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Costa Concordia, le cause del disastro

Con quali criteri di selezione vengono nominati i comandanti di questi giganti del mare?

di Antonio Carollo - martedì 17 gennaio 2012 - 3030 letture

Impressionante la telefonata registrata tra il comandante della capitaneria di porto e il capitano della Costa Concordia. Credo sia un caso unico al mondo: il responsabile della capitaneria che ordina ripetutamente, quasi urlando, al capitano della nave di ritornare a bordo per coordinare le operazioni di salvataggio dei passeggeri. Dico: ordina, a chi?, a un capitano-coniglio?, che s’è messo in salvo quasi per primo?, che farfuglia parole impastate e alla fine dice di sì, ma non si muove?

Lo stesso capitano il 17 dicembre scorso si era reso responsabile di una gravissima decisione, sempre al comando della Costa Concordia stracarica di passeggeri: testardamente, contro il parere del suo secondo , è uscito dal porto di Marsiglia in piena tempesta col vento a 50-60 miglia di velocità. Un azzardo pazzesco, tra le strettoie di un porto affollato di imbarcazioni. Nessuna autorità è intervenuta, men che meno i responsabili della Società. E il nostro capitano ha continuato a comandare con la solita aria spavalda di cui si era vantato in un’intervista ad una rivista ceca. Adesso la nuova pazzia di una rotta che va a finire ad un centinaio di metri dalla costa dell’Isola del Giglio.

Con quali criteri di selezione vengono nominati i comandanti di questi giganti del mare? Immagino non sia stata violata alcuna norma nella nomina del capitano Schettino, ma molto c’è da dire sulla sostanza di una normativa non adeguatamente rigorosa e controllata, che, ad esempio, dà troppo potere all’armatore. Negli ultimi 10-15 anni si è innescata la corsa, da parte di grandi compagnie armatrici private, alla costruzione di mastodonti capaci di trasportare 4-5.000 passeggeri. Il grande capitale ha scoperto il gigantismo su mare come chiave per la creazione di profitti altrettanto giganteschi.

Le autorità marittime internazionali, i governi, hanno studiato le conseguenze di una simile tendenza sulla sicurezza nei mari, in particolare su quella delle persone trasportate? Fior di esperti dicono che queste conclamate città galleggianti, tecnologicamente all’avanguardia, non cessano di essere delle navi, soggette, come tutte le imbarcazioni, ai limiti e ai pericoli, imposti dal mare. Pericoli e limiti raddoppiati dalle eccezionali dimensioni della nave. Ebbene, non sembra che di fronte alla novità di questo sfrenato gigantismo abbia fatto seguito una adeguata revisione delle leggi internazionali di navigazione (il nostro codice di navigazione addirittura risale al 1942), in termini soprattutto di sicurezza.

Basta pensare che queste navi, alte sessanta metri, vengono accostate a piazza San Marco di Venezia, per la comodità dei turisti, che scendono e danno da mangiare ai piccioni. Revisione della normativa che dovrebbe riguardare anche l’interno delle navi, tra cui i requisiti del personale addetto alla gestione di una massa così imponente di passeggeri. La parola garanzia dovrebbe essere la domina di una normativa rinnovata. Garanzia per l’incolumità dei passeggeri. Sulla Costa Concordia era imbarcato, dopo un corso di soli quattro giorni, personale di servizio appartenente a quarantadue nazionalità. Motivo? Con ogni unità lavorativa viene stipulato il contratto tipico dello Stato di provenienza, con enormi risparmi per l’armatore. Tremiladuecento persone affidate a un migliaio di addetti neanche capaci di comunicare tra di loro. Aggiungete un comandante inadeguato ed ecco la tragedia. La fortuna ha voluto che la nave si adagiasse su uno scoglio a cento metri dalla terraferma, altrimenti il bilancio dei morti avrebbe assunto proporzioni ben più spaventose.


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