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E se arriva l’aviaria?

L’influenza aviaria fa paura; il rischio che il virus H5n1 possa trasformarsi in un agente infettivo per l’uomo, e scatenare una pandemia mondiale, ha fatto scattare l’allarme...

di Vincenzo Raimondo Greco - giovedì 15 settembre 2005 - 6257 letture

L’influenza aviaria fa paura; il rischio che il virus H5n1 possa trasformarsi in un agente infettivo per l’uomo, e scatenare una pandemia mondiale, ha fatto scattare l’allarme in tutta Europa. Ed è iniziata la corsa all’acquisizione del vaccino. Novegia, Islanda e Irlanda hanno, finora, fatto la parte del leone accaparrandosi un numero di scorte elevato. L’Olanda capeggia questa particolare classifica avendo raggiunto coperture per quasi un terzo dei cittadini: oltre 5 milioni su 16 milioni e mezzo.

L’Italia, invece, secondo una tabella dell’Oms, al momento può contare su poco più di 185 mila cicli dosi di antiviali. Secondo il ministro della Salute, Francesco Storace, il problema vero “non è se scoppierà, ma quando e dove scoppierà” e occorre per questo “mantenere la guardia sempre alta” contro il rischio di pandemia. Proprio per questo sarà presentato, nel prossimo Consiglio dei Ministri, un decreto legge con nuove misure di prevenzione dell’influenza aviaria e controllo delle malattie animali.

Si parla di un centro nazionale per la lotta alle malattie animali, del potenziamento degli organici di Nas e veterinari del Ministero, di maggiori risorse economiche per l’acquisto di farmaci antivirali sufficienti per coprire il 10% della popolazione.

Ma nel frattempo? Secondo i veterinari bisogna “intensificare l’attività di monitoraggio sugli allevamenti, dal momento che il virus si trasmette attraverso gli animali”. Già in altre occasioni è stato necessario abbattere interi allevamenti. La differenza sta proprio nella possibilità che ci sia il famoso “salto di qualità”.

Contro l’emergenza virus dei polli la prima cosa da fare è istruire i medici di famiglia, in modo da consentire loro di riconoscere subito i sintomi di questa influenza sui propri pazienti”. Lo sostiene il Codacons, che rivolge inoltre un appello al Ministro della Salute Storace.

L’associazione chiede si di acquistare un numero sufficiente di antivirali, ma in modo che l’acquisto, sul piano economico, non abbia effetti pesanti per la collettività. “In sostanza bisogna evitare che l’emergenza - sostiene il Codacons - si risolva in un business per le case farmaceutiche. Via libera quindi all’acquisto di generici che abbiano le stesse proprietà e concorrenza tra varie aziende farmaceutiche per comprare gli antivirali senza salassi per la collettività”. Anche la LIPU interviene sull’argomento per chiedere, “qualora venisse riscontrata la presenza del virus negli uccelli selvatici, la chiusura della caccia alle anatidi o di altri gruppi dove verrà riscontrato il virus”. Anche se precisa che gli uccelli selvatici, rispetto a quelli domestici, hanno una capacità notevole di fronteggiare le epidemie e di estinguerle rapidamente limitando notevolmente le perdite. “ Di recente - spiega Claudio Celada, Direttore Conservazione Natura LIPU-BirdLife Italia - nella provincia mongola di Kovsgol, un’epidemia scoppiata in una popolazione di 6.500 uccelli acquatici ha provocato solo 100 vittime, e successivi test su 139 uccelli non hanno riscontrato alcun virus nella popolazione sopravvissuta. Ciò non è possibile negli allevamenti, perché l’affollamento aggrava la situazione”.

Ed è questa la nota dolente che costituisce una falla nelle procedure antivirali. Si è calcolato che lo scoppio del virus H7n7 e del H5NI in Tailandia e Vietnam sia costato, in termini economici, a quei paesi centinaia di milioni di dollari. In tutta l’Asia pare siano stati abbattuti, nel 2003, circa 120 milioni di esemplari di volatili infetti e l’industria aviaria asiatica ha perso per questo 15 miliardi dollari. Il rischio sta in questi numeri. La paura di un tracollo economico senza prospettive di recupero totale potrebbero indurre molti allevatori a non segnalare ( così come avvenne per la variante umana del morbo il morbo di Creutzfeldt-Jakob, meglio conosciuto come “mucca pazza”) i casi sospetti favorendo così la propagazione della malattia.

L’emergenza, però, non può essere affrontata solo dalle singole nazioni. Per far fronte alle minacce di pandemia del virus dei polli Legambiente chiede, infatti, la rapida attivazione di un dettagliato sistema di etichettatura europea. “E’ più che mai necessario introdurre un’etichetta europea che riporti l’intera filiera dei prodotti commercializzati e garantisca la validità dei controlli e la qualità delle carni”, dice Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente, che aggiunge: “ E’ importante che ogni paese attivi e potenzi, se necessario, il proprio sistema di controlli ma il rischio di diffusione del virus H5N1 riguarda tutta la Ue. E’ quindi compito dell’Unione tutelare il mercato europeo e la salute dei consumatori”.

Ed è proprio a livello europeo che ai discute la stesura di una nuova Direttiva la cui entrata in vigore è prevista, però, per il 2007.


