D’Inessa, il pittore bambino
"Dietro lo sguardo di quest’uomo, reso profondo dal tempo, sembra di intravedere “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry". Scompare l’artista catanese a 84 anni
Il viaggio dell’anima.
Il viaggio d’Ulisse rappresenta da sempre la metafora dell’uomo che, tra mille esperienze e avventure, naviga per il mondo portandosi dietro la sua storia, le sue emozioni, le speranze, le gioie ed i dolori ma soprattutto la curiosità, la voglia di conoscere e di scoprire. “Sempre devi avere in mente Itaca – raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca.” (Kavafis 1911, Itaca)
D’Inessa ci accompagna, in questo viaggio, nella memoria dell’uomo, utilizzando un repertorio iconografico preso a prestito dalla sua infanzia vissuta accanto al padre, tra giochi, scoperte e i primi amori.
Il suo sguardo e la dolcezza che esso emana, presenti nelle sue opere, sembra essere anche quello dei suoi cari, ieri fanciulli oggi uomini, che hanno e continuano a circondare il suo mondo; lo sguardo quindi di un uomo semplice, ma curioso e attento che naviga sempre verso la sua Itaca.
Nella sua pittura, così come nella poesia, non ha bisogno di fotocopiare la realtà o di forzare l’apparato iconologico: gli basta un segno, una macchia, una parola, persino una pausa per accendere uno stato emozionale.
Si trovano, tra le pieghe dei suoi lavori, una molteplicità di richiami all’esperienza bizantina con la ieraticità delle sue bambole e maestrine. Sembra di intravedere in alcune figure e in certi cieli il volume e l’azzurro di Giotto o dei macchiaioli toscani evocati nelle sue architetture e paesaggi urbani. E a volte persino i Cézanne, i Matisse, i Picasso, lontano, però, dal farsi trascinare da un desiderio moderno di esibizionismo, di spettacolarizzazione o di retorica citazione. La voglia di essere e non apparire: lo dice il titolo di una sua raccolta di poesie: “gridare non ha senso”
Non si tratta mai di citazioni linguistiche ma di un processo di maturazione comunicativa, istintuale, emozionale; sedimentato negli anni, rielaborato nel suo atelier, condiviso emotivamente con i suoi amici pittori e amatori, consolidato infine dalla sua sete di conoscenza della storia dell’uomo, navigante ancora tra mille difficoltà, tra mille tempeste, tra mille dubbi verso la sua Itaca.
Un viaggio, il suo, che ci porta dalle “carcare” del padre ai templi, alle piramidi a luoghi antichi e di mistero da cui nascevano oggetti contenenti il fuoco, la terra l’aria e l’acqua seguendo un rito millenario. Quante volte non sono entrato in questi luoghi, infastidito dal fumo e affascinato dagli uomini del cantiere! Quante volte non ho volato in groppa ad un palloncino rosso, per vedere il mio pianeta! Quante volte non ho viaggiato in un fantasmagorico trenino, attraverso i campi sterminati e le città! Quante volte non ho rovistato le soffitte della memoria tra giocattoli di cartapesta, frammenti di cavallini, burattini o scope magiche! Quante volte non ho cercato Zeus o Era o gli altri déi tra le rovine dei templi della mia Sicilia, abbagliato dalla luce, tra le colonne, e cullato dalla sapienza delle pietre! Quante volte non ho accarezzato con la mano le spighe dei campi di grano, le ginestre dell’Etna e le reti di Trezza!
Sono questi i motivi dei suoi acquerelli, là mi sono soffermato per un istante, tra mille corse, davanti ai suoi occhi, attraverso la sua anima, toccando con lo sguardo le sue tele, le sue favole antiche. Ho scoperto così che i suoi quadri sono “i porti fenici, dove si troveranno madreperle, coralli, ebano e ambre o città egiziane dove si impara una quantità di cose dai dotti.” E il viaggio continua.
La lettura dell’opera d’arte non può prescindere dalla conoscenza dell’uomo che l’ha prodotta, del suo tempo, del suo intorno culturale, sociale e perché no: familiare.
Dietro lo sguardo di quest’uomo, reso profondo dal tempo, sembra di intravedere “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupéry. Forse i suoi quadri sono i di lui occhi, e, guardandoci dentro si scopre l’anima di un uomo che ha registrato per noi un mondo invisibile “che si tratta di una casa, delle stelle o del deserto, quello che fa la loro bellezza è invisibile.” E d’Inessa ci mostra proprio questo, quel mondo ormai perso nel tempo, lontano dai riflettori e straordinariamente attuale.
Si, proprio così, attuale perché le sue opere sono uno strumento di conoscenza per la discendenza, che scopre con immutata semplicità un mondo che non vedrà mai più ma che gli appartiene intimamente. Le emozioni sono come le stelle cadenti in una notte d’estate: appena viste, si perdono nell’oscurità; D’Inessa ne prolunga la scia, donandoci l’opportunità di continuare il nostro viaggio.
Francesco Finocchiaro
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Notizia di parte. L’autore è il nipote del pittore scomparso... mah...