Derek Walcott

Dal fondo di un oceano, troppo distante dai nostri sogni interrotti, ci facciamo cullare dalla marea poetica di un poeta caraibico.

di Piero Buscemi - mercoledì 8 aprile 2015 - 9046 letture

Concludendo

Vivo sull’acqua,
 solo. Senza moglie né figli.
 Ho circumnavigato ogni possibilità
 per arrivare a questo:

una piccola casa su acqua grigia,
 con le finestre sempre spalancate
 al mare stantio. Certe cose non le scegliamo noi,

ma siamo quello che abbiamo fatto.
 Soffriamo, gli anni passano, lasciamo
 tante cose per via, fuorché il bisogno

di fardelli. L’amore è una pietra
 che si è posata sul fondo del mare
 sotto acqua grigia. Ora, non chiedo nulla

alla poesia, se non vero sentire:
 non pietà, non fama, non sollievo. Tacita sposa,
 noi possiamo sederci a guardare acqua grigia,

e in una vita che trabocca
 di mediocrità e rifiuti
 vivere come rocce.

Scorderò di sentire,
 scorderò il mio dono. E’ più grande e duro,
 questo, di ciò che là passa per vita.

Il sogno di un fuga a dimenticarsi del mondo, come se il mondo non fosse in ogni luogo. Dentro l’apatia e un bizzarro desiderio di anticonformismo. Le nostre vite, distaccate da quelle degli altri. Affidate a parole e versi consolatori, provando ad immaginarsi protagonisti in moderni gypsy, erranti in un quotidiano che non riesce più a scuoterci.

Derek Walcott ci ha aiutato in questo divagare di pensieri confusi e di sogni ad occhi aperti. Almeno per un istante, ci ha lasciato l’illusione di un naufragio, dal quale credere di non poter far ritorno, tra un’isola caraibica e un raggio di sole a chiudere un altro giorno accarezzato dalla fantasia.


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