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Figure retoriche (4): Metonimia

Figura della retorica tradizionale, che consiste nell’usare il nome della causa per quello dell’effetto (per es. vivere del proprio lavoro)...

di Alessandra Calanchi - mercoledì 19 febbraio 2025 - 172 letture

Figura della retorica tradizionale, che consiste nell’usare il nome della causa per quello dell’effetto (per es. vivere del proprio lavoro), del contenente per il contenuto (bere una bottiglia), della materia per l’oggetto (sguainare il ferro, sentire il telefono), del simbolo per la cosa designata (non tradire la bandiera), del luogo di produzione o di origine per la cosa prodotta (un fiasco di Chianti), dell’astratto per il concreto (eludere la sorveglianza), dell’autore per l’opera (leggere Leopardi), del concreto per l’astratto (ascoltare il proprio cuore), della sede invece dell’Istituzione (il Quirinale al posto del Presidente della Repubblica)

Altri es.: Le sudate carte, La faticosa tela.

Come le precedenti figure retoriche già trattate*, anche la parola metonimia deriva dal greco ed è composta dall’unione di due parole. La prima è meta, che significa oltre, tramite, attraverso e onoma, ossia nome. Si tratta infatti di utilizzare un nome per indicarne un altro, uno scambio fra due termini che hanno una relazione fra loro.

*EUFEMISMO = composto da eu = bene, e phēmi = parlare, dire

METAFORA = composto da meta = oltre, e phero = portare

ANTIFRASI = composto da antí = contro, e phrasis = espressione

Una figura simile è la Sineddoche, nella quale si usa figuratamente una parola di significato più ampio o meno ampio di quella propria: per es. una parte per il tutto (prora per nave).

es. Le palme tendo (Foscolo, In morte del fratello Giovanni) = palme per mani

es. Senza tetto per senza casa

es. Pupille per occhi

Un altro uso della sineddoche è il generale per lo specifico, come felino per parlare di un gatto o di una tigre. Ancora, il numero determinato per l’indeterminato: mille saluti per indicare molti saluti; il numero indeterminato per il determinato: il libro ebbe innumerevoli ristampe.

La metonimia è molto usata in ambito giornalistico. Spesso un titolo rappresenta una condanna o un’assoluzione. Un esempio usato da Mario Palmieri è chiarificatore:

Sull’Evening Standard dell’11 aprile 2017 troviamo questo titolo: Assad will face trial for war crimes, U.S. tells Putin. Notate niente di strano? Perché c’è scritto U.S. tells Putin e non Trump tells Putin? Oppure U.S. tells Russia? Per raccontare questa controversia il giornalista ha scelto di contrapporre una nazione a un presidente. Questa figura retorica si chiama metonimia, ed è una delle più usate nel mondo del giornalismo.

Succede quotidianamente anche in Italia, quando i giornalisti nominano o scrivono Palazzo Chigi piuttosto che il/la Presidente del Consiglio o Montecitorio piuttosto che la Camera dei deputati.

Nel libro  Metafora e Vita Quotidiana , George Lakoff e Mark Johnson (1980) sostengono che nel giornalismo si usi la metonimia quando si intende nascondere la responsabilità di questo o quell’esponente politico.

La metonimia, però, può essere usata anche per ottenere l’effetto opposto, ossia quello di inchiodare un singolo leader politico alle sue responsabilità, nominandolo direttamente come responsabile di una decisione in realtà presa da più persone.

Tornando all’esempio dell’Evening Standard: il giornalista avrà voluto giustificare Trump o condannare Putin? Tecnicamente, ha fatto entrambe le cose.

ESERCIZIO 1

La prossima volta che leggete un articolo provate a fare questo esercizio: notate quante metonimie ci sono nel testo e che connotazione hanno. Potreste scoprire che le notizie sono meno neutrali di quanto possiate immaginare.

Come qui ben illustrato la metonimia è molto usata anche nella comunicazione e nel marketing, dove è utilizzata per creare associazioni rapide e potenti tra un brand e i suoi valori, prodotti o esperienze. Ad esempio, una campagna pubblicitaria può utilizzare il termine “casa” per evocare sentimenti di comfort e sicurezza, associandoli al prodotto pubblicizzato. La metonimia permette di condensare significati complessi in termini semplici e familiari, facilitando la comprensione rapida e intuitiva dei messaggi.

Utilizzando termini concreti e visibili al posto di concetti astratti, la metonimia rende il discorso più vivido e tangibile. Inoltre, la metonimia può suscitare emozioni più forti rispetto a espressioni più dirette. Ad esempio, riferirsi a una città come “la capitale dell’amore” per Parigi può evocare sentimenti romantici e nostalgici.

Nella comunicazione pubblicitaria e di branding, la metonimia può essere utilizzata per creare un senso di identità e appartenenza. Ad esempio, utilizzare l’immagine della “Statua della Libertà” per rappresentare gli Stati Uniti in una campagna pubblicitaria può evocare valori di libertà e opportunità.

Infine, gli slogan pubblicitari spesso utilizzano la metonimia per essere più accattivanti e memorabili. Un esempio è “Just Do It” di Nike, dove “It” rappresenta qualsiasi attività fisica o sfida sportiva. Questo uso della metonimia rende lo slogan versatile e potente, applicabile a diverse situazioni e capace di ispirare il pubblico.

ESERCIZIO 2

La prossima volta che leggete o guardate una pubblicità provate a fare questo esercizio: notate quante metonimie ci sono e cosa vogliono comunicare. Pensiamo al “mulino bianco” o al “segugio”…


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