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Fiumara d’arte: il rifiuto del rifiuto

22 aprile 2005 ore 11, Fiumara d’Arte sotto la Finestra sul Mare di Tano Festa Lettera aperta al pubblico di Fiumara d’Arte

di Pina La Villa - martedì 5 aprile 2005 - 5382 letture

La storia di Antonio Presti potrebbe sembrare una moderna fiaba metropolitana, se questo siciliano appassionato di arte e di cultura non avesse deciso di fare della Devozione alla Bellezza lo spirito della sua stessa esistenza.

Antonio Presti, figlio di un imprenditore messinese decide, alla morte del padre, nel 1983, di far costruire una gigantesca scultura in cemento armato. È un’opera di Pietro Consagra, la prima di una serie di otto sculture, poste lungo il greto del fiume che sfocia nel mare di Castel di Tusa. Le sculture sono imponenti, evocative, stranianti. L’ottava opera é un quadrato blu aperto sul mare, alto e largo venti metri, sulla spiaggia di Villa Margi. Nel 1986 viene inaugurato il parco scultoreo “Fiumara d’Arte”.

Pur avendone la possibilità, Presti non costruisce sui suoi terreni privati, bensì su terreno demaniale. La scelta è voluta. Egli intende infatti rinunciare alla proprietà delle sculture per donarle al pubblico: la sua è una posizione unica e controcorrente rispetto alle politiche autoglorificanti dei rari mecenati esistenti ed esistiti. Lo Stato, diventando legittimo proprietario delle opere, dovrebbe così garantirne la manutenzione, la fruizione pubblica, la custodia, la valorizzazione.

Con il suo gesto, Antonio Presti solleva, rispetto al mondo dell’arte la “questione del destinatario”, cioè di colui che rende viva l’opera animandola attraverso il suo sguardo, il pensiero, completandola idealmente ed emozionalmente attraverso la propria creatività. I lavori di costruzione delle sculture durano qualche anno. Ma le cose si complicano rapidamente, non si instaura alcun dialogo con i rappresentanti delle istituzioni. Lo Stato rifiuta il lascito di Presti, denunciandolo per abusivismo edilizio e ordinando la demolizione delle opere. Il primo processo scatta dopo la costruzione della scultura monumentale di Consagra, segue un secondo dibattimento mentre viene costruita la terza opera. E poi ancora un altro ed un altro ancora. La vicenda giudiziaria dura dieci anni, Antonio Presti viene condannato a quindici giorni di reclusione. In tutto si celebrano otto processi, vengono emesse altrettante ordinanze di demolizione e condanne. Vita sconvolta. Accanimento esemplare.

Nonostante queste traversie, le opere non vengono distrutte. Antonio Presti è assolto dalla Cassazione. Il parco scultoreo della Fiumara d’Arte, legittimato dalle sentenze, entra a far parte del patrimonio dello Stato nel 1991.

Il sogno é diventato realtà. Ed è stato possibile grazie ad una mobilitazione locale, nazionale ed internazionale senza precedenti. Grazie all’impegno del pubblico, dei media, di tutti coloro che hanno voluto e saputo vedere nell’azione di Presti un vero momento di “condivisione dell’arte”.

La comunità artistica nazionale e internazionale adotta idealmente le opere che costituiscono la Fiumara d’Arte. Il vero destinatario, la gente, ne rivendica l’appartenenza collettiva. La Fiumara d’Arte diventa, di fatto, un bene patrimoniale e spirituale dell’umanità, che l’ha difesa attraverso l’affermazione forte, senza ambiguità, condivindendo l’impegno di Presti. Si crea così una sorta di Comunità internazionale vigilante. Non si contano più le pagine che parlano della Fiumara d’Arte e dell’impresa di Presti: articoli, recensioni, interviste, libri, tesi di laurea. In Sicilia come in Italia, ma anche in Giappone, in tutta Europa e nei paesi dell’America Latina vengono versati fiumi di inchiostro per raccontare la storia della Fiumara.

La mobilitazione internazionale intanto dà i suoi frutti. Il dono viene accettato. L’appello al Presidente della Repubblica, il disegno di legge regionale per stabilire la custodia e manutenzione delle opere, lasciano sperare ad una soluzione definitiva. Tutto sembra rientrare nell’ordine delle cose.

Lo slancio dell’adesione internazionale all’opera di Presti, negli anni, si è progressivamente concretizzato in un pubblico costante che visita la Fiumara d’Arte, che si lascia trasportare dalla bellezza di queste imponenti sculture, che sosta davanti al Labirinto o sulla spiaggia per far giocare la luce del tramonto con la scultura-monumento di Tano Festa, ribattezzata dalla gente La finestra sul mare. Le opere sono destinate al pubblico e il pubblico le ha fatte sue. Il processo di creatività fonda e - di fatto - continua l’opera, nel flusso costante dei visitatori, al di là del segno immobile che la rappresenta nella forma.

L’impegno di Antonio Presti acquista forza col tempo. L’intuizione che l’espressione artistica contemporanea deve vivere nel respiro di chi la fruisce diventa un fatto concreto. Il tempo gli ha dato ragione. Fiumara d’Arte entra nella storia. Le vicende giudiziarie di Presti cadono nell’oblio. Il parco rimane e continua a vivere sempre, attraverso il suo pubblico.

