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Declino e sconfitta dell’Occidente secondo Todd

La sconfitta dell’Occidente / Emmanuel Todd ; traduzione di Alessandro Ciappa e Michele Zurlo. - Roma : Fazi, 2024. - 360 p. - ISBN 979-12-5967-637-5. - Tit.orig.: La Défaite de l’Occident, Paris, Gallimard, 2024.

di Salvatore A. Bravo - mercoledì 23 ottobre 2024 - 466 letture

Pensare il proprio tempo

Per poter ricostruire la possibilità di un progetto comune è necessario decodificare in profondità le cause della decadenza occidentale, e in particolare europea, che sembra inarrestabile. Non si tratta di mettere in atto una giaculatoria dagli esiti infausti, ma di liberarsi dalle sovrastrutture pregiudiziali che impediscono di cogliere la “verità storica” e di pensarla. Emmanuel Todd, bisogna riconoscerlo, ha avuto il coraggio etico nella sua analisi sulla sconfitta dell’Occidente di individuare una delle macro cause all’origine della disintegrazione europea.

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Copertina de La Sconfitta dell’Occidente, di Emmanuel Todd

Ogni civiltà è viva e creante, se ha una identità dialettica. L’identità è il collante valoriale che consente di organizzarsi intorno ad assi assiologici e politici. L’identità non è un monolite, ma è tale se contempla al suo interno opposizioni, resistenze e alternative con le quali ci si raffronta. L’identità dev’essere sottoposta a una continua revisione razionale nello spazio pubblico della politica. L’Occidente ha raso al suolo, e non solo in senso metaforico, ogni identità e ogni modello etico. La liberazione da ogni “da”, è oggi nichilismo realizzato. Solo il mercato con le sue oscillazioni domina; la legge del più forte ha instaurato il più feroce degli individualismi capace di attuare solo i personali interessi economici immediati.

Tale logica trasversale ad ogni classe sociale rende l’Occidente incapace di comprendere le identità e ciò lo espone al disastro e alla sconfitta. Le azioni militari non valutano la variabile identità, ma si limitano a misurare i soli rapporti di forza quantitativi, per cui la sconfitta è sempre dietro l’angolo. L’identità dona forza plastica e dinamicità; l’Occidente mutilo dell’identità, ne ha un vero terrore-orrore e finisce per calcolare le contrapposizioni secondo paradigmi militari e di forza. Si dilegua, così, la componente motivazionale e spirituale che rende un sistema attivo.

Un mondo di zombie morenti

Il declino dell’Occidente è nell’aver cannibalizzato ogni collante etico. La religione è stata identificata con le gerarchie clericali, ma essa era un modo di vivere, di pensare e di ritrovarsi intorno ad un focolare comune, il quale è stato annichilito senza costruire un fondamento comune che la sostituisse. Abbattuta la religione, vera matrice dell’Occidente, i suoi succedanei sono solo surrogati. La liberazione dalla religione e dai suoi vincoli etici non ha portato alla felicità, ma alla solitudine radicale, perché incapace di pensare e progettare:

“Come ho detto in precedenza, la religione, o meglio la sua disintegrazione, è al centro del mio modello. Il cristianesimo è stato la matrice religiosa all’origine di ogni nostra successiva credenza collettiva: in tutta Europa, la nazione o la classe; in Francia, in particolare, il socialismo radicale, il socialismo, il comunismo, il gollismo; in Gran Bretagna, il laburismo e il conservatorismo; in Germania, la socialdemocrazia, il nazismo e, ovviamente, la democrazia cristiana. Negli Stati Uniti, la religione protestante ha strutturato la vita sociale interagendo con i sentimenti razziali. In un primo tempo, tra il XVIII e il XX secolo, la disgregazione frammentaria della religione cristiana ha fatto emergere queste credenze collettive sostitutive” [1].

