Del tempo libero quale merito
La società meritocratica ha sempre condannato il tempo libero, considerato in termini di ozio e padre di tutti vizi.
Il tempo libero, quale conquista e premio, riconosce il merito e ne accredita il valore della fatica e dell’impegno; nell’averlo meritato, ci si appella alla capacità di sviluppare e far emergere fondamentali abilità e qualità individuali. Il merito, acquisito con onore, stima e lode, si lega all’impegno e alla responsabilità individuale.
La società meritocratica ha sempre condannato il tempo libero, considerato in termini di ozio e padre di tutti vizi. Il significato del merito, dato per scontato e ovvio, spesso confuso con particolari abilità, corrisponde alla realtà o presenta più di una contraddizione di fondo? Nel richiedere il diritto al merito ci si rivolge alle prospettive di guadagno future, per ottenere e conseguire il risultato finale, riconosciuto come premio. In campo religioso la dottrina del merito si collega alla grazia, col merito riconosciuto in quanto tale. Un merito specifico distinto, messo in relazione con le “pari opportunità” che porta a considerazioni consequenziali si ha con riferimento alla valutazione scolastica.
Il problema riguarda come misurare il merito spesso discreditato a sinistra, accreditato indistintamente a destra e al centro, mentre il talento non ha e non può avere connotazioni di parte. Il merito, impegnati e fiduciosi nelle proprie capacità, esprime e contiene i talenti, che evolvono con esso. In quanto cosa buona e giusta appartiene al mondo della competizione, al regno dello sport, del gioco. Nel merito, confidando nei propri meriti, si desidera primeggiare e vincere. Parlare del merito consente di interessarsi e interrogarsi sul suo valore. Si può avere paura del merito? E se si chi ne ha paura?
La logica del merito impone di fare i conti con i propri limiti. Nel merito si sostiene sia il compenso che spinge a cambiare per migliorarsi e raggiungere gli obiettivi prefissati. Il problema di fondo è come valutare il merito. Il talento, nel manifestarsi come qualcosa di inaspettato, stupisce, mentre la parola “merito”, negli anni svuotata del suo valore, presenta dei problemi. Non basta una definizione adeguata. Nell’avere “talento” si ha naturalmente il dono della natura che ci ha scelto e privilegiati. Nel talento, dotati di talento, si riconosce l’esistenza della genialità. Il talento è una qualità innata, una dote? Michelangelo per raggiungere la sua maestria dovette lavorare duramente e investire una grande quantità di tempo nell’affinare la propria arte, fallendo e sperimentando, per trovare un proprio stile.
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Albert Einstein di sé diceva di non aver alcun talento speciale, ma solo una curiosità appassionata. “Lui può perché è un genio: io non lo sono e non posso”. Interrogarsi sul merito è importante, per evitare che appoggiato su teorie errate diventi un arbitrio. Il talento, inteso come qualcosa che si impara con fatica e impegno, porta al merito, grazie alla potenza della volontà che in sé lo genera. Quali messaggi contiene la cultura del merito e cosa possiamo imparare da essa? Il talento, di per sé personale, ha indizi preziosi per rintracciarlo in quanto tale.
Il merito, valore di cui bisogna prendere atto, ha significative ricadute sociali, nel permettere di manifestare i propri talenti personali. Obiettivo del merito è far emergere le opportune, necessarie e indispensabili competenze. Quale visione abbiamo del merito che consente di sviluppare abilità e competenze, con lo specifico impegno responsabile, nell’attivare i propri talenti? Il merito riconosce il valore, divenuto l’obiettivo per realizzarsi. Come misurare il merito dove si materializzano i talenti?
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Nel talento, qualcosa di cui bisogna sapersi prendere cura, c’è il valore attribuito all’abilità, capaci di mettere a frutto le proprie risorse, senza sprecarle. I talenti bilanciano e pesano il merito che si compone di soggettività. Col merito, innegabile, si accede con facilità, in possesso di talento, capaci di iniziativa, concentrazione e forza di pensiero, nel mettere in atto i propri propositi. Per parlare sensatamente di politica del merito a scuola, senza rimanere generici, è importante studiare storicamente e discutere ipoteticamente i termini stessi del merito. I fautori della cultura del merito cosa propongono?
La Destra, da sempre sottolinea il merito come condizione valida di opportunità e senza eccezione alcuna l’enfatizza. Quali le conseguenze? Se si confida nel merito per selezionare in esclusiva, la cultura del merito non può essere approssimativa, va spiegata per non rimanere accecati dall’orgoglio tronfio e dalla vanagloria di chi si fa forza del merito, e dei meritevoli che suscitano ammirazione e invidia. La società del merito penalizza il tempo libero di cui non si può godere, né gioire, considerato che è luogo di svago, dove si divaga e ci si sottrae ai propri impegni. Cosa sappiamo del merito? Garantisce veramente la conoscenza e la competenza dei migliori, accreditati oggettivamente dai risultati ottenuti?
