Educazione nel bosco
Un’esperienza che traduce una visione e una sensibilità necessarie per il futuro. Silvia Nocera intervista Gherardo Noferi, di EnB Educazione nel Bosco di Monteloro (Fi).
L’educazione nel bosco è un’esperienza originale, ricca di spunti di riflessione quantomeno necessaria, nel momento storico in cui siamo, immersi in una trasformazione sociale, ambientale e umana che ci destabilizza profondamente.
Negli ultimi anni si è sentito parlare molto di homeschooling, unschooling e forme alternative di educazione, mentre cresceva esponenzialmente la creazione delle cosiddette scuole parentali, come reazione alle misure anticovid imposte nella scuola pubblica. Ma le scuole con didattica o spirito educativo divergente dalle direttive del pubblico non sono un fenomeno recente. Dalle scuole cattoliche, alle Waldorf, agli esperimenti ispirati a Don Milani o a Pestalozzi, i tentativi di costruire contesti diversi per l’apprendimento hanno testimoniato lo spirito della ricerca educativa. Una ricerca spesso basata sull’obiettivo di mettere lo studente al centro del fenomeno dell’apprendimento piuttosto che di quello dell’istruzione.
L’educazione nel bosco è un’esperienza originale, ricca di spunti di riflessione quantomeno necessaria, nel momento storico in cui siamo, immersi in una trasformazione sociale, ambientale e umana che ci destabilizza profondamente.
Dopo due anni dalla mia visita alla sede di EnB Educazione nel Bosco a Monteloro in provincia di Firenze, finalmente ho potuto parlare con Gherardo Noferi, uno dei fondatori, insieme a Riccardo Paci e alle rispettive compagne, di questo interessante progetto.
L’equilibrio fra didattica e centratura personale
D.: Quando e dove nasce questa esperienza e a partire da quale esigenza?
R.: Mi sono avvicinato a questo mondo dell’educazione in natura quasi per caso, quando mia figlia andava alla scuola per l’infanzia della zona in cui vivevamo. Le attività che faceva mi sembravano un po’ standard, nel senso che pensavo i bambini potessero avere e dare molto di più e si potessero stimolare in modo diverso le loro caratteristiche e la loro personalità. E poi passavano poco tempo in giardino. Passando vicino a Fiesole, mentre andavamo a Firenze per lavoro, vedevamo spesso dei bambini sul ciglio di una strada nel bosco e allora con mia moglie ci siamo informati e abbiamo scoperto il primo Asilo nel bosco aperto in Italia, quello fondato da Giannozzo Pucci e Benedetta Cuccuini nel 2001 a Ontignano, e pochi mesi dopo nostra figlia lo ha cominciato a frequentare. Era il 2015.
Tra le famiglie che frequentavano l’asilo, in particolare con una ci siamo trovati molto bene e abbiamo iniziato a condividere molte idee e, alla fine dell’anno, quando si è trattato di pensare a come affrontare la scuola primaria, abbiamo deciso di iniziare un’esperienza che sviluppasse quello che avevamo visto di positivo: i nostri figli erano sereni, solari, curiosi, interessati. Più che andare contro o essere alternativi a un’offerta scolastica esistente, pubblica o privata che fosse, volevamo riuscire a garantire e ampliare le possibilità dei nostri bambini in quanto a relazione con l’ambiente e con gli altri, a modi di vivere, di essere e di pensare e anche come modo di fare didattica. Nel 2016, in sei famiglie e due insegnanti, abbiamo avuto disponibilità a Ontignano di una stanza e abbiamo iniziato a sperimentare le elementari, di cui, in Italia, c’era ancora pochissima esperienza. È così iniziata l’avventura che oggi vede a EnB asilo, elementi e medie.
D.: Quale ruolo compiono le famiglie nella scuola nel bosco?
