Contro la represssione, tornare pagani

Sacralità del corpo e liberazione del piacere

di Alberto Giovanni Biuso - mercoledì 4 gennaio 2006 - 4796 letture

«La predicazione della castità istiga pubblicamente alla contronatura. Il disprezzo per la vita sessuale, l’insudiciamento della medesima col concetto di ‘impurità’ sono, in ogni loro forma, il delitto stesso contro la vita -il vero peccato contro lo spirito santo della vita».

Così Nietzsche in Ecce homo, così quel pagano libero e benedetto che Nietzsche è stato. Un viaggio in Grecia che ho compiuto in questi giorni, nel sole e nel mare più luminosi d’Europa, mi ha ricordato che per la Grecità arcaica e omerica uno dei segni dell’essere i migliori consisteva proprio nell’assoluta innocenza nel godere ogni piacere del corpo, vale a dire dell’umano nella pienezza della sua natura.

Dopo sono venute le morali della rinuncia, dopo è accaduto che l’impulso di base della vita -la sessualità- si sia trasformato in qualcosa di sporco, fino a intere epoche nelle quali l’orgasmo è stato accompagnato dalla cattiva coscienza del peccato. È tempo di «tornare all’innocente concezione dei Greci, il cui filosofo più cupo, Empedocle, vede in Afrodite -due persone che trovano piacere l’una nell’altra- la migliore, più felice e più promettente manifestazione di questa terra».

Ancora una volta è Nietzsche a formulare questo invito. E dopo di lui un filosofo-psicologo anarchico come Wilhelm Reich ha difeso appassionatamente la potenza e l’energia dell’eros in quanto identità stessa di tutto ciò che è vivo. E allora va detto che istituzioni come il matrimonio, in particolare nella sua forma monogamica, pratiche come la castità, atteggiamenti interiori come la sessuofobia, sono semplicemente innaturali e per il tempo che si apre in questo nuovo anno l’augurio non può che essere quello di liberarsi dalle catene prima di tutto interiori che la calunnia verso il piacere ci ha iniettato come un veleno e -in questa vita miserabile, breve e soffocante- riconoscere ai nostri corpi la loro natura di macchine del desiderio ed essere felici che lo siano.

www.biuso.it


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Contro la represssione, tornare pagani
12 aprile 2006, di : Draven

Caro professore, la liberazione dei sensi e la comprensione di quanto importante, piacevole e naturale sia la sessualità fu una delle conquiste più difficili della storia, ma grazie all’apertura mentale di certi uomini e certe donne che hanno illuminato gli "sporchi" pensieri della collettività in proposito, oggi possiamo ben gridare a viva voce che il sesso non è un mero istinto né qualcosa di sporco e cattivo da abolire da noi, altrimenti dovremmo nascere senza un corpo. La differenziazione tra uomo e donna significa anche rivalutare i termini "maschio" e "femmina" che sono ingiustamente passati a indicare quasi esseri umani di second’ordine, capaci solo di accoppiarsi e generare senza avere dalla loro parte una ragione intelligente che li equiparasse ai loro più "dignitosi" simili, cioè l’"uomo" e la "donna". Quanto terrore ebbe inculcato la chiesa nella storia dell’Occidente! Quanta ipocrisia, ignoranza e superbia nel rigetto del corpo umano! Non contesto la sacralità del piacere sessuale, non condanno omosessuali né trans. Su una cosa mi rattristo: la sua definizione del corpo umano come "macchina" del piacere. No, il corpo umano è di più, molto di più di una precisissima ottusa macchina. La sua origine risiede in alto, la sua dignità è superiore a qualsiasi animale sulla faccia della Terra. Accettiamo il nostro corpo così com’è senza vergognarci dunque, o pensare di commettere peccato nella concupiscenza! Ma non dimentichiamo che il corpo è sacro, ha dignità e onore e non va equiparato alle bestie in nessun caso.
    Contro la represssione, tornare pagani
    12 aprile 2006, di : Biuso |||||| Sito Web: http://www.biuso.it

    Lei ha ragione, sono stato troppo sintetico. Chi frequenta le mie lezioni sa che con il termine "macchina" non intendo nulla di artificiale, esteriore o "bestiale". E’ una parola del lessico filosofico del Novecento (Deleuze in particolare) che utilizzo per evidenziare la continuità tra l’organico, l’artificiale e il culturale. "Macchine del desiderio" non vuol essere quindi un’espressione riduttiva (tantomeno riduzionistica) ma tutto il contrario. E sostengo anch’io la piena, integrale sacralità della fisicità umana. Noi non ci limitiamo al Koerperhaben, all’avere un corpo, ma siamo corporeità vivente e vissuta, Leibsein.
    Contro la represssione, tornare pagani
    12 aprile 2006, di : Alberto Giovanni Biuso

