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Crisi: volatilizzati 80 mila miliardi

Intervista a Luigi Marino, membro della Commissione Bilancio del Senato: "Le misure attuate dalla compagine governativa hanno, progressivamente, dilapidato 80 mila miliardi, annui, di vecchie lire."

di Vincenzo Raimondo Greco - giovedì 23 giugno 2005 - 3809 letture

Il Bel Paese è in stato comatoso ed il “ministro Siniscalco appare come un medico - afferma Villetti dello Sdi - che fa una diagnosi senza” poter prescrivere una “medicina efficace”. L’ultima retromarcia inserita dal governo riguarda la decisione di spostare al 2006 l’intervento sull’Irap. Una scelta che ha lasciato scontenti i vertici di Confindustria ma, anche, qualche componente della maggioranza.

Ma c’era da aspettarselo perché, secondo Tabacci, presidente della Commissione Attività Produttive della Camera, “non sono stati affrontati i nodi e cioè le coperture reali e l’equilibrio dei conti pubblici. Alla fine è chiaro che la montagna non può che partorire il topolino”. E, riferendosi ai recenti dati Istat sul calo del pil, aggiunge: “dal 1996 abbiamo perso quote di mercato e, guarda caso, questo riguarda due governi diversi: forse dunque è un problema non tanto di colore dei governi, quanto di profondità dell’azione sulle vicende strutturali del Paese”.

Per uscire da questa situazione rischiosa tutti devono fare la propria parte senza confusione di ruoli. Anche l’opposizione che Michele Salvati, dalle pagine del Corriere della Sera (Prodi e la recessione, la ricetta va indicata ora, 14 maggio 2005), invita ad “una critica costruttiva, com’è quella che valuta gli atti di governo alla luce di un proprio programma, di ciò che farebbe se fosse al governo oggi”. Su questi argomenti abbiamo raccolto le dichiarazioni di Luigi Marino, membro della Commissione Bilancio del Senato.

Il Consiglio dei Ministri ha annunciato che interverrà sull’IRAP a partire dal 2006. Qual è la sua posizione?

Si tratta dell’ennesima promessa non mantenuta. Ma il problema è molto più complesso. Sin dall’inizio il governo Berlusconi ha elargito regali fiscali non funzionali a nessun obiettivo. Mi riferisco, non solo alla caterva di condoni e sanatorie fiscali, ma, in particolare, a due scelte effettuate all’inizio della legislatura. La prima, collocabile nei primi famosi 100 giorni, con la quale fu totalmente abolita l’imposta di successione e donazione che era stata, di fatto, già ridotta, dell’80% per le famiglie a medio e a basso reddito. Un regalo, quindi, a quel 20% di famiglie già ricche. La seconda è la decisione di insistere con la Tremonti bis che ha assorbito tantissime risorse senza che le agevolazioni fiscali venissero indirizzate verso i problemi grossi come quelli della competitività, della ricerca, dell’innovazione tecnologica. Nell’attuale contesto sono, invece, la condizione imprescindibile per affrontare meglio i problemi della concorrenza internazionale e quindi della competitività del sistema Italia che è andato sempre più scemando. Sin dall’inizio abbiamo denunciato questa situazione; oggi, anche giornali come “La Repubblica” e “Il sole 24 ore” insistono sul fatto che le scelte, in materia fiscale, fatte dal governo Berlusconi sono risultate fallaci. Tenga presente che questa Legislatura è iniziata con un avanzo primario pari al 5,3% che si è andato riducendo sempre di più. Le misure attuate dalla compagine governativa hanno, progressivamente, dilapidato un risparmio sulla spesa per gli interessi, sul servizio di debito pubblico pari a 80 mila miliardi, annui, di vecchie lire.

Avete perplessità sulla riduzione dell’IRAP?

Vede, l’IRAP incide direttamente sui bilanci delle regioni ed in particolare sull’assistenza anitaria,sull’assistenza pubblica. Se non si provvede diversamente come faranno le Regioni a sostenere una sanità che costa e che in un paese civile non può che costare sempre di più? Ma anche a voler mantenere gli attuali costi come potranno le Regioni recuperare diversamente quello che perderanno?

E’ comunque una operazione che saremo costretti ad effettuare e, allora, come sostituire i 33 miliardi di gettito provenienti dall’IRAP?

Con la lotta all’evasione fiscale. Anche se va detto che mentre la perdita dell’IRAP è un fatto immediato per le Regioni, i risultati della lotta all’evasione costituiscono un introito che non sappiamo né quando né in che misura ci sarà. Resta il fatto che la lotta all’evasione, a partire dalla stessa Ici, acquista un significato etico, un valore morale perché da quattro/cinque anni non c’è stata alcuna lotta contro coloro che sfuggono alle maglie del fisco. Chi ha dato non può continuare a svenarsi. Oggi i ceti medi arrancano ed è basso il potere d’acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni.

Colpa dell’euro?

No, assolutamente. Le responsabilità vanno ricercate nel mancato monitoraggio dell’aumento dei prezzi e delle tariffe, nel mancato controllo dei fenomeni speculativi che ci sono stati dopo l’introduzione dell’euro. Coloro che hanno sofferto in questi anni, comprese ampie fasce del ceto medio, non possono fare ulteriori sacrifici. Così come il governo non può chiedere ulteriori sacrifici al Mezzogiorno, né scaricare la sua incapacità sui servizi pubblici , e in particolare sulla sanità, riducendo gli introiti che servono a reggere il servizio sanitario nazionale. Non si può pensare di risolvere i problemi attaccando quello che è uno dei cardini importanti del welfare.

In un contesto così critico come vede la campagna per il referendum sull’euro lanciata dalla Lega?

E’ assolutamente risibile. Qui si sottovaluta un fatto fondamentale. Con la lira ad ogni svalutazione della valuta subentrava una svalutazione del potere d’acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni. La Lega segue i suoi obiettivi demagogici ma l’abbandono dell’euro sarebbe una sciagura per l’Italia. Basti considerare che le materie prime, a cominciare dal petrolio, le acquistiamo con l’euro, che con l’euro si è ridotto il costo del denaro e quindi l’inflazione che con la lira era a due cifre. Una qualsiasi adozione di misure in termini protezionistici porterebbe indietro di decenni le lancette dell’orologio. Lo sviluppo del nostro paese non può che essere integrato a livello europeo.


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