Educare "alla tonda verità"
In questo momento storico l’educatore è spesso un uomo solitario che deve attraversare le solitudini di coloro che educa e la propria.
“Il cuore non tremante della ben tonda verità”
Educare è impresa sempre più difficile, e già in condizioni non ideali ma ordinarie il conseguimento del fine, ovvero l’attualizzazione della natura umana etica e razionale non è assicurata. Le variabili che entrano in gioco nella relazione paideutica sono innumerevoli e molte sono imprevedibili e tante non sono individuate da coloro che sono in tale feconda relazione.
Siamo umani per questo. L’educazione delle nuove generazioni non dovrebbe essere “lavoro etico solo della famiglia o della scuola”, entrambe le istituzioni nel nostro tempo sono forma senza sostanza etica, ma impegno della collettività nel suo complesso. La qualità di una comunità si dovrebbe valutare su questo paradigma, che “stranamente non compare mai nelle classifiche sulla qualità della vita nelle città”. Le nuove generazioni, e non solo, sono state tradite dagli adulti e dalle istituzioni per essere consegnate alla gestione cannibalica del mercato. Gli adulti di buona volontà che ancora si assumono l’onere della cura devono confrontarsi con il fascino malvagio del “niente”.
Il mercato sembra vincere, in quanto seduce con l’invito al desiderio, legittima ogni desiderio e condanna il senso del limite. Punta direttamente a sollecitare pulsioni infantili e narcisistiche. I bisogni reali si obliano per lasciare spazio a processi schizoidi che conducono alla malinconia aggressiva dell’atomistica del piacere solitario. L’educare invece è attività paideutica con lo scopo di attualizzare il fine (la natura umana) e a tal fine richiede rinunce e congedi dai desideri per donare “la forma”.
Gli educatori devono confrontarsi con la seduzione del niente che promette il piacere assoluto e apparentemente dona il paradiso in terra, solo con il tempo la realtà dell’inganno fraudolento si svela nella sua verità: il cattivo infinito del desiderio divora ogni speranza e chiude il soggetto in una solitudine senza speranza. L’educatore, chiunque può esserlo, deve confrontarsi con il niente, egli ha il compito difficile di indicare il percorso dell’essere. Si confrontano due percorsi, la via del niente e la via della vita, l’educatore ha il compito di difendere dal niente colui che è in formazione e di guidarlo alle ragioni dell’essere.
La tragedia della formazione è in questo bivio eterno quanto l’umanità, la quale deve confrontarsi, oggi, con l’assedio del capitalismo che mentre esalta l’individualità narcisistica, la nega nella sua indole personale e nella sua natura ontologica. Come nel Proemio dell’opera di Parmenide Sulla natura l’essere umano deve scegliere il percorso che conduce al niente o la via dell’essere. Il capitalismo penetra capillarmente nelle famiglie e nelle istituzioni per occultare la via della verità e dell’individualità forte perché fondata ontologicamente.
La scuola è un’azienda, mentre le famiglie sono ridotte a giustapposizione di consumatori finalizzati al consumo veloce. La parola deve tacere, devono parlare solo gli slogan del mercato. Con questo disastro antropologico si deve confrontare l’educatore, e deve mettere in conto sconfitte e pericolosi fraintendimenti. Dove regna l’anomia la forma è vissuta come violenza; dove il narcisismo derealizzante impera il principio di realtà e di storicità è vissuto e giudicato come “gravitas” da cui bisogna velocemente congedarsi. La fuga è il fondamento del capitalismo, si fugge da se stessi e dalla storia per la distopia del godimento. Non caso si predilige la compagnia dei cani e dei gatti per la loro addomesticata obbedienza alla relazione di cura con gli umani. Gli educatori devono ricostruire il principio di realtà per poter essere d’ausilio all’attualizzazione della natura umana.
Forse sono i nuovi eroi discreti e vilipesi, ma di essi oggi necessitiamo. Sono l’ultimo argine alla barbarie che avanza all’interno del sistema medesimo. Non ci sono barbari che premono ai confini, ma i nuovi barbari non riconosciuti sono le oligarchie transnazionali che alimentano il mercato e si nutrono di esso e lo utilizzano quale mezzo per quel processo tragico che il filosofo spagnolo Gustano Bueno ha denominato il “Pensiero Alice”.
La fuga generale dalla realtà storica è oblio del fondamento ontologico che si rende reale e razionale nella storia. Al semplicismo del “niente” e al suo fascino dobbiamo opporre l’impegno teoretico e la prassi. Gli educatori lo sanno, perché ben conoscono “il cuore non tremante della ben tonda verità”.
Per poter educare “non bisogna tremare”, si è innanzi all’ostilità generale nella forma subdola del buonismo che concede tutto per non impegnarsi nel conflitto dialogico e maieutico senza il quale non vi è verità e non vi è “nascita al mondo nello spirito”. In questo momento storico l’educatore è spesso un uomo solitario che deve attraversare le solitudini di coloro che educa e la propria. Ripeto, forse sono i nuovi eroi, nel tempo della “compiuta peccaminosità”.
- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -