Elezioni. A Milano i veri accattoni sono gli amministratori pubblici
Per un pugno di voti si attuano gli sgomberi preelettorali. Cacciati un gruppo di rom con un bambino di soli 4 giorni. Nell’indifferenza più totale
Giovedì scorso, a Milano, era caldo. Molto caldo. Si è arrivati a 33 gradi. Ma alle 7,15, anche se già si poteva prevedere il caldo afoso, appiccicaticcio milanese, la giornata sembrava solo un po’ più calda del normale. Nell’ex caserma di viale Forlanini, vicino all’aeroporto di Linate, il caldo, però, è l’ultimo dei problemi degli abitanti. Sì perché in questa ex caserma, fra topi e immondizie, vive da tempo una comunità di rom romeni.
Non danno fastidio a nessuno, hanno cercato di costruirsi una parvenza di casa. Hanno trovato cartoni, lamiere per cercare di avere un po’ d’intimità. I bambini giocano, come tutti i bambini del mondo, con piccole cose: una palla rappezzata, biglie e quant’altro.
Non danno fastidio a nessuno. Ma non è vero. Agli amministratori comunali, ad esempio, danno molto fastidio soprattutto nelle ultime ore di campagna elettorale per il ballottaggio fra il “destro” Guido Podestà (un nome, un programma) e il “sinistro” Filippo Penati (un nome, una pena). E’ una bella gara a chi è più di destra, a chi è più inflessibile nei confronti di rom, stranieri, utilizzatori di parchi cittadini e via dicendo.
Danno fastidio, sì. E allora bisogna sgomberare. E così alle 7,15 di giovedì 18 giugno, davanti all’ex caserma si presentano due ruspe, la polizia locale con agenti in borghese dell’altisonante Nucleo del Territorio, un po’ di agenti di polizia. L’obiettivo è distruggere (è così sarà) le povere baracche dei rom che sono sì malsane ma che rappresentano, per coloro che nulla hanno, qualcosa più del niente. Le ruspe entrano in azione, qualche agente ride o chiacchiera, i rom, i pochi rimasti, perché i più se ne sono già andati, guardano sconsolati.
Il risultato di un così grande spiegamento di forze è che le baracche non ci sono più e una ventina di donne, i loro uomini e un neonato di 4 giorni non hanno più dove ripararsi, dove abitare. Una grande azione di polizia per sconfiggere il pericolo dei rom, per dare l’illusione ai bravi milanesi che la battaglia contro i rom non si placa neppure nei confronti del rom che ha solo 4 giorni di vita, ma rappresenta già un pericolo per gli amministratori pubblici milanesi. Il tutto per raccattare qualche voto, perfetti accattoni pubblici. Di questa comunità, il comune non se n’è mai curato, come del resto di tutte le altre comunità straniere. I Servizi sociali del comune neppure. Ora sono tutti contenti. L’ordine è stato ripristinato. Contento il vicesindaco De Corato, contenti i poliziotti e contenti anche Podestà e Penati.
Giovedì mattina, ad assistere allo sgombero, anche un funzionario dei Servizi sociali. Cosa ci stesse a fare non è dato sapere. Comunque c’era e mentre guardava quella ventina di rom raccogliere qualche povero bagaglio e radunare i bambini, forse pensava alle sue di valigie, ancora da completare per le imminenti ferie.
Vanno così le cose a Milano. L’ex città dal cuore in mano, della solidarietà, della cultura dell’accoglienza. Certo c’è ancora questa Milano, minoritaria ma c’è. Una Milano rappresentata dai volontari, dai sacerdoti delle periferie, dalle organizzazioni sociali. Fanno quello che possono nell’indifferenza totale. Anche ieri è stato così. Gli unici che parlavano con i rom e tentavano di aiutarli erano i volontari del quartiere.
I rom cacciati da viale Forlanini ora stanno vagando per la città. Anche il bimbo di pochi giorni, con i genitori, vaga alla ricerca di un ponte, di una baracca, di un anfratto dove ripararsi dal sole, dove dormire. Ha bisogno di latte, di cibo adeguato, di acqua. Tutte cose che nella Milano del 2009, nella Milano degli appalti miliardari dell’Expo non ci sono. O almeno non ci sono per tutti. E mentre vagano per città vedono sui muri manifesti giganti con due faccioni, quello di Podestà e quello di Penati che chiedono ai milanesi la loro preferenza.
Ai rom non interessa molto chi vincerà perché tutti e due i candidati a governare la Provincia, non vogliono i rom. Ma neppure a Podestà e Penati interessa la vicenda del bimbo di pochi giorni. Del resto lui non vota e neppure i suoi genitori.
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