La fine delle religioni popolari è avvenuta gradualmente. Alla religione è succeduta la fase delle religioni zombie, in cui le pratiche formali e le ideologie nazionaliste “hanno funzionato” come surrogati della religione. Esse prevedevano liturgie e raduni ammiccanti alla religione. La decomposizione è stata graduale e ha portato alla secolarizzazione totale. Non vi sono, di conseguenza, valori comuni e non vi è alcuna natura umana, per cui non resta che la disperata solitudine dell’individuo che si serve del mercato come analgesico per le sue sofferenze. Il cattivo infinito è oggi il mercato che sollecita l’individualismo, lo esaspera e lo debilita per poi offrirgli le merci che dovrebbero curarne l’assurda infelicità. La sconfitta non può che essere la normale condizione dell’Occidente: cittadini-sudditi demotivati e nichilisti non possono che essere inerti comparse, la conseguenza è la morte della politica e dunque di ogni capacità progettuale comune:

“Questo declino della pratica e dell’inquadramento religiosi ha portato a un iniziale stato, zombi, di secolarizzazione, in cui perdurava la maggior parte dei costumi e dei valori della religione ormai scomparsa (in particolare, la capacità di agire collettivamente). Il concetto di cattolicesimo zombi, elaborato per comprendere il dinamismo limitato di alcune regioni della Francia di fronte alle turbolenze della globalizzazione, e che, nel 2015, avevo utilizzato per decifrare la mappa delle manifestazioni a sostegno di «Charlie Hebdo», si sta rivelando applicabile in chiave più generale. Tuttavia, lo stato zombi di una religione è solamente la prima fase della secolarizzazione, che non può essere descritta come una condizione realmente post-religiosa. È allora che compaiono le credenze sostitutive, in genere delle ideologie politiche forti che organizzano e strutturano gli individui nello stesso modo in cui lo faceva la religione. Per quanto sconvolte dalla scomparsa di Dio, le società rimangono comunque coerenti e capaci di agire. Lo Stato-nazione, spesso ferocemente nazionalista, è tipicamente la manifestazione di uno stadio zombi della religione, anche se va precisato che il protestantesimo era riuscito a generare degli Stati nazione ancor prima della sua stessa scomparsa. Difatti, è sempre stato una religione nazionale e i suoi ministri erano fondamentalmente dei funzionari pubblici. Lo stato zombi non è la fine del viaggio” [2].

Lo stato zero della religione è il punto finale della disintegrazione delle comunità e dell’individuo. Il diabolico compare alla fine nella sua terribile verità. La separazione atomistica è il segno che il nichilismo è arrivato alla sua aberrante maturazione. Guerre, migrazioni forzate, capitalismo della sorveglianza e diffuso malessere sono i sintomi che svelano il fenomeno giunto alla sua marcescenza massima. L’ipertrofia dell’individualismo cela, inoltre, la vaporizzazione dell’individuo ridotto ad animale consumante e produttore senza finalità oggettive. Tutto è falso e tutto è guerra in questa fase storica; è necessario imparare ad andare oltre il fenomeno e le belle parole per svelare il noumeno (il nichilismo dell’economicismo):

“I costumi e i valori ereditati dalla religione iniziano a infiacchirsi o a disintegrarsi, per poi infine sparire; ed è allora, e solo allora, che appare ciò che stiamo vivendo: un vuoto religioso assoluto, in cui gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva sostitutiva. Uno stato zero della religione. Ciò avviene allorché lo Stato-nazione si dissolve e trionfa la globalizzazione, in società atomizzate dove non è più neanche concepibile che lo Stato possa agire efficacemente. E sostengo che “gli individui sono privi di qualsiasi credenza collettiva” e non “liberi da” poiché, come vedremo, essi si ritrovano sminuiti anziché migliorati da un simile vuoto. La durata del processo lascia intendere fino a che punto esso sia irreversibile, di per sé ma anche rispetto alle sue conseguenze” [3].