R.: Questo tipo di progetti di solito nascono per opera di un gruppo di educatori, di insegnanti, oppure, nell’ambito dell’educazione parentale, sono fondate dai genitori. EnB è stata fondata da genitori e questo ha dato un imprinting a tutto il progetto, perché le nostre aspettative non si limitavano all’aspetto didattico-educativo ma si riferivano al contesto più generale del modo di essere e di fare che desideravamo vivessero i nostri ragazzi. Abbiamo dato importanza a due fattori principali:
il primo riguarda il significato di imparare secondo natura, ovvero certamente dello stare all’aperto ma anche di costruire relazioni, sviluppare una educazione, una didattica e un modo di apprendere più naturale e questo vale fin dall’asilo;
il secondo riguarda l’idea di offrire un percorso di apprendimento e personale che possa garantire la libertà per i nostri figli di potersi immaginare la loro vita come vogliono, con apertura mentale, consapevoli dei loro interessi e capacità e potendo rientrare senza problemi nel sistema educativo pubblico con le competenze richieste da ogni ciclo scolastico o corso di studio.
Questo per dire quanto, fin dall’inizio è stato importante per noi trovare un equilibrio tra puntare a una centratura personale, un modo di essere, di vivere e di sentirsi bene del bambino e, per le elementari e le medie, offrire una didattica che tenesse conto dei programmi ministeriali e del contesto dove i bambini vivono normalmente.
Questo è stato il punto di partenza e ancora oggi i genitori sono parte attiva del progetto, occupandosi dell’organizzazione e della gestione di tutti gli aspetti utili al buon funzionamento di EnB (mentre gli aspetti didattici competono agli insegnanti).
Ma non solo impegni: EnB è anche un modo per le famiglie che ne fanno parte, di condividere e fare cose insieme. Durante l’anno organizziamo vari eventi: il grande incontro di inaugurazione dell’anno dove si presentano gli insegnanti nuovi e le famiglie nuove, ci si incontra e si fa festa con gli adulti e i ragazzi; la festa di capodanno che facciamo da due anni, con cena e musica fino a notte; il talent show durante il quale i bambini che vogliono partecipare hanno la possibilità di presentare le abilità particolari che praticano (danza, canto, musica ecc.); la festa di primavera, in cui cerchiamo di integrare e far rivivere anche elementi della cultura del territorio (incontri con artigiani e produttori locali, con i maggiaioli della tradizione contadina dei canti di buon augurio per i raccolti). EnB ospita le feste di compleanno e molte iniziative dirette proprio ai genitori, come le attività per il riconoscimento delle erbe o incontri per conoscere gli animali che vivono in zona, come insetti o serpenti e sfatare timori e paure e imparare a rispettarli; iniziative legate al benessere, in base anche alle competenze che possono esprimere gli stessi genitori con incontri di yoga, naturopatia ecc. Iniziative condotte sempre con altissima competenza e semplicità perché vale per gli adulti quello che vale per i bambini: l’apprendimento deve esserci, deve essere vissuto, deve essere realizzato adeguatamente e alla fine deve essere interessante e utilizzabile.
Il coraggio di imparare secondo natura
D.: Chi si rivolge alla scuola del bosco cerca un’esperienza educativa di questo tipo?
R.: Attualmente ci sono almeno tre tipologie di avvicinamento. Chi arriva pensando che sia una cosa “figa”, da provare, una cosa un po’ diversa. Chi ci cerca perché crede nella libertà, desidera che i figli non stiano fermi dietro a un banco, che possano fare quello che vogliono. Chi vuole una didattica e un’educazione diversa affinché i figli sviluppino sia competenze sia una centratura personale, che ci sia la libertà di stare all’aperto, di creare anche un ambiente adeguato alle esigenze dei bambini, degli insegnanti e dei genitori e dove tutti mettano al centro la crescita serena e consapevole dei bambini. Le famiglie della terza tipologia vengono già con un background importante (sono attenti all’educazione e all’uso delle tecnologie, spesso comprano biologico o fanno parte di GAS, riciclano ed evitano sprechi, sono abituati a condividere o fanno sharing economy, sono pronti a impegnarsi per una idea, ecc.) che in qualche modo le portano verso questo mondo. E sono quelle che più si avvicinano a noi e che meglio condividono un progetto come questo, perché sanno quello che vogliono e sono abituate a partecipare attivamente. L’impegno in questo progetto è ampio: dal riassetto e pulizie della struttura, all’organizzazione e funzionamento quotidiano fino alla gestione delle manutenzioni, degli eventi, dei materiali didattici ecc.