Il talento che guida rappresenta una base solida di fiducia in sé stessi. Gioca un ruolo cruciale, ma bisogna evitare di mitizzarlo e accreditarlo come esclusivo stimolo e antidoto alla pigrizia e al disimpegno, capace di elevare chi si ritrova socialmente in basso. Il merito può diventare un’abitudine comportamentale e ancor più un programma ideologico? Una cultura del merito, con rigore e severità, può deformare deliberatamente la conoscenza piegandola ai suoi scopi propagandistici. Come favorire pari equilibrio di doveri e reciproche responsabilità?
Il rischio è che il termine merito, dato per acquisito, diventi il gergo tipico per giustificare a senso unico l’azione della gerarchia dominante. Chi stabilisce il merito e come farne un buon auspicio? Come ago della bilancia, il punto fondamentale riguarda il processo di valutazione. Cos’è davvero il merito nel calcolare le capacità, nel considerare la sfida alle sollecitazioni e agli stimoli? Le parole del merito divulgano il pensiero positivo, per ottenere il meglio in ciò che si fa e nella vita, convinti che basti solo l’impegno, la costanza e la fatica, per superare ogni ostacolo.
Se il merito attrae e testimonia il successo, opponendosi alla mediocrità che appiattisce, si può correre il rischio di ridurre la scuola esclusivamente a un campo da gioco dove premiare il merito? Il talento appare ed emerge chiaramente nei suoi aspetti naturali, mentre il merito richiede indicatori per chiarirne i segni che presentano delle oggettive difficoltà di valutazione. Il merito, nel segnare e fare la differenza, tra capaci e incapaci, efficienti e inefficienti, si afferma e regna nelle istituzioni gerarchiche, in forma di patrimonio tradizionale che mantiene un’immagine aristocratica e sofisticata.
Il ricorso al merito, con riferimento specifico alle abilità individuali, apre la strada a nuovi filoni e ulteriori sviluppi, quale strumento per risultati eccellenti. Il ruolo del merito che affonda le sue radici nell’attuale scenario politico e accredita sempre più l’ascesa di élite tecnocratiche a favore di “politiche identitarie” funziona? In cosa consiste?
La convinzione è che la logica del merito, nella frammentazione e accelerazione della vita quotidiana, sia indispensabile per pensare in grande, entusiasmarsi e affrontare le sfide: certi del successo futuro. Il merito che ammalia, affascina e incanta l’immaginazione ha molto a che fare con la politica e il potere, ma come criterio di valutazione può sfuggire di mano e diventare facilmente fonte di avventatezza per le stesse istituzioni. Ci si arrende al merito, sicuri nell’avere un’immagine positiva di sé, estremamente competitivi e vincenti, per ergersi al di sopra della mediocrità. I pregiudizi nei confronti del merito li ritroviamo nel narcisismo, la megalomania, l’egotismo, l’egoismo e l’indifferenza verso gli altri, tutti tratti caratteriali negativi che ritroviamo nel merito.
Il valore del merito, il significato che assume e l’immagine che se ne ha contiene espliciti riferimenti culturali. Il merito che vede trionfare le abilità soddisfa e pone di per sé facilmente in posizione di vantaggio e superiorità. Per rispondere adeguatamente alle esigenze imposte dal merito spesso non si ha tempo per il tempo libero che diventa qualcosa di inconcepibile, da sacrificare, senza degnarlo della minima considerazione. Il merito che distingue e indica il lavoro duro, non basta, oltre l’impegno, ci vuole ed è necessario il talento.
Nel parlare del merito, l’uso del termine merito resta indicativo, con molti riferimenti, al potere dell’immaginazione che afferma l’io emergente. Perché interessarsi del merito e chi sono i suoi entusiasti fautori? Il merito che si ripercuote sulla realtà, pienamente convinti di potercela sempre fare, ha un potere creativo che influenza e ispira l’agire, in un approccio concreto e positivo. Nel merito, sicuri della propria forza, l’efficienza vincente, motiva la speranza, fiduciosi in sé stessi.
Il sogno del merito, come sistematica filosofia della vita, è emerso significativamente negli Stati Uniti, dove ha trovato un ampio consenso culturale e tutta una sua rilevanza esplorativa nella prassi delle proprie potenzialità. E’ la prospettiva del successo, grazie al merito, a fare la differenza, in una ferrea volontà a perseguirlo. Convinti pienamente che il merito scaturisca dal confidare nel self-help e nell’automiglioramento, sospinti a realizzare al massimo le proprie potenzialità.
