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Divide et impera

Nel Belpaese, ormai, il clima che si respira è quello di una guerra, manco così latente, tra "gli ultimi ed i penultimi", è un conflitto permanente tra le masse popolari meno abbienti.

di Lucio Garofalo - mercoledì 8 febbraio 2023 - 2783 letture

I lavoratori francesi si confermano una entità popolare estremamente combattiva, cosciente ed intelligente: essi si mobilitano in massa, con coesione, per salvaguardare i propri diritti ed i propri interessi sociali e materiali, di classe. I lavoratori italiani si disperdono in fazioni ostili tra loro, si contrappongono in conflitti intestini tra miserabili. Non a caso, i lavoratori francesi stanno riempiendo le piazze dell’intero Paese, come non accadeva da tempo, per contrastare con forza il disegno di "riforma" delle pensioni, portato avanti dal governo Macron.

I lavoratori italiani, invece, hanno subìto, supinamente, una sfilza di "riforme" antipopolari e devastanti del sistema pensionistico (a partire dalla "riforma Dini" del 1995 fino alla legge Fornero del 2011), che oggi li obbligano a permanere nel mondo del lavoro fino all’età di 67 anni ed oltre. Non è un caso se il popolo francese sia stato artefice e protagonista di alcune tra le più importanti e significative rivoluzioni sociali e politiche della storia umana: dalla insurrezione popolare del 1789, alla insurrezione giacobina del 1793; dai moti rivoluzionari del 1848, alla prima forma ed esperienza di autogoverno operaio, proletario e socialista, che fu la Comune di Parigi del 1871, fino alle rivolte studentesche del Maggio 1968.

Così come non è un caso se in Italia sia sorto il fascismo mussoliniano e non è un caso se nel nostro Paese si possano "vantare" le peggiori e più pericolose associazioni di stampo mafioso del mondo: Cosa Nostra in Sicilia, la Camorra a Napoli ed in Campania, la Sacra Corona Unita in Puglia, la ’Ndrangheta in Calabria. Il popolo italiano è, in buona sostanza, "forte con i deboli e debole con i forti": è deferente e servile verso i potenti e i notabili politici, accanendosi contro i più umili e i derelitti, mentre il popolo francese si ribella con coraggio civile e con fermezza, ed insorge con uno slancio rivoluzionario, creando un blocco sociale compatto per combattere ed arrestare gli abusi e l’arroganza del potere e per preservare i propri diritti ed interessi di classe, in quanto indispensabili alla propria esistenza.

La memoria storica è uno specchio che riflette molto fedelmente la natura di un popolo. Nel Belpaese, ormai, il clima che si respira è quello di una guerra, manco così latente, tra "gli ultimi ed i penultimi", è un conflitto permanente tra le masse popolari meno abbienti. È un clima che giova solo a chi sguazza nei propri loschi affari, sghignazzando e godendo di uno "spettacolo", squallido e grottesco, esibito da connazionali. Il senso di ciò si annida (ma neanche tanto) in un antico adagio latino che recita così: "divide et impera", vale a dire separa e comanda. Il ché si traduce in un’efficace strategia politica, cioè semina zizzanie ed in tal modo governi assai più facilmente un popolo stremato e dilaniato dai conflitti intestini.

Fu Giulio Cesare, dopo la conquista della Gallia, a perfezionare e mettere in pratica una logica simile per soggiogare e dominare politicamente un nemico sconfitto (il popolo gallico, antenato del popolo francese), che un giorno avrebbe potuto risollevarsi e ribellarsi: "divide et impera", ossia disgrega la loro coesione e comandali. Più di duemila anni dopo, questa logica di potere si rivela più che mai valida ed è lecito domandarsi se la stiano applicando contro di noi in maniera scientifica, subdola e nemmeno tanto strisciante. Che a numerosi abitanti del Belpaese possa risultare sgradevole un simile dato di verità, non importa granché, ma l’indole di tanti nostri connazionali è probabilmente fin troppo meschina e servile, pusillanime ed ipocrita.


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