Impegni dalle molte valenze che coinvolgono da vicino genitori e figli. E questa presenza dà anche modo di aprire coi figli una comunicazione non scontata: “mentre pulivo ho visto che hai fatto… ma che fate in quella stanza, come vi muovete di là? Accidenti che disegno, che spazio… ho visto che in giardino avete fatto…”. E anche i figli vedono come i genitori riassettano il luogo, o se ci sono tracce di attività fatte nel weekend. Tutti partecipano allo stesso progetto e questo porta anche a una condivisione sia dell’educazione che della didattica ma anche un senso di comunità forte.
Con la seconda tipologia di famiglie, quella che crede nella libertà, è sempre da chiarire il significato di libertà. Per noi la libertà è quella di offrire la possibilità ai nostri figli di fare quello che vogliono nella vita e non di fare quello che vogliono o che meno gli pesa durante il giorno. Stare tanto all’aperto non deve andare a scapito dell’educazione o della didattica. La libertà è avere gli strumenti per scegliere la tua vita, con la serenità, la sicurezza e la centratura personale perché hai vissuto un’esperienza in cui hai provato anche la libertà di esplorare e fare scoperte, fare esperienze reali, parlare veramente con insegnanti e adulti, fare scelte e prendere decisioni.
Tendenzialmente le famiglie della prima tipologia si avvicinano, chiedono, guardano, però poi, già sulle pulizie da fare una volta al mese si fermano oppure constatando che la natura non fa i sassi stondati, i bastoni morbidi o che si può passeggiare anche sotto la pioggia, ci ripensano e preferiscono altre forme di educazione un pochino più rassicuranti della nostra.
Ci vuole un po’ di coraggio da parte dei genitori per avvicinarsi a questi progetti soprattutto quando si parla di elementari.
All’asilo il coraggio del genitore è di pensare al proprio figlio in un ambiente naturale, quasi sempre all’aperto in tutte le stagioni e senza le garanzie di protezione di una struttura scolastica. Ma poi se osservasse l’umore e la capacità di non farsi male conoscendo via via i propri limiti e ascoltasse i racconti del figlio, il coraggio sarebbe spesso ampiamente ripagato.
Nel contesto di una istruzione più strutturata delle elementari e delle medie, esiste una forma di relazione codificata che aiuta insegnanti, genitori e alunni a capirsi. Una pagella, un voto, un giudizio aiuta l’insegnante a parlare del bambino e al genitore di capire quello che dice l’insegnante e di raffrontarsi poi con gli altri. “Il ragazzo è intelligente ma non si impegna” è la frase che mi ha accompagnato in tutta la mia storia scolastica e che accompagna tanti altri (ed evito di parlare dei miei voti). Questo aiuta ad avere chiarezza e apparente fiducia, a rimbrottare il figlio o ad aiutarlo a fare i compiti, a parlare con gli altri adulti dei figli, ecc.
Ma il voto rischia spesso di offrire ai genitori una “identità surrogata” del figlio e offre ai bambini uno strumento di giudizio sul quale si autovalutano o si comparano agli altri: confronto e competizione serviti su un piatto d’argento. Noi preferiamo valorizzare l’impegno individuale quanto i bambini che si aiutano, dove uno che ha capito una nozione o una competenza, può spiegarla al compagno, magari con una voce e una forma di pensiero diversa da quella dell’adulto. Oggi ti aiuto io domani mi aiuti tu, nasce una collaborazione in cui andiamo avanti tutti e il concetto di competizione, di giudizio/pregiudizio, non è insito in questa formula. Senza dimenticare che i bambini consapevoli sanno benissimo autovalutarsi.
Siamo in educazione parentale e non è nostro compito rassicurare i genitori con questi strumenti. Abbiamo scelto di non avere i voti e nemmeno i giudizi né sintetici, né più narrativi. Gli insegnanti conoscono perfettamente i propri bambini e con le famiglie possono condividere peculiarità e diversità personali, punti di forza e di debolezza, percorsi personalizzati o aspetti di cui non preoccuparsi. Chiediamo ai genitori di usare altri strumenti di relazione come l’osservazione e l’ascolto dei propri figli, delle loro domande, risposte e pensieri che via via esprimono e la condivisione di soddisfazioni e criticità con insegnanti e genitori.