Irrazionalità totalitaria

Con la religione il capitalismo ha spazzato via la possibilità di un’etica comune e la dignità dell’essere umano. La verticalità è stata sostituita dall’orizzonte del mercato, in cui regna l’irrilevanza onto-assiologica. Le merci sono poste tutte sullo stesso piano esattamente come i desideri. Il discernimento razionale è bandito, l’Occidente non pensa, ma pone in essere tattiche astratte e scollate dalla realtà. Tutto è irrazionale e irreale:

“La matrice religiosa originaria si era formata lentamente tra la fine dell’Impero romano e in pieno Medioevo, per poi densificarsi ulteriormente con la Riforma protestante e la Controriforma cattolica. Se l’emergere di uno stato zero della religione ha spazzato via il sentimento nazionale, l’etica del lavoro, il concetto di una morale sociale vincolante, la capacità di sacrificarsi per la comunità, è ovvio che tutte queste cose, la cui assenza rende fragile l’Occidente in guerra, non riappariranno nei prossimi cinque anni, ovvero nell’arco di tempo che, a mio parere, occorrerà ai russi per concludere con successo la loro offensiva" [4].

Il grande tema nodale da affrontare per il presente e per il futuro è l’ammissione che l’individuo sviluppa la verticalità e “il carattere etico” solo all’interno di comunità forti nelle quali vi siano fondamenti comuni che possano donare la direzione progettuale ai singoli. Separati e atomizzati gli individui si disperdono nel caos e si lasciano determinare dalle contingenze senza opporre resistenza; si lasciano avvolgere, infiltrare e manipolare; sono materiale su cui il totalitarismo della mercificazione agisce in modo libero e senza limiti.

L’abbattimento della figura del padre dopo la morte di dio non ha comportato nessuna crescita qualitativa. Il mercato ha gestito il grande vuoto inneggiando all’individualità sregolata e fragile. L’io minimo è solo e impotente, pertanto il mercato può tutto al punto da trasportare l’Occidente sull’abisso del suo “requiem”:

“Una delle grandi illusioni degli anni Sessanta – tra la rivoluzione sessuale angloamericana e il maggio del ’68 francese – è stata la convinzione che l’individuo sarebbe stato più grande una volta liberato dal collettivo (mea culpa, mea maxima culpa!). E invece, è esattamente il contrario. L’individuo può essere grande solamente all’interno di e attraverso una comunità. Da solo, è destinato per natura a ridursi. Oggi che ci siamo liberati in massa delle credenze metafisiche, fondanti e derivate, comuniste, socialiste o nazionali, stiamo sperimentando il vuoto e ci stiamo rimpicciolendo. Stiamo diventando una moltitudine di nani mimetici che non osano più pensare con la propria testa, ma che si dimostrano capaci di intolleranza tanto quanto i credenti di un tempo. Le credenze collettive non sono semplicemente delle idee condivise dagli individui che consentono loro di agire insieme. Esse li strutturano. Nell’inculcare loro delle regole morali condivise dagli altri, li trasformano. Questa società interiorizzata nell’individuo è ciò che la psicoanalisi definisce “Super-Io”. Oggi questo concetto gode di una cattiva reputazione: evoca infatti un’autorità di controllo sgradita, che reprime e impedisce lo “sviluppo personale”. Tuttavia, nelle intenzioni di Freud e di molti altri, il Super-Io rappresenta anche un ideale dell’Io che consente all’individuo di elevarsi al di sopra dei propri desideri immediati, per essere migliore e più di se stesso” [5].

Il vuoto religioso esprime un vuoto abissale; l’insensato è il quotidiano depressivo e malinconico a cui gli occidentali devono conformarsi in modo fatalistico.

Vuoto ontologico

L’essere umano è creatura metafisica necessita di bene e di senso; la realtà, invece, è il “niente”; non ci sono limiti e non vi sono gerarchie etiche. Le società che si caratterizzano per l’individualità nucleare non possono che essere votate alla sconfitta, poiché l’individuo è incapace di autogovernarsi, si pensi rileva l’autore alla bulimia. La soggettività nucleare e atomistica non sente la tragedia in cui è gettata, si lascia lascamente usare, in quanto il sistema gli offre gli analgesici (merci, sesso e ambizioni deliranti) con cui fuggire dal suo dolore:

“Lo stato zero della religione esprime un vuoto e, tendenzialmente, una mancanza del Super-Io. Definisce il nulla, il niente, ma per un essere umano che, malgrado tutto, non cessa di esistere e continua a sperimentare l’angoscia della finitezza umana. Questo nulla, questo niente, produrrà comunque qualcosa, una reazione, in ogni direzione: alcune ammirevoli, altre stupide, altre ancora abiette. Il nichilismo, che idolatra il nulla, mi sembra la più prevedibile. Esso è onnipresente in Occidente, in Europa così come oltreoceano. È nei sistemi antropologici di tipo nucleare individualista, in quello francese ma soprattutto in quello angloamericano – in cui non sussiste alcun inquadramento familiare residuo –, che il nichilismo si diffonde nella sua forma compiuta. Quantomeno, le tracce della famiglia ceppo zombi (in Germania e Giappone) o comunitaria zombi (in Russia) rappresentano ancora “qualcosa” in più rispetto al vuoto nucleare individualistico. Non sorprende quindi che, come avremo modo di scoprire tra poco, il mondo angloamericano, caratterizzato da un protestantesimo allo stato zero in un contesto ormai interamente nucleare, sia attualmente teatro delle manifestazioni di nichilismo più eclatanti” [6].

Limiti dell’opera di Emmanuel Todd

Emmanuel Todd mostra uno dei lati, tra i più rimossi, della “sconfitta dell’Occidente. Secoli di Illuminismo borghese e di laicismo hanno strutturato pregiudizi e rimozioni che impediscono di comprendere il problema della decadenza nella sua multifattorialità. Una società senza collante e senza verticalità collassa in un bieco nichilismo. Il regno dell’ultimo uomo prognosticato da Nietzsche è tra di noi. Resta inevaso il problema dell’alternativa nell’analisi dell’antropologo francese. Verità e natura umana sono i termini con cui ricostruire l’Occidente, rifiutarli, come è di gran moda e limitarsi alla sola critica, significa volere la botte piena e la moglie ubriaca. Non si può prescindere dalla verità, dal bene e dalla natura umana per ricostruire una progettualità comune.

Il passato dev’essere pensato e ripensato per non commettere i medesimi errori. È responsabilità personale e collettiva partecipare a questo movimento di rifondazione comunitaria. Pensare il passato significa imparare a discernere gli usi impropri e strumentali che sono stati effettuati dei fondamenti che hanno fondato la civiltà occidentale; il rifiuto preconcetto di essi ci spinge in una palude che rafforza il nichilismo. La giustizia sociale e la libertà devono essere ontologicamente fondate e dimostrate logicamente, senza tale prospettiva le critiche non potranno che cadere nell’abisso del “niente” e di questo certamente non abbiamo bisogno. Il nemico non è la religione ma il modo di produzione capitalistico, su questo dato chiaro e incontrovertibile si può iniziare a pensare e a teorizzare una comunità a misura di essere umano nella quale gli esseri umani si pongono in intenzionalità etica verso il bene comunitario.

Il lavoro dello spirito deve condurci a lavorare per la pubblica consapevolezza; è una scommessa, ma è anche il senso del nostro tempo storico tremendo. È l’unico modo per uscire dal senso di impotenza che ci logora e ci impedisce di vivere una diversa prospettiva. Le forze della separazione-mercificazione possono essere trascese solo con una fondazione veritativa pubblica e condivisa; l’alternativa è lasciarsi imputridire nel fango fumante di guerra del mercato dominato dalle multinazionali.

Sottrarsi alla batteria mediatica del sistema con i suoi messaggi è passaggio indispensabile per riconquistare con l’autonomia l’individualità destabilizzata dalla produzione in serie delle opinioni organizzata dalle fattorie mediatiche del dominio. Solo la riconquista dell’individualità può rimettere in gioco la storia. L’autonomia non è isolamento ma relazione dialettica. La sola critica è la maschera che cela l’impotenza di transitare dall’infanzia all’età adulta. Sta noi uscire dalla caverna dell’infantilismo critico che rischia di trasformarsi in una palude in cui affondare.

[1] Emmanuel Todd, La sconfitta dell’Occidente, Fazi editore Roma, 2024, paragrafo: Un processo non reversibile.

[2] Ibidem

[3] Ibidem

[4] Ibidem

[5] Ibidem: La fuga in avanti nichilista

[6] Ibidem.


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