziere settantenne è uscito di casa il pomeriggio del 5 luglio per andare ad una riunione dell’Opus Dei, ma non fa rientro, e al mattino successivo inizia a chiedere con insistenza una liquidità di un milione di euro, inoltre non risponde al suo cellulare e quindi non è rintracciabile.
Per questi motivi ora elencati credo si potesse dedurre che Gianmario Roveraro doveva trovarsi in una situazione decisamente anomala e verosimilmente pericolosa ed allora risulta incomprensibile quello che è accaduto.
Sì, perché i collaboratori della sua società ritenendo che Roveraro non avrebbe mai sbloccato un milione di euro con quella procedura, vale a dire via fax, non eseguono l’ordine dato dallo stesso finanziere, in sostanza pur avendo la possibilità di giocare d’anticipo in quanto non si parlava ancora di sequestro, è stato scelto di "proteggere" i conti del banchiere, poi naturalmente si è ricorsi alle forze dell’ordine che hanno bloccato i beni, e Roveraro è stato ucciso da Botteri che evidentemente per arrivare ad organizzare un crimine di questo tipo doveva essere abbastanza su di giri.
E’ probabile che l’ostaggio sarebbe stato ucciso comunque, pare che l’uccisione sia avvenuta dopo il dieci luglio scorso, in seguito alla frase pronunciata da Roveraro riferita ai suoi rapitori << non ve la caverete io vi rovino >>, si deve considerare altresì che se Botteri e gli altri avessero intascato subito il milione di euro, forse si sarebbero un attimo placati, avrebbero cercato di gestire Roveraro e il suo "rapimento" fino ad intascare la cifra pensata di dieci milioni di euro. Con questi primi soldi è probabile che la fase della folle rabbia e del folle rancore sbollisse per lo meno quel tanto da permettere al Botteri di rientrare in sé ed evitare il peggio.
Di fronte ad un regolamento di conti che a Botteri non tornavano, forse anche Roveraro stesso e i suoi collaboratori hanno tenuto un rischioso atteggiamento di intransigenza, questi ultimi a protezione di un capitale che avrebbe potuto essere disinvestito per cercare di salvargli la vita; il fatto che conoscesse i suoi rapitori avrebbe avuto, in fondo, una relativa importanza in un mondo come quello della finanza dove tutto ha un prezzo e spesso certi "affari" sono portati a termine in modo poco ortodosso.
Comunque sia sarebbe stato meglio rischiare di perdere un milione di euro, cifra irrisoria per un banchiere di quel calibro e guadagnare del tempo prezioso, il finanziere a quel punto sarebbe diventato la gallina dalle uova d’oro e difficilmente sarebbe stato ucciso per lo meno in quei momenti, e gli inquirenti erano già sulla pista giusta.
Invece poiché la procedura seguita, sia pure dallo stesso Roveraro, non era quella abituale, per sicurezza, non si sono sbloccati i soldi e Botteri sentendosi preso in giro ancora una volta, ha fatto quello che ormai era il suo unico desiderio dopo quello svanito di recuperare i soldi, cioè si è vendicato, uccidendo barbaramente il povero Gianmaria Roveraro.
IL cinismo più spietato sfociato nel crimine contrapposto ad un "regolare" cinismo a difesa del capitale.
- Ci sono 2 contributi al forum. - Policy sui Forum -
Per maggior chiarezza ritengo utile specificare che l’affare per il quale entrarono in società Todescato, Roveraro e Botteri, siglato in Svizzera presso lo studio di consulenza internazionale Federico De Vittori, era un affare immobiliare.
<< AL SOTTOSCRITTO È ACCADUTA UNA STORIA SIMILE, SENZA OMICIDI, MA ARRESTI E DDA IN AZIONE, A PARTIRE DAL 2008 >>.