I genitori spesso hanno difficoltà, lo vedo, perché tocca dare fiducia ai propri figli, al progetto educativo e agli insegnanti senza un feedback secco, chiaro e univoco. Sono costretti a osservare i figli nel loro modo di essere, di giocare, di dare risposte, stare attenti a quello che dicono; devono comprendere le scelte educative e le attività didattiche che, ricordiamolo, sono di progetto di educazione parentale. Quindi se i genitori vedono qualcosa che non torna hanno possibilità di condividerlo all’interno, capire a cosa fare attenzione o proporre cose da migliorare o aggiustare. Giudizi e voti o dialogo e valutazione, sono scelte diverse di relazione, nessuna è giusta o sbagliata in assoluto e ognuno, genitori e bambini, deve vedere di cosa ha bisogno.
Tra bambini e insegnanti, e questo vale sia per l’asilo che per le elementari, tutto si svolge in un clima che punta alla serenità, in cui i conflitti di relazione si risolvono faccia a faccia o vengono gestiti in un dialogo di gruppo, con lo scopo di ritrovare equilibrio e la possibilità di stabilire nuove regole o aggiustare quelle che bambini e insegnanti si erano già dati. Questo aiuta a sentirsi centrati, a conoscersi a gestire le emozioni. E lo vediamo con i ragazzi che ormai sono alle medie e al liceo nella scuola pubblica e che riescono a integrarsi in realtà molto diverse in modo istintivamente consapevole, sapendo gestire le relazioni e restando coerenti con il loro pensiero.
D.: Qual è il ruolo della presenza della natura?
R.: Che cosa significa educazione in natura? Al primo pensiero forse, seguendo un imprinting ecologico-ambientale, significa boschi, prati, alberi su cui arrampicarsi, pozze in cui saltare, stare all’aperto, fare cerchi. Ma la parola “natura” ha anche altri significati e “imparare secondo natura” per noi include tutto il modo di imparare in modo naturale, come l’esplorazione e la scoperta, processi naturali di apprendimento nelle attività dell’asilo. Esistono la natura dello spazio, del tempo, delle relazioni, dell’apprendere, ecc.. Avere l’esperienza dello spazio vuol dire sapere quanto è un km o 50 metri, come misurare un banco o un campo: avere esperienza del tempo significa sapere quanto ci vuole a piedi per fare 1km o 50 km o quanto ci vuole per costruire qualcosa che magari richiede un’attenzione, una complessità, un agire insieme (e più tempo serve più valore e rispetto meriterà quel lavoro). Il valore del tempo e il valore dello spazio che possono assumere valore anche nelle relazioni: se vengo a trovarti a piedi camminando un’ora, la visita ha maggior significato che se ti dicessi: “guarda, sono di passaggio, mi fermo un attimo per un saluto”. Se nell’educazione, non passano questi valori della natura del tempo, dell’agire, dello spazio, dell’impegno, si perde il valore personale attribuito al viaggio, al lavoro, all’oggetto e se ne ridurrà il rispetto attribuito da altri. E il sistema di valori sarà attribuito da scelte di altri secondo gusti, trend e mercati.
C’è poi la natura delle relazioni, quelle con gli altri bambini, quelle con gli adulti e con i genitori, tutte forme di relazionarsi diverse: per cui l’importanza del cerchio, del rispetto di ciò che si fa, dell’attenzione all’altro, della differenziazione del linguaggio, dello sviluppo di capacità di espressione diverse, della proprietà di linguaggio ecc.
Dal punto di vista dell’apprendimento, le materie insegnate alle elementari rappresentano una ripartizione fine a sé stessa e alle esigenze organizzative dell’istruzione. Dal punto di vista della crescita e dell’apprendimento, le competenze servono per sapere (cognizioni, analizzare, ragionare), saper narrare (con lettere, numeri, suoni o disegni che siano), saper essere (le passioni, le preferenze, le relazioni, le emozioni…), saper fare (immaginare, progettare, realizzare, provare..).
La natura ha un grande ruolo all’asilo dove si vive tutto il tempo fuori tra esplorazioni e scoperte. Si ricorre alla struttura solo quando i bambini hanno bisogno di sentirsi più accuditi, raccolti nella tana o con un tempo meteorologico particolarmente avverso. In prima elementare si sta ancora fuori tanto tempo e mano a mano che si avanza alle elementari, aumenta un po’ il tempo di didattica all’interno perché aumentano le occasioni di attività, confronto o esperienze di diversa natura. Ma stare all’aperto è sempre importante e prioritario.
L’articolo-intervista di Silvia Nocera è stato diffuso da Pressenza.
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