Girodivite.it/Oltrenews.it


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> E se arriva l’aviaria?
16 settembre 2005, di : ursus

Attualmente non esiste alcun vaccino per il virus H5N1, se non alcuni prototipi adatti solo alle popolazioni avicole, sperimentati finora senza eccessivo successo in estremo oriente. Per quanto il virus sia ormai ben conosciuto, nella sua variante attuale, e cioè quella che non si trasmette (ancora) da uomo ad uomo, la sua eccezionale virulenza ed alcune caratteristiche peculiari hanno sin qui impedito lo sviluppo di vaccini efficaci, anzi, hanno a lungo inibito totalmente lo sviluppo di vaccini.

Non è quindi possibile disporre di "scorte" di vaccino e, se anche ve ne fossero, le probabilità che tale vaccino sia efficace contro la variante "umana" di H5N1 sono praticamente inesistenti.

E’ probabile, quindi, che quando si fa riferimento alle "scorte di vaccino", si debba invece intendere scorte di farmaci antivirali, disponibili da tempo, e adatti solo a limitare temporaneamente l’infezione da virus (in pratica ne inibiscono la riproduzione), utili, quindi, solo per rallentare la diffusione della pandemia in attesa che il vaccino venga sviluppato.

Occorrono infatti diversi mesi dall’insorgenza della pandemia perchè chiunque possa approntare un vaccino efficace, sempre che ciò sia realmente possibile, visto che di vaccino per la SARS si parla da anni e non se ne vede ancora traccia, nonostante ripetuti (falsi) annunci in senso contrario.

Essendo straordinariamente mutevole, il virus H5N1, come molti altri suoi parenti ed affini, potrebbe infatti presentare mutazioni tali da risultare molto diverso dalle varianti attualmente in circolazione.

In quanto ai farmaci antivirali, è opportuno specificare che, trattandosi di brevetti per lo più molto recenti, non risulta esistano in commercio "generici" di tali prodotti, ed il costo di un ciclo di antivirale ha un costo non indifferente.

Un recente studio, effettuato su popolazioni murine, ha dimostrato l’efficacia di un antivirale non solo nel contenimento dell’infezione, ma anche nella reale guarigione, con sporadici casi di "rebound", ovvero di reinfezione da H5N1.

La brutta notizia è che per avere un effetto in tal senso, occorre praticare cicli di antivirale per almeno otto giorni, a fronte dei cinque normalmente necessari per altri virus (dopo questo tempo H5N1 riprende tranquillamente a replicarsi) e le scorte complessivamente disponibili a livello mondiale attualmente sono già assolutamente insufficienti anche per la sola copertura della popolazione dei paesi che producono antivirali.... Nè c’è da sperare in una rapida produzione di massa, in quanto l’attuale capacità produttiva è a sua volta insufficiente.

Alcuni antivirali potenzialmente efficaci hanno perso ogni utilità al riguardo perchè, essendo a basso costo, sono stati massicciamente (ed inutilmente) utilizzati dagli agricoltori cinesi delle zone colpite dall’influenza aviaria per "proteggere" i propri allevamenti dall’infezione, con il risultato di far sviluppare, forse per l’uso improrio che ne è stato fatto, resistenza a quegli stessi farmaci.

L’Italia attualmente, con il recente plauso dell’OMS, ha puntato tutto sul rapido sviluppo (anche in laboratori nazionali) di un vaccino efficace, del quale ha opzionato (l’unica azione possibile allo stato attuale) una massiccia quantità di dosi, pianificando, al contempo, un capillare sistema di monitoraggio dei casi nelle popolazioni animali potenzialmente infette (unica fonte attuale di contagio), mentre non ha approntato, e difficilmente appronterà, scorte di farmaci antivirali, la cui reale efficacia e la cui copertura a livello di popolazione sono aleatorie.

In quanto alla citata richiesta del Codacons per un’adeguata informazione dei medici di base sulla sintomatologia relativa a questo tipo di influenza, al fine di individuare tempestivamente eventuali casi "umani" indotti da H5N1, sarebbe opportuno informare l’associazione che sarà praticamente impossibile "riconoscere subito" tale sintomatologia, essendo praticamente identica, almeno nelle fasi iniziali, a quelle di tutte le più comuni influenze e malattie delle vie respiratorie, frequenti soprattutto nei mesi invernali.

L’etichettatura delle carni avicole, infine, benchè meritoria in sè per tutta un’altra serie di considerazioni, non potrà costituire ostacolo alla diffusione del virus, che si trasmette attualmente per contatto diretto con uccelli infetti, in quanto un’adeguata cottura degli alimenti elimina comunque i virus (H5N1 compreso), non esiste alcun riferimento geografico per individuare, allo stato attuale, eventuali aree a rischio ed il contagio a livello animale si sta comunque diffondendo in natura attraverso uccelli migratori e, sembra, anche mammiferi selvatici.

Un eventuale variante "umana" del virus, poi, non potrebbe certo risentire dell’etichettatura, non avendo alcun bisogno di trasmettersi attraverso i volatili o gli alimenti.

Per quanto concerne la direttiva europea citata nell’articolo, beh, speriamo che nel 2007 ci sia ancora qualche governo che ritenga utile applicarla......

la farina del diavolo va in crusca ...
17 settembre 2005, di : Alpha 50

forse ad accontentarsi di straguadagnare miliardi, anzichè voler straguadagnare milioni di miliardi (da portare nella tomba?) si sarebbero date ai poveri polli delle condizioni di vita ’umane’ e si sarebbe evitato il disastro ... forse ... o no ?
    > "Tutti vegetariani"
    18 settembre 2005

    Quanti animali sono uccisi dall’uomo senza necessità se non per la barbara abitudine di mangiare carne "morta". E se venisse una razza aliena che gradisse la carne umana? Meditate. The pure.