Il significato del merito, anche quando il linguaggio della valutazione può essere oscuro, diventa chiaro nei fini che ci si prefissa. Propone l’automiglioramento per padroneggiare il proprio destino e costruirsi il successo, capaci di rimodellare se stessi. Nel merito si manifesta chiara la testimonianza del desiderio profondo di primeggiare. Presentato come punto essenziale della “Legge del successo”, ci si prefigge di spronare l’iniziativa personale, il merito è ritenuto un fattore basilare per l’arricchimento economico. Si parla del potere di raggiungere qualsiasi cosa, capaci con impegno, tenacia e ostinazione di risolvere problemi e superare ostacoli.
Il merito, la disciplina, quale presa di controllo su di sé, che permette di diventare gli architetti della propria identità, conquista molti ammiratori. L’efficacia nel raggiungere l’obiettivo, si traduce in forza vitale intenzionale, da cui si fa dipendere il merito, riconosciuto e considerato tale, nel rilevarne l’importanza. Necessario per operare distinzioni, con tutta la sua storia, nel preannunciare il successo, induce a pensare a come influenzare l’addestramento, per orientare, verso una nuova formazione.
- equality and equity
Affermare il merito, come cultura egemone, rischia di manipolare e favorire l’utilizzo di test che, in un mero formalismo schematico, nel calcolare e quantificare, concetti su cui il merito insiste, rendono riduttive le conoscenze. Il merito che entra in gioco per accreditare il risultato ottenuto è principio base, per spingere a raggiungere un risultato specifico. Nel dare forza operativa quali forme e dimensioni oggi assume?
La riscoperta del merito, razionalmente e ragionevolmente fondato, riaccende l’interesse per l’istruzione formativa. Come concetto su cui ragionare propone la sua natura puramente oggettiva, che giustifica e argomenta in sé un ragionamento selettivo per differenziare e selezionare. Storicamente e sono temi e questioni tutti da approfondire, si richiama alla tenacia e perseveranza che si accompagna al valore e al coraggio. Nel merito, ambizione e grande impegno esigono molti sforzi, con riferimento alla capacità di andare oltre, per superare i propri limiti e affermarsi.
Il merito qualifica e quantifica l’impegno sostenuto per raggiungere i risultati ottenuti e collocarsi all’apice delle istituzioni. Nell’ispirare a migliorarsi, sprona l’individuo all’impegno, ancor di più nella civiltà della tecnica dove proprio nel merito si rispecchiano quelle abilità e capacità ritenute indispensabili. Nel proporre una visione del mondo e della società contrapposta all’eguaglianza, la cultura del merito non la si può accettare acriticamente, ma bisogna interrogarsi su di essa, rivolti con debita attenzione all’applicazione del merito alla didattica, all’insegnamento e all’apprendimento. L’idea che abbiamo del merito corrisponde alla realtà?
Al talento si lega la maestria che evolve, capaci di affinarsi grazie alla guida indispensabile delle/dei maestre/i. Si tratta di andare al di là delle disquisizioni degli intellettuali della domenica che si trastullano a polemizzare tra loro e sentenziare elusivi, sempre pronti a dire la loro, ma senza “entrare nel merito”, incapaci di indicare azioni attive per valutare e dare giusto valore ai meriti. Il merito lo si può considerare una indicazione geografica tipica?
Insensato collocarlo più a destra che a sinistra, va sostenuto in un’ottica più ampia, aperti e rivolti alla pluralità dei meriti, nel caratterizzare ogni singolo individuo che si confronta, si rapporta e si relaziona agli altri, non solo in una chiave di mera sfida competitiva, ma soprattutto alla ricerca di conoscenza competente. Il merito, visibile nelle attività sportive e artistiche dove lo si associa alle capacità e abilità, alla bravura di chi primeggia ed è riconosciuto come bravo, come campione, va studiato nella sua evoluzione storica sul piano educativo, attenti al campo dell’istruzione.
Il falso, l’inganno, la corruzione dovrebbero a priori essere esclusi dal merito: una regola fondamentale da verificare per confermare l’eccezionalità, l’eccellenza, nel saper riconoscere il merito, fiduciosi nella propria e altrui corretta saggezza, tutta da meritare.
Per saperne di più
C. Barone, Le trappole della meritocrazia, il Mulino, Bologna 2012.
M. Boarelli, Contro l’ideologia del merito, Laterza, Roma-Bari 2019.
R. Brigati, Il giusto a chi va. Filosofia del merito e della meritocrazia, il Mulino, Bologna 2015.
E. Granaglia, Uguaglianza di opportunità. Sì, ma quale?, Laterza, Roma-Bari 2022.
M. C. Origlia, Questione di merito, Guerini e Associati, Milano 2020
M. Sandel, La tirannia del merito, Feltrinelli, Milano 2022.
M. Santambrogio, Il complotto contro il merito, Laterza, Roma-Bari 2021.
M. Young, L’avvento della meritocrazia, Edizioni Comunità, Roma 2014.
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