Del tempo libero in motocicletta
Alla guida di una motocicletta si ha un’esperienza intensissima di libertà fisica e psichica, si osserva e si decide: la scelta libera si compie attraverso i gesti, in una coincidenza perfetta tra l’occhio e la mente...
Nel guidare una motocicletta, soprattutto in una grande pista, dicono si provi la strana sensazione che ogni direzione sia aperta, a trecentosessanta gradi. Di fronte alla vastità dello spazio bisogna saper indicare una traiettoria, un tracciato. La motocicletta, con solo due ruote, in sosta diventa instabile, come la bicicletta necessita del cavalletto per sostenerla e farla stare ferma. In sosta diventa ingombrante, pesante e difficile da maneggiare, va guidata e mantenuta sulla strada.
La guida, da esercitare con arte, interessa tutto il corpo e l’istintivo senso dell’equilibrio. Il motociclista deve piegarsi continuamente contro e verso la strada. Nel variare pur minimo di direzione e soprattutto in curva entra in gioco la forza di gravità che tende a far uscire il veicolo dalla curva e riportarlo sul rettilineo. Il pilota nel saper piegare il veicolo verso il centro dell’arco inscritto, sposta sia il proprio centro di gravità che quello del mezzo e crea così un nuovo angolo. Il peso inclinato contrasta la forza centrifuga con l’obiettivo di rimanere sulla strada.
- L’uomo nuovo, di Sironi, 1918
Il guidatore determina un vincolo fisico speciale con la strada, deve adattarsi di continuo e osservare il massimo possibile. Nelle strade dove il naturale si combina con l’artificiale percorse tutti i giorni diventano familiari. I segnali esprimono personalità e intenzioni, sorprendono e danno conferme.
Le autostrade, progettate a tavolino e per velocità differenti, mancano del lato naturale. Nell’andare veloci su una moto l’aria diventa una sorta di compagnia. Guidatore e strada diventano compagni che ballano. Si corre il rischio di cadere a terra per un falso movimento, un errore di calcolo, un difetto di immaginazione. Il campo visivo in motocicletta si ampia: la visione, con gli occhi che si possono alzare, abbassarli e ruotare, è sferica.
Nell’organizzare un viaggio in moto bisogna partire dall’itinerario, decidere cosa portare, vagliare tutti i dettagli, pensare a dove fermarsi e agli inconvenienti probabili che si possono sempre presentare. Indispensabili gli attrezzi per la manutenzione, le bombolette per riparare le gomme, le guide, le mappe, le giacche, i pantaloni antipioggia, consapevoli che in certe situazioni si può contare solo sulle proprie risorse e la propria resistenza.
La moto assume un significato intimo, essenziale. Nell’esporsi al vento, l’aria sottile, fredda e umida comunica sensazioni che si infiltrano nel corpo e nella mente. La velocità è un’emozione che scatena l’adrenalina. Nel traffico intenso ci si sposta da una corsia all’altra e si corre in mezzo alle corsie. Muoversi sulle ruote per fare una curva o cambiare direzione fa entrare in gioco la forza centrifuga. Andare diritti richiede il minimo di energia, a differenza di quando si fa una curva, dove il peso va spostato all’interno, per trasferire il centro di gravità della moto e contrastare la forza centrifuga. Se si procede lentamente il motore si surriscalda, ma il sistema di riscaldamento elettrico si accende automaticamente.
Perché i motociclisti usano guanti di pelle leggera anche d’estate e nei giorni più caldi? I guanti servono a proteggere in caso di caduta e a isolare le mani sudate dalla gomma appiccicaticcia del mondo. E’ necessario riparare le mani dalle correnti di aria fresca che attenuano la sensibilità del tatto. Nel pilotare una moto infilata la chiave d’accensione, si monta in sella, si allaccia il casco, si mettono i guanti, si tira l’aria, si preme lo starter e si toglie il cavalletto col piede sinistro. Il pilota col suo corpo si deve concentrare a mantenere la linea.
Guidare una moto è questione di inclinazione, bisogna inclinarsi nella direzione dove va la moto, mentre il rumore del motore e del vento si fondono in un rombo che divora ogni cosa. Ci si sente euforici e le gambe per via dell’adrenalina tremano. La motocicletta per Pirsig rappresenta “un sistema di concetti realizzato in acciaio”(Pirsig, 1990) che diventa importante sul piano esistenziale, politico e artistico. L’aria e il vento premono direttamente sul corpo, coscienti della superficie stradale in tutte le sue sottili variazioni.
Attenti alla tenuta delle gomme o alla loro scarsa aderenza le curve affrontate correttamente accolgono fra le loro braccia. Capaci di ripararla se si dovesse guastare e arrestarsi in qualche piazzola. La percezione diventa visiva, ma anche tattile e ritmica. Nel pilotare una motocicletta si piega di continuo il proprio corpo contro e verso la strada, per contrastare la forza centrifuga e lottare con l’inerzia: ci si piega, ci si gira, si ruota nello zigzagare in curva si adatta di continuo lo sguardo per osservare quanto più possibile.
Alla guida di una motocicletta si ha un’esperienza intensissima di libertà fisica e psichica, si osserva e si decide: la scelta libera si compie attraverso i gesti, in una coincidenza perfetta tra l’occhio e la mente. Il motociclista da viaggiatore solitario e tenace diventa dipendente del viaggio e della scoperta. Nel guardare la carta geografica il mondo si apre e tutto sembra raggiungibile in moto. L’amore per le due ruote una volta esploso non lascia più.
Per saperne di più
J. Berger, Sulla motocicletta (a cura di M. Nadotti), Neri Pozza, Vicenza 2019.
F. Domenighini, Harley Davidson. Una filosofia di libertà, Diarkos, Santarcangelo di Romagna 2024.
D. Donin-R. Parodi, Il respiro della strada, Minerva 2023.
M. Landi, Percepire la scienza in motocicletta: Viaggi nell’Italia meno conosciuta, STREETLIB 2014.
R. Massa, Harley Davidson e io, Sensoinverso Edizioni 2018.
R. Parodi, Il cuore a due cilindri, Tea 2012.
Id., La moto spiegata a mio figlio, Tea 2015.
R. M. Pirsig, Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, Adelphi, Milano 1990.
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