Eugenio Montale

Richiesto a più voci per essere inserito nella nostra rubrica, abbiamo scelto una poesia, che a nostro avviso, rappresenta la contemporaneità dei suoi versi.

di Piero Buscemi - mercoledì 29 ottobre 2014 - 2452 letture

I limoni

"Ascoltami, i poeti laureati
 si muovono soltanto fra le piante
 dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
 lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
 fossi dove in pozzanghere
 mezzo seccate agguantano i ragazzi
 qualche sparuta anguilla:
 le viuzze che seguono i ciglioni,
 discendono tra i ciuffi delle canne
 e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
 si spengono inghiottite dall’azzurro:
 più chiaro si ascolta il susurro
 dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
 e i sensi di quest’odore
 che non sa staccarsi da terra
 e piove in petto una dolcezza inquieta.
 Qui delle divertite passioni
 per miracolo tace la guerra,
 qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
 ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
 s’abbandonano e sembrano vicine
 a tradire il loro ultimo segreto,
 talora ci si aspetta
 di scoprire uno sbaglio di Natura,
 il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
 il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
 nel mezzo di una verità.
 Lo sguardo fruga d’intorno,
 la mente indaga accorda disunisce
 nel profumo che dilaga
 quando il giorno più languisce.
 Sono i silenzi in cui si vede
 in ogni ombra umana che si allontana
 qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
 nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
 soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
 La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
 il tedio dell’inverno sulle case,
 la luce si fa avara - amara l’anima.
 Quando un giorno da un malchiuso portone
 tra gli alberi di una corte
 ci si mostrano i gialli dei limoni;
 e il gelo dei cuore si sfa,
 e in petto ci scrosciano
 le loro canzoni
 le trombe d’oro della solarità"

Ti ritrovi senza niente da dire, o da scrivere se preferite. Davanti ai colori che estraneano dal caos di una vita frenetica, che abbiamo creato, e che sempre più, assume valore di perdita di tempo.

Il quadro è lì, tra quei versi dipinti, come una scenografia di una partitura cinematografica, da raccogliere e con la quale nutrirsi in mesto silenzio. Nostalgico. Dentro penombre di stanze autunnali. Tempi di scuola. E primi innamoramenti poetici.

Cullati dalla fantasia reale che questo Van Gogh italiano della letteratura internazionale ci ha lasciato in eredità, da custodire e preservare. Scritta, o rubata in clandestinità, tra le buie righe di un quaderno abbandonato da schiamazzi di puerili ricreazioni, da consumare in cortili bagnati da goccie di pioggia colorata, dove trovare rifugio e rinascere. Ad ogni cambio di stagione.

Lo abbiamo fatto centinaia di volte. Per tracciare il territorio, arido e scarno da bullismo immaturo, abbiamo copiato i suoi versi, spacciandoli per personale animo umano. Osservati da curiose e allegre lettrici, che sognammo, un giorno, divenissero le nostre.

Eugenio Montale è stato questo. E mille altre emozioni. Non per tutti, senz’altro. Ma è una consolazione sapere che sia vissuto in quelle terre calpestate, oggi forse impunemente, dove riaccendere l’ottimismo, abbiagliati dal giallo dei limoni.


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