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Diversamente uguali*

Uno sguardo sui quotidiani italiani e l’oggettiva constatazione di quanto siano... diversamente uguali!

di Simone Olla - mercoledì 23 marzo 2005 - 5233 letture

«Buongiorno, il Corriere della Sera».

«In basso a destra».

«Prego, arrivederci».

«Arrivederci».

Attacco alla libertà, titolava in prima pagina e mentre mi dirigevo in barberia, il Dott. Pieri sedeva nella solita panchina; la “sua” panchina, da quando era andato in pensione. La chioma bianca spuntava dietro l’Unità, che quest’oggi titolava l’ennesimo Attacco alla democrazia orchestrato dai nemici di oggi che poi sono quelli di ieri sotto altre vesti. Lo fissai, ma era troppo intento nella lettura e non feci nulla per attirare su di me la sua attenzione; venti anni fa le cose sarebbero andate diversamente e avrei volentieri rinunciato alla cura della mia barba per scambiare quattro chiacchiere con lui sui mali del nostro tempo. Oggi no, considero quegli anni peccati di giovinezza drogati di idealità.

Totoni aspettava i clienti seduto su di una piccola sedia sull’uscio, con l’immancabile Secolo d’Italia, fresco di stampa, poggiato nella prima poltroncina a sinistra dopo l’entrata; altri ve n’erano, tutti lindi: uno sopra l’altro giacevano nel portariviste accanto alla poltroncina. Ogni santo giorno mi domandavo cosa ci trovasse in quel giornale, ma non glielo chiesi -timoroso della sua reazione- neppure quel freddo martedì di Gennaio; mi pare fosse il 15.

«Buongiorno Totoni».

«Buongiorno Professore».

Entrai sbirciando la prima pagina del giornale che titolava: Attacco kamikaze. Lo vidi di straforo mentre sedevo nella “mia” poltrona, pronto per la pulizia, che poi era un rito, un’abitudine, un piccolo piacere. Frequentavo quella barberia da poco meno di trent’anni, allorquando decisi che inforcare forbici e pettine per le rifiniture del caso non faceva per me: puntualmente finivo per provocarmi dei buchi niente male, rovinando, in un sol minuto, ciò che avevo faticosamente atteso per una settimana. Decisi quindi di concedermi un piccolo lusso bisettimanale affidando la cura della mia barba alle mani esperte della Barberia Salis. Dal primo momento mi seguì Totoni, all’epoca appena ventenne, ma già leggero come una piuma quando accarezzava barba e capelli. Nel ’95 andai in pensione e le visite in barberia si fecero sempre più frequenti fino a divenire la tappa obbligatoria fra l’acquisto del giornale e l’appuntamento con gli amici del circolo di lettura.

«Buongiorno a tutti!», gridai appena messo piede all’interno del circolo: era così il mio saluto, pauroso e gioioso allo stesso tempo. Non feci a tempo a poggiare l’impermeabile e chiedermi il motivo di cotanto sconforto che il compagno Paride mi prese sottobraccio e sommessamente mi informò della disavventura capitata a Giovannino Bellini. Lì per lì quasi scoppiai a ridere, non riuscendo ad immaginare la Signora Bellini a letto con Gaspare il macellaio, ma un respiro profondo ed una boccata d’aria fresca, fecero sopire questa mia quasi esplosione di improvvisa ilarità, neanche tanto giustificata, vista l’amicizia che ancora mi lega al Bellini, ma tant’è. Sotto una pioggia lieve incrociai lo sguardo di Paride e capii che anche lui poco prima aveva avuto una reazione simile; imbracciava l’immancabile Manifesto nel quale scorsi che secondo “loro” vi era stato un Attacco di Israele: diversità di vedute, pensai.

Tornando a casa mi fermai a comprare il pane: due filoncini infarinati e un coccoetto per i miei nipotini. Manco a dirlo incontrai Gaspare il macellaio che chiudeva la serranda della sua bottega e scorsi dal suo muscoloso e peloso braccio il solito improbabile Libero quotidiano: Attacco all’America era il titolo di prima pagina e pensai a quali fossero i pazzi che osavano solamente pensare di poter torcere una sola unghietta alla compagine statunitense. Il pensiero dell’improbabile sfidante fece sì che salutassi Gaspare normalmente, come tutti i giorni avevo fatto fino a quel dì, benché tutto il Paese sapesse della sua romantica avventura con la moglie dell’Assessore.

Lasciai il pane dalla Signora Agnese, come Silvia mi aveva chiesto e mi incamminai verso lo Studio Belotti, con il quale da qualche anno mi divertivo a dipingere orribili tele e a scrivere ingenui racconti; lì passavo tutto il pomeriggio dopo aver mangiato un boccone da Serafino in Viale Marconi.

«Carissimo Maestro, ben svegliato».

«Buongiorno Professore, ma che ore sono?».

«E ora di metterci a lavoro, sono già le 15.30 e oggi non posso nemmeno tardare. Ho i nipotini a cena».

«Mi sono messo a letto alle 7 del mattino, ho dipinto tutta la notte. Guarda qua che roba».

La tela del Maestro Giorgio Belotti era uno groviglio di luci e colori che nella notte cagliaritana emergevano potentemente: un pezzo della nostra città impressa con forza in un momento della notte, divino.

Il Maestro, prima di chiudere la porta del suo Studio, che poi era la sua casa, tutta in due stanze di cui una era il bagno, tirò fuori dalla cassetta delle lettere L’Unione Sarda, quotidiano a cui era abbonato da tempo immemorabile; lo srotolò e lesse a voce alta il titolo della prima pagina: «Attacco all’autonomia della Sardegna». Nessun commento seguì a quel titolo, lanciò il giornale sopra il tavolo e quel gesto fu più chiarificatore di qualunque parola. Accesi il computer, ripresi il racconto iniziato qualche giorno fa e quando guardai l’ora in basso a destra sullo schermo, mancavano dieci minuti alle venti: incollato davanti alla mia creazione il tempo era scivolato via come una lacrima per troppo tempo sopita.

Tornai a casa e poco mancava all’inizio del mio telegiornale preferito: il TG5, con quel format molto moderno, con quel taglio così americano… Ah, l’America, questa sconosciuta! Incollati davanti al teleschermo trovai Silvia -mia moglie- e i miei due nipotini di otto e dieci anni, anche loro davanti al quotidiano quiz di Jeremy Scot.

«Buonasera».

«Nonno!», esclamarono i due mentre si tuffavano sopra di me in un dolcissimo abbraccio. Baciai entrambi sulla fronte, come era mio solito fare e subito mi diressi in bagno per darmi una rinfrescata.

Con la A: la coppia formata da Vieri e Ronaldo?, sentii provenire dagli altoparlanti del televisore di cucina e d’improvviso urlai quella parola così familiare per me quel giorno.

«Attacco!».

*Tratto dal libro di Simone Olla, “Fotogrammi da Masticare”, La Riflessione Editrice

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