Essere felici, i modi.

di Alberto Giovanni Biuso - lunedì 7 luglio 2008 - 4753 letture

(Un commento a Mente & Cervello 43 – luglio 2008)

Che cosa ci aiuta nella fatica quotidiana? Quali azioni possono attutire l’angoscia e moltiplicare -invece- la pienezza? Tante, per fortuna. La lettura, in primo luogo: «È noto infatti che le esperienze cognitive precoci modificano le connessioni cerebrali, e quindi le disposizioni e le abilità: i bambini che fin da piccoli praticano la lettura hanno un cervello in certa misura diverso da quello dei coetanei che si formano sui computer o che passano molte ore davanti al televisore» (S.Inglese, p. 17); poi il ridere, l’allegria, la risata, fenomeno spesso legato a un senso di superiorità rispetto alle situazioni di cui si ride e che ha il vantaggio di risultare incompatibile con ogni forma di fanatismo e di verità assoluta: «gli integralisti, come hanno dimostrato molte ricerche scientifiche, apprezzano le attività serie più del gioco, la sicurezza più dell’incertezza, il significato più dell’assurdità, il dominio di sé più dell’impulsività, l’ordine dell’autorità più del caos» (R.Wiseman, 32). La saggezza di Zarathustra lo induce a gridare: «Questa corona di colui che ride, questa corona intrecciata di rose: a voi, fratelli, getto questa corona! Io ho santificato il riso; uomini superiori, imparatemi -a ridere!» (Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in «Opere» VI/1, Adelphi, parte IV, “Dell’uomo superiore”, p. 359).

E il sesso, naturalmente. Purché non diventi obbligo, prestazione, ragione di autoassicurazione o di dominio sull’altro ma rimanga quel meraviglioso piacere dei corpi, il vertice stesso dell’esistenza di ciò che vive. Contro la banalizzazione del sesso ma anche contro ogni divieto, bisogna ribadire con chiarezza -specialmente nella bigotta Italia- che la molteplicità del Desiderio è Natura, che ciascuno è signore del proprio corpo, che ogni libero incontro costituisce un riscatto dal lutto d’esserci. Alleate del Potere, la psichiatria e la medicina hanno invece per secoli sostenuto la lugubre propaganda contronatura delle religioni monoteistiche. Basti vedere l’insieme asfissiante di divieti e la spregevole, ipocrita sessuofobia dei Paesi islamici. E infatti «l’omosessualità, ancora oggi considerata peccaminosa dalla Chiesa, era diventata il prototipo di un disturbo da curare, o almeno da non praticare. La castità, invece, a differenza di oggi, non era considerata una deviazione naturale ma una straordinaria virtù, La visione della psichiatria di allora ha legittimato la condanna pubblica degli orientamenti e delle pratiche sessuali, per esempio della masturbazione, ritenuti devianti rispetto alla normalità. E questa visione ha contribuito alla giustificazione di leggi con cui milioni di persone sono state perseguite legalmente e umiliate fino al passato recente» (P. Fielder, p. 51), anche nei regimi comunisti, ammorbati da un moralismo che è intrinseco al messianismo biblico da cui Marx era affetto.

La realtà è che siamo chimica pensante, tanto che un invisibile parassita come il Toxoplasma gondii può «alterare la personalità in modo sottile, rendendo il suo ospite più nevrotico e insicuro» (M.Wenner, 69). La “personalità”! Questa roccaforte della presunzione antropocentrica risulta influenzata non da grandi eventi esistenziali o sociali ma da un banalissimo protista, dai batteri, da microscopici virus. Essi sono i veri signori del mondo e certamente sopravviveranno all’arroganza dell’Homo sapiens sapiens.

Il quale ha tuttavia un ultimo strumento per fare della vita una festa: il pensare, il comprendere. La meditazione è capace di condurre un uomo a «modulare a piacere i propri stati d’animo», come accade al monaco tibetano di origine francese ed ex biologo Matthieu Ricard (P.E.Cicerone, 79). Molto lontano dai limiti monoteistici (tanto che Nietzsche scrive che «anche nella sua teoria della conoscenza [un rigoroso fenomenalismo] esso non dice più “lotta contro il peccato”, sibbene, dando completamente ragione alla realtà, “lotta contro il dolore”» [L’Anticristo, in «Opere» VI/3, p. 187] ), il buddhismo è «una scienza della mente». La meditazione da esso insegnata costituisce «uno strumento per consentire alla mente di osservare se stessa», di gustare ogni cosa senza farsene troppo coinvolgere, al modo -dichiara Ricard- della luce «che non diventa preziosa o sporca a seconda che illumini spazzatura o pietre preziose. O, se vogliamo, come uno specchio che resta se stesso qualunque cosa rifletta». Lo afferma un monaco tibetano ma lo hanno scritto anche i pensatori greci arcaici, gli Stoici, i grandi saggi dell’Occidente. Tutti consapevoli che «bisogna considerare il corpo e la mente come due facce della stessa medaglia» (P.Fielder, 53) e convinti dunque che -ancora Ricard- «le emozioni e la mente che le osserva non sono due realtà separate, ma due aspetti della stessa realtà, come le profondità dell’oceano e le onde che lo increspano sono la stessa acqua» (P.E.Cicerone, 80; si visiti il sito Mind & Life, tra i cui fondatori c’è anche Francisco Varela).

È questa mente disseminata nella gioia e nella finitudine del corpo che la filosofia ha sempre insegnato, al di là delle sue differenze. Che cosa ci aiuta nella fatica quotidiana? Proprio essa, la filosofia.

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Essere felici, i modi.
7 luglio 2008, di : digiu

"Ciascuno è signore del proprio corpo, ed ogni libero incontro costituisce un riscatto dal lutto d’esserci".

Una visione finalmente libera e libertaria della nostra esistenza. Un invito da pubblicare in caratteri cubitali almeno per contrappunto al trionfo, tutto italo-vaticano, delle spinte falso-moralizzatrici. Nondimeno un invito a uscire da alcune barbare abitudini e arcaiche convinzioni: l’importanza della serietà a scapito del gioco; la supremazia materialistica rispetto alla gioia del pensiero e del comprendere; il dominio del visibile sovente a dispetto della chimica - invisibile - del mondo; l’immediatezza passiva della tv contro il piacere profondo e ricercato della lettura.

Grazie dell’invito e come non accoglierlo, ricordandoci con Nietzsche che...imparare a gioire è il primo passo per disimparare ad escogitare il male degli altri.