Ma non sempre le favole sono a lieto fine. Si apre un nuovo capitolo. Col passare degli anni le sculture si deteriorano, lo Stato non si occupa della loro manutenzione. Lo spiraglio di un dialogo con la Sovrintendenza, con i sindaci locali e con la Regione, non approda ad alcuna soluzione. Il rifiuto delle opere da parte dello Stato diventa silenzio. La regola é “tacere”, ignorare. Non vedo, non parlo, non sento. Non ci sono.

Gli anni passano e, parallelamente al silenzio dello Stato, il flusso crescente di visitatori continua a testimoniare con la sua presenza, la vitalità della Fiumara d’Arte.

È lo spettatore che dà voce alle sculture, che rende vivo e vitale ciò che Antonio Presti definisce bellezza. Devozione alla bellezza, ama scrivere e ripetere il mecenate di Tusa. Io traduco: spazio al sensibile, via libera alla vita che si prende la libertà del senso. Quel senso che ciascuno è capace di trovare: in un quadro, in una scultura, nell’atto di creatività di un artista. La ragione per la quale l’opera, per esistere, ha bisogno dello spettatore. In quanto è artista colui che sa rendere l’altro creatore. È questo rimando all’artista, all’opera, che trasforma il segno in senso.

La materia è vulnerabile: l’incuria e la mancanza di manutenzione si fanno sentire. L’indifferenza si vede. Lo sterco di mucca lungo il percorso della scultura del Labirinto può essere folcloristico e romantico, ma la struttura di cemento è corrosa dalla pioggia acida dell’inverno. La Finestra sul mare cede alla salsedine. Diventa pericolosa. L’insieme del parco, lasciato all’abbandono, subisce un degrado inarrestabile ed esponenziale. Certe pitture si spengono e si sgretolano, certe armature di cemento si aprono, le terrecotte si staccano, le parti in ferro arrugginiscono. Finché l’abbandono diviene degrado tangibile.

L’immobilismo delle Istituzioni porta ad ignorare le opere e la loro bellezza, ignorare e disprezzare il pubblico che le ama, dissociarsi dal consenso espresso dalla gente. Nonostante questo, lo Stato e i suoi rappresentanti locali restano implacabilmente impietriti nel Rifiuto.

Oggi, dopo venti anni di abbandono e di indifferenza, Antonio Presti oppone un Rifiuto a questo Rifiuto da parte dello Stato.

Sollecitato dal pubblico, che sovente lo incita a restaurare le opere, il mecenate di Tusa compirà un gesto estremo: chiuderà con un sipario l’opera di Tano Festa.. La incappuccerà con una tela blu. Chiuso, closed, fermé. Con questo gesto simbolico, Presti apre un nuovo sipario sulla scena culturale della Sicilia, per chiedere rispetto e riconoscenza. “L’arte non è abusiva, la bellezza non è un reato, non sono i codici di un diritto inapplicato a sancire ciò che è giusto, ma il pensiero che l’arte genera e la gioia di offrire l’emozione nel manifestarsi dell’opera”. Così Presti spiega il suo gesto.

All’indifferenza non si deve rispondere con l’indifferenza. Soprattutto oggi, in un mondo dominato dalla sola logica economica, in un tempo in cui l’immobilismo della regione Sicilia è rappresentativo della paralisi delle ideologie liberali nei confronti di tutto ciò che è cultura, arte, bellezza. L’immobilismo mira a bloccare il divenire, a paralizzare il pensiero. Ma l’arte continua a vivere nel respiro di coloro che fanno propria la sua bellezza, ne condividono il pensiero. La Fiumara d’Arte e il suo fondatore non sono soli, entrambi rappresentano ed incarnano non soltanto il pubblico che visita il parco delle sculture, ma anche tutti coloro che vogliono continuare a pensare alla cultura e all’arte come mezzo per elevare l’uomo e risvegliare le coscienze. Occultare la scultura di Tano Festa è dunque una risposta politica e artistica importante per spingere al rispetto dell’opera e, attraverso essa, del pubblico. Nel rifiuto dello Stato c’è un messaggio inequivocabile che nega il mondo della cultura. Per questo Presti decide di ribaltare le posizioni, di rifiutare questo Rifiuto. Sottrarre l’opera allo sguardo del pubblico è un gesto di grande forza per affermare l’esistenza della scultura come pensiero, anche a prescindere dalla materia.

L’azione di Antonio Presti può essere interpretata come esempio di “contromuseo”, essa incarna sul piano artistico e politico una “resistenza artistica attiva al genocidio culturale proprio del potere dominante”. Essere presenti in questa azione, nel modo che più è consono a ciascuno di noi, è un dovere, a condizione di pensare il mondo come un continuo divenire. Antonio Presti avanza in prima persona, come il pubblico di visitatori che negli anni non ha mai lasciato sole le opere della Fiumara d’Arte. Io mi unisco a lui in questo gesto che ugualmente assumo e condivido.


Articolo di Cristina Bertelli, direttrice della Fondazione France Libertés - Danielle Mitterrand


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