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È mio, è mio... di chi è il cervello?

Appena comunicato il Nobel per la medicina, la corsa all’accaparramento del cervello.

di Giuseppe Marziano - giovedì 11 ottobre 2007 - 3788 letture

Probabilemente la notizia era stata appena battuta dalle agenzie, e suibito è scattata la corsa all’accaparramento del cervello del premio Nobel per la Medicina.

Puntuale come un orologio svizzero ogni anno scatta l’operazione "accaparramento" al momento della individuazione dei possibili premi Nobel. Quest’anno è toccato al Nobel per la Medicina (ricerche sulle cellule staminali) Capecchi, ed ancora non è finita. Tutti i giornali riportano la stessa notizia "È italiano il nobel per la Medicina". Sì, in effetti è nato a Verona, ma del sistema italiano della ricerca, dei fondi che lo Stato dovrebbe stanziare, delle strutture da mettere a disposizione, Capecchi non ne ha mai visto l’ombra. Da piccolo in America, come ha raccontato, si è connaturato in quello Stato, di italiano, ha il luogo di nascita e il cognome. A parte, sicuramente, un orgoglio nazionale, null’altro sulla ricerca dello scienziato. Ed allora smettiamola con queste stupidagini, è italiano, è americano, è asiatico, la ricerca è ricerca nel senso più puro e alto del termine, non si può "statizzare", e tanto meno può farlo l’Italia.

Non è raro vedere sui giornali, notizie che parlano della fuga dei cervelli dal nostro paese, ricercatori in agitazione perché sottopagati, attrezzature mancanti, possibilità vermente limitate. E poi appena un italiano, che lavora, risiede e paga le tasse all’estero viene premiato ecco che scatta l’irragionevole corsa al patriottismo che ci distingue, forse. Ed allora al Prof. Capecchi che è italiano per nascita, lasciamolo al momento di gloria per ripagare tutti gli sforzi compiuti nel campo della ricerca e speriamo invece che possiamo trarne vantaggi nel senso di un miglioramento delle condizioni della ricerca in Italia, nonché dei ricercatori.

Noi che ricerchiamo il patriottismo nei cervelli che lavorano all’estero, e paghiamo milioni e milioni ai calciatori, e che addirittura ci inventiamo una probabile legge per dar soldi al calcio. Forse occorrerebbe che molti di coloro che siedeno nelle poltrone del potere (e non parlo dei soli politici) avessero un senso di ridimensionamento delle cose, ed un orgoglio nazionale che non deve esplicitarsi soltanto nelle curve.

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