Cronache giornalistiche da basso impero (4)

Aggredita troupe Rai a Roma – Aumentano i casi di aggressione e intimidazione nei confronti di giornalisti e operatori dell’informazione – Padri e figli alla "Stampa"

di Adriano Todaro - mercoledì 30 dicembre 2020 - 2545 letture

 Clima sempre più pesante attorno al lavoro dei giornalisti e a tutti coloro che fanno informazione. Domenica 20 dicembre una troupe della Rai è stata aggredita a Ponte Milvio, a Roma e non è che l’ultimo caso, in ordine di tempo, violento perpetrato nei confronti di chi tenta di raccontare la realtà di queste giornate di festa ma nello stesso tempo giornate “strane” a causa del Covid e delle limitazioni poste giustamente dal governo.

Ponte Milvio è luogo di movida, uno dei luoghi più chic della capitale frequentato, soprattutto, da giovani non certo delle periferie, ma residenti nei quartieri cosiddetti (chissà perché) ”bene” romani. Chi ne ha fatto le spese sono state un cameraman di 38 anni, finito all’ospedale, e una giornalista che non stavano facendo altro che il loro mestiere per una puntata di “Storie italiane”, il programma condotto in studio da Eleonora Daniele. Improvvisamente un gruppo di persone, probabilmente infastiditi dalla telecamera che riprendevano l’assembramento, hanno aggredito operatore e giornalista.

Eleonora Daniele proprio in apertura del programma da lei condotto ha espresso «rabbia e indignazione per quel che è capitato ieri alla nostra troupe, aggredita – ha continuato il racconto la presentatrice – mentre svolgeva un servizio pubblico sugli assembramenti a Ponte Milvio. Il nostro operatore è stato picchiato ferocemente da 7-8 individui che gli hanno distrutto la telecamera».

Secondo la ricostruzione della Daniele, la giornalista ed il cameraman «hanno notato questo gruppo di giovani senza mascherine e hanno iniziato a filmare ma appena è stato visto il nostro operatore con la telecamera in mano si sono scagliati contro di lui che è scappato, la giornalista ha urlato e chiesto aiuto ma nessuno li ha aiutati e ha fatto nulla per loro, il ragazzo è stato rincorso, buttato a terra e pestato. Pensate che a Ponte Milvio la piazza era piena di gente e telecamere. Hanno agito nella totale impunità” ha commentato la Daniele.

Il clima di odio e di insofferenza di buona parte della cittadinanza verso chi svolge questa professione è evidente nei numeri diffusi a novembre dall’Osservatorio sulle minacce ai cronisti del Viminale in collaborazione con la Federazione nazionale della stampa italiana e l’Ordine dei giornalisti. A fine settembre si potevano contare ben 129 atti intimidatori dall’inizio dell’anno subìti dai cronisti. Numeri in crescita se si pensa che in tutto il 2018 gli atti intimidatori erano stati 73 mentre nel 2019, erano arrivati a 87.

Le motivazioni delle aggressioni sono diverse. Secondo i dati del Viminale, il 16% delle intimidazioni sono riconducibili alla matrice della criminalità organizzata; 48 casi a contesti socio/politici (il 37%); 60 ad altri contesti (pari al 46%). Tra tutti i tipi di intimidazione, le aggressioni fisiche quest’anno sono state 23 (sempre fino a fine settembre 2020) seconde solo alle minacce via web, sicuramente più facili da attuare (54 casi totali, fra cui 25 via Facebook e 16 via Twitter). Seguono le minacce verbali (16) e l’invio di oggetti (11), mentre i danneggiamenti agli oggetti sono, almeno quelli, dimezzati rispetto al 2019 (9).

Lazio, Sicilia, Campania, Calabria e Lombardia, si legge ancora nel report, si confermano anche quest’anno le regioni con il maggior numero di eventi (101 episodi, pari al 78,3% del totale degli atti intimidatori).

Durante il periodo del cosiddetto lockdown, gli atti intimidatori non si sono fermati. Infatti, dal 9 marzo al 18 maggio si sono verificati 33 episodi, il 61% dei quali avvenuto utilizzando i mezzi di comunicazione online, social network prima di tutti. A seguito di questi episodi gli organi di polizia hanno dovuto attuare 21 misure di protezione personale nei confronti dei giornalisti.

Sono numeri terribili, tenendo conto che siamo un Paese che non è in guerra. Numeri parziali che non tengono conto ad esempio, dell’aggressione subita a fine ottobre dal giornalista Paolo Fratter e la troupe di Sky Tg24 durante le proteste notturne a Napoli per il lockdown cittadino, o l’aggressione subita a Manfredonia ad inizio dicembre da un giornalista della Tgr Rai pugliese che stava realizzando le immagini in un casolare dove era avvenuto un omicidio. Un elenco di violenze che, purtroppo, potrebbe continuare a lungo e che sta facendo di questa professione, una fra le più pericolose.

 Molti sostengono che, in Italia, non ci sia libertà informativa. Invece non è vero. Volete una prova? Sulla Stampa della scorsa domenica è apparsa un’intervista di Alain Elkann ad Alvise Casellati, direttore d’orchestra in ascesa. Alvise ci ha spiegato che la sua è tutta una famiglia di musicisti e noi ne siamo stati felici e appagati.

Casualmente, Alain è il padre di John che è il padrone della Stampa. E Alvise, casualmente, è il figlio della presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati Vien Dal Mare. Ma è un caso, non pensate male. Se avete un figlio che suona il clavicembalo, non disperate. Arriverà anche il vostro turno.


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