Crisi climatica: abbiamo presentato a ENI il conto. Chi rompe, paga!
Abbiamo presentato a ENI il conto, ma ora vogliamo che il risarcimento sia concreto. Se si imponesse una tassa su sette delle maggiori aziende petrolifere del mondo (ExxonMobil, Shell, TotalEnergies, BP, Chevron, Equinor e ENI) si otterrebbe un risultato reale
Il cambiamento climatico costa caro e il prezzo da pagare non è solo economico: si calcola in vite umane. Non è più accettabile che siano le persone a pagare le conseguenze degli eventi climatici estremi e non i veri responsabili – le aziende fossili. Per questo oggi abbiamo scaricato davanti al quartier generale di ENI un cumulo di oggetti distrutti dalle recenti alluvioni avvenute in Emilia-Romagna e nello stato del Rio Grande do Sul (Brasile): si tratta di divani, comodini, libri, giocattoli e vestiti spazzati via dall’acqua e dal fango, oggetti che nei giorni scorsi abbiamo impiegato per creare un’installazione artistica a Roma per chiedere giustizia climatica. Oggi abbiamo restituito a ENI il risultato della devastazione che ogni giorno contribuisce ad alimentare con i suoi investimenti in gas e petrolio. ll nostro messaggio è chiaro: “chi rompe paga”.
Abbiamo presentato a ENI il conto, ma ora vogliamo che il risarcimento sia concreto. Se si imponesse una tassa su sette delle maggiori aziende petrolifere del mondo (ExxonMobil, Shell, TotalEnergies, BP, Chevron, Equinor e ENI) si otterrebbe un risultato reale: la tassa aiuterebbe ad aumentare il fondo delle Nazioni Unite per risarcire le perdite e i danni causati dagli eventi climatici estremi di oltre il 2000%, rispetto agli attuali 702 milioni di dollari promessi. A dirlo è la ricerca pubblicata oggi da Greenpeace International e Stamp Out.
Con una tassa sui danni climatici di 5 dollari per ogni tonnellata di CO2 equivalente emessa, queste sette aziende dovrebbero versare circa 15 miliardi di dollari nel primo anno: un’inezia, se consideriamo che i loro guadagni nel 2023 hanno raggiunto i 150 miliardi di dollari. In base a questi calcoli, ENI dovrebbe versare 1,34 miliardi di dollari.
Se questa tassa venisse applicata a tutti i Paesi dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si potrebbero raccogliere 900 miliardi di dollari entro il 2030. Un fondo che aiuterebbe i governi, le comunità e – soprattutto – i Paesi più poveri e vulnerabili, ad affrontare gli impatti sempre più devastanti della crisi climatica.
I governi, come quello italiano, stanno facendo di tutto per rimandare la transizione ecologica di cui abbiamo urgente bisogno, e le grandi aziende del petrolio e del gas, come ENI, continuano ad alimentare il disastro climatico con le loro emissioni fuori controllo.
La soluzione per salvare il clima e noi stessi esiste, ed è abbandonare le fonti fossili come carbone, gas e petrolio, accelerando la transizione energetica verso un mondo 100% rinnovabile. Dobbiamo agire adesso: le nostre vite valgono più degli interessi di poche aziende.
Chiedi insieme a noi al governo di fermare gli investimenti in gas, petrolio e carbone!
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