Cosa significa rivalutare lo yuan?
La nuova battaglia che Washington ha ingaggiato con Pechino è quella per la rivalutazione della moneta cinese (yuan renminbi). Ma cosa comporterebbe tale rivalutazione? E perché gli U.S.A. premono per la rivalutazione? Luci ed ombre dell’interdipendenza economica del ’G2’.
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Procediamo con ordine.
Produzione:
Il basso costo del lavoro in Cina permette alle imprese straniere di tagliare i salari e aumentare i profitti: si produce un bene in Cina ad un costo di 41 dollari dato il basso livello dei salari e lo si vende in Occidente a 174 (costo di produzione e prezzo di vendita di un iPod nano 16GB). Il motivo principale del basso livello dei salari è l’abbondanza di manodopera: è da 20 anni che il governo cinese concentra investimenti nel settore industriale delle regioni costiere , ed è dunque massiccio il fenomeno migratorio dalle campagne verso le città. E’ la legge economica più elementare, quella dell’incontro tra domanda e offerta: se ci sono 100 lavoratori e ne servono solo 10 (se dunque l’offerta di lavoro supera la domanda), quei 10 lavoratori accetteranno salari più bassi per assicurarsi il posto. Come dicevamo in Cina gli stranieri fanno grandi affari, infatti, quando dobbiamo esprimerci sul ’made in China’ dobbiamo sempre ricordare che nel 2009 il 55,9% dell’export cinese è stato prodotto da aziende straniere con impianti in Cina. Per gli articoli high-tech la percentuale sale all’83%, per quelli elettronici al 75%. Il 90% delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti sono prodotte da imprese non cinesi.
Vendita:
I consumatori americani comprano con i loro dollari i prodotti che arrivano dalla Cina e finanziano le imprese americane che lì fanno affari. Ipotizziamo che con 1 dollaro USA il consumatore americano riesce a comprare 3 magliette made in China. Questo potere d’acquisto del dollaro di1$ a 3magliette è mantenuto in buona parte dagli ingenti acquisti cinesi di debito pubblico americano, in questo modo il dollaro è forte e la Cina risulta competitiva sul mercato. Spieghiamo cos’è il debito pubblico. In modo semplice, quando uno Stato spende una somma maggiore alle sue entrate allora genera debito. Questo debito sotto forma di Titoli viene venduto a qualcuno per diminuire lo squilibrio entrate-uscite (detto in modo molto grossolano ma efficace). Il titolo di Stato rappresenta un credito a basso rischio dunque ha più o meno lo stesso valore della moneta stampata. Ma allora se sono stati emessi Titoli di Stato e questi hanno valore di moneta significa che c’è in giro più valore monetario di quanta moneta esiste realmente. Ed il punto è qui. Finché la Cina tiene chiusa in riserva questa montagna di titoli americani (ne ha per un valore di 755,4 miliardi di dollari) - e di valuta americana per circa 2400 miliardi di dollari- senza farli circolare
A il dollaro mantiene il suo alto potere d’acquisto e
B comprare merci cinesi conviene.
Di questo scioglilingua drogato del ’tu vendi a me quello che io ho prodotto da te e io vendo a te quello che mi permette di comprare e produrre da te’ sia USA che Cina erano contenti, almeno fino a ieri.
Oggi:
Oggi, in tempi di crisi, Washington chiede di rivalutare lo yuan. Questo comporterebbe un innalzamento della competitività dei prodotti USA e al contempo ridurrebbe la competitività dei prodotti cinesi che trovano sbocco sul mercato americano. Dunque dobbiamo chiederci
A Cosa possono vendere gli americani in Cina? Funzionano le catene di McDonald’s e simili ma durano poco perché i cinesi le imitano e si prendono il mercato; è dimostrato che l’ information technology e i servizi web americani in Cina non si vendono(vedi sorte Yahoo, eBay, myspace e Google). I cinesi sono ben disposti invece a comprare tecnologia verde. Ma l’America non vuole vendere tecnologia verde perché è dual use: militarmente impiegabile.
B Perché se si rivalutasse lo yuan si comprerebbero meno merci cinesi?Perché se lo yuan sale il costo in Cina per produrre un bene aumenta e anche il prezzo del prodotto finale. Ma non solo. Se lo yuan venisse rivalutato bruscamente (alcuni economisti americani parlano anche di percentuali che vanno oltre il 30%) tutte quelle imprese occidentali stanziate in Cina e che danno posti di lavoro vedrebbero schiacciati i propri profitti agendo di conseguenza. Risultato per la Cina? Disoccupazione e brusco rallentamento economico. E per chi non ha molta dimestichezza con i meccanismi della Cina contemporanea ricordiamo che in questa specifica struttura politico-economica, si scrive rallentamento economico ma si legge agitazione sociale. Se a tutto questo con un minimo di memoria storica sommiamo il ricordo di quello che accadde all’economia giapponese già in difficoltà negli anni ’80 in seguito alla rivalutazione dello yen su pressione americana le tinte fosche del messaggio statunitense scuriscono ulteriormente.
Morale della favola: le pressioni di Washington generano ironia a Pechino e il Dragone ha la sensazione che qualcuno gli voglia far pagare il conto salato di una catastrofe finanziaria generata oltre Muraglia.
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