    Lei ha ragione, sono stato troppo sintetico. Chi frequenta le mie lezioni sa che con il termine macchina non intendo nulla di riduttivo o riduzionistico. E’ una parole del lessico filosofico del Novecento (Deleuze in particolare) con la quale intendo evidenziare la continuità tra il biologico, il culturale e l’artificiale. E sono convinto anch’io della sacralità della fisicità umana, non semplice Koerperhaben (organismo che si ha) ma Leibsein, corporeità vivente e vissuta che si è.
Contro la represssione, tornare pagani
20 aprile 2006, di : Draven

Mi piacerebbe molto sapere almeno un po’ su Deleuze. Potrebbe darmi qualche indicazione su come e che cosa reperire di questa persona? Grazie professore
    Contro la represssione, tornare pagani
    20 aprile 2006, di : Biuso

    Il testo forse più noto di Deleuze (scritto insieme a Guattari) è "L’anti-Edipo", pubblicato in Italia da Einaudi. Per le numerose altre traduzioni delle sue opere (compreso un recente "abecedario" con 3 DVD) basta una veloce ricerca qui: www.internetbookshop.it/
    Macchine desideranti e mitocondrio
    27 aprile 2006

    Gilles Deleuze parla di ’macchine desideranti’ che è una idea anche abbastanza complessa. Nell’ Anti-edipo edito da Einaudi c’è tutto. Deleuze è un sostenitore dell’antipsichiatria e si oppone alle concezioni della psicoanalisi, a suo avviso riduttive per comprendere la totalità dell’essere umano uomo o donna o transessuale o transgender (identità di genere, da distinguere dall’orientamento sessuale che può essere eterosessuale, omosessuale, bisessuale, pansessuale)che sia. Naturalmente l’interesse di Deleuze non è in merito alla sessualità primariamente, ma è volto a scoprire quali sono le chiavi che ci muovono in quanto siamo esseri che producono concatenamenti, e segni, e quindi cultura in senso lato. Dubito che Deleuze sia per una preminenza dell’umano sull’animale, dato che fino a prova contraria, veniamo dalle scimmie antropomorfe, e gli scenziati non smettono di spiegarci, in barba ad ogni possibile razzismo, che: ’Grazie al mitocondrio, centrale energetica della cellula, i genetisti hanno ricostruito l’albero evolutivo della nostra specie fino all’unico ceppo di esseri umani da cui tutti discendiamo. In un appartato angolo della costa africana o del Vicino Oriente (le ipotesi sul luogo sono ancora contrastanti) un gruppo di Erectus nel corso dei millenni aveva dato luogo ad un processo di speciazione. E’ da quel clan o tribù separata che discendiamo tutti noi, tutti gli esseri umani che oggi popolano la terra. La prova di questa comune discendenza è un organello cellulare, il mitocondrio, minuscola centrale energetica della cellula. A differenza di altrio organi cellulari, il mitocondrio è provvisto di un piccolo filamento di DNA (acido desossiribonucleico, la macromolecola che contiene il ’codice genetico’, le informazioni basilari per la ’costruzione’ di ogni essere vivente). E’ quindi probabilmente il frutto di una simbiosi avvenuta un milione e ottocentomila anni fa, al momento della nascita delle cellule eucariote, destinate a fornire poi architettura e mattoni per gli organismi pluricellulari. Il mitocondrio -a differenza del DNA del nucleo della cellula - si trasmette solo attraverso l’ovulo e non lo spermatozoo. E’ quindi solo la femmina a tramandare ai discendenti ’l’informazione mitocondriale’, e questo in un certo senso semplifica l’identificazione dell’albero genealogico genetico. Inoltre il DNA mitocondriale è soggetto a mutazioni con maggiore frequenza e regolarità di quello nucleare: è una specie di ’orologio biologico’ evolutivo. Queste caratteristiche hanno consentito ai genetisti storici delle popolazioni di rintracciare una mappa evolutiva che partendo dagli individui oggi viventi sul pianeta risale con una certa precisione agli antenati (o meglio, alle antenate) cumuni, e anche di seguire il percorso geografico del DNA mitocondriale e quindi stabilire la provenienza e i punti di confluenza dei vari ceppi e le presumibili date delle loro biforcazioni. Grazie a questo lavoro - che ha comportato l’analisi del sangue e delle cellule praticamente di tutte le popolazioni attuali - i genetisti sono giunti ad alcune conclusioni. La principale è che tutti i rami dell’albero evolutivo riconducono a un unico ceppo di esseri umani che vivevano, tra cento e duecentomila anni orsono, sulle coste africane o nel Medio Oriente. In pratica a una donna (la famosa ’Eva nera’) il cui patrimonio genetico mitocondriale era già quello dei moderni Sapiens sapiens.’ Ciao, Il mitocondrio di Minerva
    Macchine desideranti e mitocondrio
    27 aprile 2006

    http://www.filosofico.net/deleuze.htm http://www.webdeleuze.com/

    per farti un’idea da solo/a puoi visitare questi siti