Fine vita in Inghilterra
In Inghilterra si discute sulla legge che dovrebbe disciplinare la fine della vita. La legge non è stata approvata, ma il dibattito in Inghilterra è notevole.
In Inghilterra si discute sulla legge che dovrebbe disciplinare la fine della vita. La legge non è stata approvata, ma il dibattito in Inghilterra è notevole. La legge prevede per i malati terminali di età inferiore ai settanticinque anni un bonus che consentirebbe agli eredi del malato, qualora quest’ultimo “scelga di porre fine anticipatamente alla sua vita” un notevole risparmio fiscale sulla tassa di successione. Non possiamo non chiederci che tipo di civiltà sia un sistema che arriva a strumentalizzare la malattia terminale e la fragilità di coloro che necessitano di cure fisiche e psicologiche e a cui, invece, si offre un pacchetto finanziario listato di nera morte. Gli eredi, naturalmente, sono invitati a convincere il malato a togliersi di mezzo.
La sanità pubblica ormai non cura, ma elimina i soggetti inutilmente costosi per le finanze pubbliche. II giuramento di Ippocrate è rimosso e con esso ogni residuo di umanità. L’inganno è evidente, formalmente l’individuo è libero di scegliere, nei fatti si fa appello agli eredi di consigliare e convincere il malato a scegliere il suicidio di Stato. Si tentano i parenti con il risparmio fiscale. Poniamoci nell’ottica del malato terminale: lo Stato lo considera un inutile gravame che pesa sul bilancio sanitario; la sua vita inutile ingolfa i conti pubblici, pertanto lo si valuta un ingombro. Nell’ottica dei parenti la sua vita è ormai al termine e se decidesse “liberamente” per il suicidio la loro eredità sarebbe più ricca. Il limite dei settanticinque anni non è casuale, probabilmente coloro che sono al di sotto di tale soglia resistono più a lungo alla malattia, pertanto si punta alla loro eliminazione, poiché con la loro resistenza alla morte potrebbero far spendere un bel po’ di soldi e di energie al bilancio sanitario.
Poniamoci ora nell’ottica del malato terminale. La malattia lo corrode, il dolore erode il suo equilibrio. I parenti potrebbero vivere la sua presenza agonizzante come un impedimento alla loro eredità. Il malato pressato e disumanizzato, abbandonato emotivamente dal mondo nel momento in cui è dolorosamente fragile, potrebbe facilmente cedere e consegnarsi “alle cure dello Stato”.
Una civiltà capace di partorire dal suo grembo una tale proposta ha smarrito il senso del bene e del male e si è consegnata totalmente alla cultura totalitaria della finanzia, che non ha cuore e non ha spirito, ma è capace solo di conteggi e raggiri. Le parole decadono nel niente esattamente come le vite nel momento del dolore. Il diritto alla libera scelta è intessuta di parole che nascondono la vera intenzione, ovvero convincere i parenti a far pressione su un moribondo. Il darwinismo ha da imparare dinanzi a tanta ferocia insensata. Il moribondo è cannibalizzato dallo Stato e dai parenti. Nessuna tenerezza per una vita che si spegne, ma solo pressioni e manipolazioni, anche i parenti, come ogni cittadino medio, sono stati addestrati a calcolare e mai a pensare, per cui si può chiedere loro di essere veicolo della realizzazione della legge. Se questa è la realtà in cui ci muoviamo e viviamo, naturalmente ne consegue che ogni relazione è infettata dalla sua finanziarizzazione. Le relazioni come le amicizie durano lo spazio di un calcolo. Una civiltà senza metafisica, che ha sostituito la verità con gli interessi finanziari è destinata al tramonto veloce ed inesorabile. Essa non crea, ma consuma risorse e persone senza limite alcuno. Lo schianto sarà terribile e non potrà che coinvolgere innocenti e colpevoli. Agli uomini e alle donne di buona volontà non resta che arare il terreno dell’alternativa, in modo che quando il sistema cadrà per marcescenza la transizione intermodale sia meno traumatica possibile.
Siamo all’interno di una tragedia che abbiamo smesso di pensare e di guardare e ciò rende il sistema fragilissimo, poiché non esiste una classe dirigente capace di sintesi e di difendere la vita. Sta ad ognuno di noi preparare una nuova classe dirigente salda nei principi e nella chiarezza dei principi politici. Chiunque si sottragga a questo compito non ha il diritto di lamentarsi, ha scelto la palude con il suo grigione etico e politico. Una palude abitata dagli spettri e dai fantasmi che il sistema vuole. Dinanzi a simili proposte, è palese che ormai le oligarchie dopo decenni di omologazione e nichilismo crematistico hanno perso ogni vergogna e senso del limite. Sta a noi ricostruire una civiltà, in cui gli esseri umani siano persone dall’inizio della loro avventura fino al termine della loro avventura umana.
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