È meglio un cane o un bambino?

Le recenti parole di papa Bergoglio sull’inverno demografico in Italia hanno causato una serie di reazioni critiche. Gli italiani preferiscono i cani ai bambini, secondo Bergoglio...
Bambini e cani
Le recenti parole di papa Bergoglio sull’inverno demografico in Italia hanno causato una serie di reazioni critiche. Gli italiani preferiscono i cani ai bambini, secondo Bergoglio; i detrattori di tale posizione individuano nella perenne crisi economica la causa prima del depopolamento.
La tesi di Bergoglio pecca di epidermica superficialità, ma anche l’ipotesi ecomicistica non è da meno. Se fosse vero che la condizione economica determina la possibilità di avere figli le società poverissime sarebbero depopolate. La verità è di altro genere, l’occidente muore e decade a causa dell’economicismo individualista.
L’occidente è il regno dell’individualismo, in media gli occidentali sono allevati nel mercato, dal mercato e per il mercato. La finalità è produrre in serie uomini e donne la cui esistenza non deve avere scopo alcuno, ma come beestie allevate in modo intensivo devono produrre e lavorare senza creare nulla di nuovo (figli e cultura). Manca il senso, il nichilismo erode le esistenze e le riduce a presenze passive, la cui massima ambizione è soddisfare ogni capriccio. L’iperstimolazione è una forma di passività indotta che non permette di “progettare”, ma solo di subire il proprio tempo storico. L’esistenza non ha nessun valore politico. La politica inizia con il riconoscimento del legame con la comunità. La relazione educa al dono e apre al futuro. La dimensione del futuro è la condizione che permette di lottare, capire e specialmente, fa sorgere l’esigenza di lasciare una traccia biologica o spirituale del proprio passaggio.
In questo contesto fondare famiglie o impegnarsi stabilmente in attività culturali diviene “il senso” che regge il quotidiano che si radica nel passato, vive nel presente e si sporge verso il futuro. L’occidente non ha fondamento veritativo e onto-assiologico, è dominato dal capitalismo, il quale è mortifero per sua natura: consuma, guerreggia e rende sterili nella mente e nel corpo.
La comunità, in tal modo, non ha direzione, conosce solo il dominio del mercato a cui si è assuefatta senza percepirne l’ordinaria follia. Non si fanno figli, perché non vi è la cultura del dono e dell’impegno. La precarietà non è solo il modello economico imperante, è la normalità dell’instabilità affettiva incentivata dal mercato e dai social. Si assediano e si denigrano nei fatti le relazioni stabili, si esaltano le relazioni pronte ad evaporare nello spazio di un mattino. Si favorisce la cultura della solitudine nella quale si affonda tra le miserie dell’abbondanza e patologie psichiatriche assolutamente nuove, dinanzi alle quali si finge un senso di sbigottita incredulità.
La cultura del mercato ha lavorato in questi decenni per produrre individui che vivono di attimi pronti a evaporare via e incapaci di “pensare” il senso e la progettualità. Il caos magmatico della movida è l’orizzonte di giovani e non giovani determinati a non voler rinunciare nulla. La movida è l’occidente in scena sul palcoscenico del nichilismo. L’ombrello del mercato non è solo una cappa che oscura la coscienza sociale, è una visione del mondo, in cui non si cercano le ragioni per tendere verso “la vita”, ma si fugge dalla relazione portatrice di vita per dedicarsi unicamente alle opportunità che appaiono nella propria esistenza come “mercato vuole e desidera”.
La cultura dell’individualismo e la legittimazione sociale da cui è sostenuta è la causa profonda dell’inverno demografico. L’ipertrofia del mercato ha prodotto la cultura dell’autoidolatria senza freni in modo trasversale. Ricchi e poveri, a prescindere dal censo, non si sposano e non fanno figli. Sono accumunati dall’egoismo godereccio e amorale divenuto l’unico fine dell’esistenza. Il fascistissimo detto “Me ne frego” è il sangue del capitale, è l’anima che desertifica e riduce in polvere le esistenze. Per invertire il declino, è necessario fondare una nuova cultura comunitaria nella quale l’economia è il mezzo per costruire relazioni politiche e sociali.
La precarietà economica è solo una parte del problema che cela la profondità della crisi etica e politica, in cui si dibatte l’occidente. Le leggi e i provvedimenti che cercano di risolvere il problema della denatalità con gli incentivi economici, vorrebbero curare il dramma di un continente destinato all’estinzione con i mezzi che hanno causato il declino in corso. Non saranno solo gli incentivi economici a risolvere il problema; senza la cultura della maternità e della paternità nulla sarà possibile.
La maternità e la paternità sono uno scandalo per la cultura liberale, in quanto instaurano relazioni gratuite e ciò non è ammissibile per il capitalismo. Il capitalismo ha lavorato per rimuovere la gratuità dell’amore e dell’amicizia per sostituirli con il calcolo dei soli interessi privati. Bergoglio non ha osato nominare il problema reale e questo ci dice non poco sulle ambiguità della Chiesa.
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