Emanuela Orlandi e il Belice
Il 14 gennaio del 1968 nasceva Emanuela Orlandi. Durante la stessa notte, un terremoto distruggeva la Valle del Belice, in Sicilia.
Certe volte questo strano vizio che, qualche secolo fa, ci ha obbligato a datare qualsiasi cosa faccia parte della nostra esistenza, si prende il gusto di beffarci con coincidenze che accostano eventi accomunati da una ricorrenza e da un velo di arcano inspiegabile al quale non si è mai voluto dare una risposta definitiva.
E’ diventato di uso comune, spesso utilizzato dalle emittenti radiofoniche che aprono i programmi del mattino con una carrellata di frammenti di almanacchi, dove solo l’anno cambia il contesto storico di ogni singolo avvenimento.
Nel caso di oggi, 14 gennaio, molti hanno concentrato i ricordi a un anacronistico compleanno, sotto certi versi consolatorio e mai arreso a una più opportunistica rassegnazione, e una delle tante notti di natura scatenata e omicida che il nostro territorio tellurico ha archiviato in altre cronologie.
E allora ci si spinge fino a immaginare a una, anche banale, festa di compleanno di una ragazzina scomparsa quasi trentadue anni fa, che oggi, non ha ancora trovato una storia che assomigliasse a una verità negata da chi rischia di portarsi nella tomba una scomoda ricostruzione dei fatti e di intoccabili protagonisti, occultati in un silenzio d’opportunismo.
Si chiamava Emanuela Orlandi. Oggi avrebbe festeggiato 47 anni. Una festa incompiuta, consumata ancora una volta sulla Piazza San Pietro, dove si sono ritrovati oggi i familiari e quanti ancora anelano una risposta vera, uniti in un sit-in commemorativo. Su quel suolo impolverato dalle milioni di persone che lo hanno calpestato in più di tre decenni di false verità, versioni depistanti e gli occhi della madre volti verso quel potere temporale, mai del tutto cancellato dai libri scolastici. Anche questa volta, le non-risposte hanno prevalso sulla coscienza, forse non così bianca, come questa luce tersa di una Roma invernale ha consegnato ai turisti curiosi di passaggio.
Ma come abbiamo preannunciato, il 14 gennaio ha rispolverato le menti delle persone più anziate che vissero la nefasta notte di paura del 1968, in quella zona della Sicilia che, forse, mai prima di quel terremoto distruttivo era stata sottratta da un’ingenua ignoranza geografica.
Il Belice si è trasformato nella madre delle ricostruzioni speculative dell’Italia dei misteri irrisolti, ma anche delle tangenti che hanno "addolcito" la morte di centinaia di vittime della natura con gli appalti creativi e ben pagati. Chi ha visitato quel triangolo di Sicilia occidentale, tra le tre province di Agrigento, Palermo e Trapani, ha sbattuto la propria immaginazione con la realtà dei ruderi di Poggioreale, il calco "pompeiano" dell’antica Gibellina e la consapevolezza che Salaparuta non è solo un richiamo da cantina vinicola.
La data di nascita di una ragazza scomparsa da oltre trenta anni e un terremoto che evocò appartenenze pseudo-nazionali e emuli del malaffare dei decenni che saranno a venire. Il tutto, in questi tempi di rivendicazioni di libertà soppresse da atti terroristici, amalgamato in un’altra legittima rivendicazione: il diritto alla verità.
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