Cosa è Zona 30
Limiti a 30 km orari per i veicoli nei centri urbani. Ma c’entra davvero la velocità?
"Ricordo al Sindaco che a Milano la gente vorrebbe anche lavorare". Questo tra i più risonanti commenti in seguito alla proposta di istituire Zona 30 a Milano dal 2024. Dunque la velocità per il mezzo a motore come sinonimo di economia del tempo, sempre e ovunque. Ma le brevi vie del centro, anche se sgombre, costringono il veicolo a rallentare non appena acquisita la velocità. I tempi di rallentamento per il veicolo aumentano con l’aumentare della velocità; quelli di reazione per il conducente (indipendentemente dall’attenzione) hanno una loro durata fisiologica, durante la quale il veicolo veloce percorre più strada: per il pedone che attraversa, per il ciclista che svolta, significa non essere sicuri che il veicolo rallenterà per tempo. In questo senso la velocità non limitata, quand’anche non crea incidenti, impone incertezza, imprevedibilità: un disagio che si riflette specialmente sull’utenza più esposta, meno ascoltata perché certi impatti uditivi come la presenza di un pedone o di un ciclista, sono andati sommersi dai rumori della strada e suoni delle tecnologie.
Il traffico dell’imprevedibilità, ossia della paura, domina attualmente il transito. Chi abituato a muoversi senza motore se ne accorge! E non è un traffico che aiuta chi ha fretta perché continue accelerazioni e frenate impongono energia e impiego di tempo rispetto a un andamento lineare, in cui la velocità si distribuisce in base allo spazio.
Certo non mancano i motivi per contestare la zona 30 in una città come Milano. Ad esempio, come controllare chi non rispetta i limiti dal momento che i vigili in strada sono sempre meno e le telecamere non potrebbero coprire l’intero territorio? Servirebbe a intimidire l’esibizionista che accelera con impeto e che sgomma con la sua macchina sportiva? Inoltre un provvedimento come questo dovrebbe essere compensato da una rete efficiente di mezzi di trasporto pubblico, piste ciclabili adeguate; dal coinvolgimento di quell’utenza altrettanto responsabile di sinistri (pur essendone la principale vittima) come ciclisti e mono-pattinatori che transitano contromano, sui marciapiedi, che attraversano col rosso ecc. Magari imponendo loro una targa che li identifica.
Quanto però a un possibile aumento di distrazione al cellulare, come conseguenza al limite di velocità imposto, non si considera che mandare messaggi e parlare con il dispositivo in mano mentre si guida è già vietato. Questi effetti collaterali, come anche lo stato di ansia da parte di automobilisti insofferenti ai nuovi limiti, sono da attribuirsi a mentalità vigenti che forse, proprio grazie al provvedimento, potrebbero modificarsi: è curioso come automobilisti e camionisti si innervosiscano durante l’attraversamento di ciclisti o comitive di pedoni nonostante ogni giorno attendano pazientemente durante i continui rallentamenti a catena. Tali aspetti di psicologia del traffico confermano la relatività del concetto di velocità per cui, essere agili significa penetrare il traffico che non fluisce sfruttando la dimensione del mezzo prima della potenza, secondo un dato di fatto che ancora fatica ad essere accettato in contesti sociali come quello italiano.
Un aspetto positivo di zona 30, al di là degli esiti, è l’imparzialità nei confronti di automobilisti e camionisti senza distinzioni di categoria (giovani, anziani ecc.). La velocità alla guida di un mezzo potente non perdona l’imprevisto, la distrazione che, come confermato dai dati Istat, è causata in buona parte da un uso improprio delle tecnologie. Imporla al minimo farebbe diminuire gli incidenti gravi perché i tempi più corti di rallentamento comportano, se non altro, un impatto d’urto meno violento.
Certo è difficile pensare a una città in cui gli automezzi passano in minoranza, scavalcati da veicoli più piccoli, meno inquinanti, meno veloci. Eppure è quello che succede dove una mentalità di traffico più prevedibile, anche attraverso un tetto massimo della velocità già esiste, come in Austria, in Giappone. E non si tratta certo di Paesi lenti in termini di economia e progresso. Milano ha una pianta medioevale ma ha anche dei viali di grande scorrimento nelle zone più periferiche; per questo si pensa a forme di limitazione flessibili a seconda delle diverse aree urbane.
Del resto la tendenza delle città in genere va verso una mobilità leggera. Anche lì dove le regole per i mezzi a motore non sono così rigide da disincentivarne l’utilizzo.
Questo articolo è pubblicato anche su Fana.one.
- Ci sono 0 contributi al forum. - Policy sui Forum -