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Congedarsi dai pessimisti: prassi e critica sociale

La grande sfida è individuare i canali comunicativi per renderli soggetti politici. Solo la progettualità forte, forse, può strapparli dal torpore ideologico.

di Salvatore A. Bravo - mercoledì 21 agosto 2024 - 332 letture

Dialettica e progettualità oltre la sola “ragion critica”

La trasformazione radicale in politica necessita del passaggio dal periodo di decostruzione critica del sistema politico-sociale alla prassi. Nella fase matura i due momenti sono tra di loro in feconda tensione; la progettualità senza la teoria è solo “desiderio di trasformazione” pronto a insabbiarsi per assenza di fini oggettivi e di coscienza di classe. Bisogna prendere atto che nel nostro tempo storico siamo sostanzialmente ancora nella fase negativa, ovvero una fase puramente critica che rischia di franare nello scetticismo.

Fortunatamente la storia conosce accelerazioni che sfuggono a qualsiasi analista; ci sono variabili non contemplate e in rapida ascesa che possono favorire sviluppi imprevisti. Lo spirito del tempo è la volontà della classe dominante che può essere ribaltata da una volontà-razionalità sociale più forte per consapevolezza progettuale, pertanto ogni contributo alla lotta dialettica non è mai perso, ma è parte dei processi di riappropriazione comune della coscienza comunitaria e soggettiva che il sistema ha depredato e alienato.

La fase negativa è critica sociale e disvelamento delle contraddizioni che attanagliano il nostro tempo. La critica sociale effettuata sulla rete e con la produzione libraria sono riuscite nell’intento di inoculare il dubbio anche in molti di coloro che si adattano per opportunismo o impotenza. In realtà ben pochi credono “ai nostri valori” che il mainstream acclama, in quanto si constata che quotidianamente sono calpestati e vilipesi fino a diventare uno slogan pubblicitario senza ricaduta alcuna. La critica, fase negativa, sta dando i suoi primi risultati. L’astensionismo elettorale è il sintomo evidente di un esodo ancora senza progettualità dalla cattiva politica e dalla criminale economia liberista. La produzione libraria di testi che, finalmente, denunciano le menzogne e le tragedie del sistema è ormai notevole in quantità e in qualità. In rete è possibile reperire materiale documentale in varie forme capace di “informare e di formare” ad una più adeguata coscienza storica del nostro tempo con le sue “emergenze ideologiche”.

La fase negativa sembra robusta e solida, benché debba confrontarsi con il suo limite costitutivo: essa rischia di chiudersi in nicchie. Si tratta di nicchie sempre più estese, ma il rischio di “parlare tra di noi” è autentico, ciò malgrado la forma nicchia sta trasformandosi in una opposizione popolare; essa lentamente si sta ramificando sul territorio. L’esperienza fallita del Movimento cinque stelle è il segno di una opposizione allargata e varia che vorrebbe radicarsi nel territorio e trasformarsi in prassi progettuale; Italia sovrana e popolare boicottata dai media è anch’essa una possibilità progettuale che cerca di rispondere alle tragedie etiche del nostro tempo. Le disuguaglianza scandalose e l’ateismo veritativo che ne conseguono sono il “male sociale e politico” da abbattere. La critica, pertanto non può bastare, la fase negativa è imprescindibile per la dialettica progettuale, ma è solo l’incipit dell’agire. Il negativo deve orientarsi verso la fase positiva. Il passaggio necessita dell’emancipazione dai grandi intellettuali pessimisti.

Congedarsi dai pessimisti

I grandi critici della contemporaneità che decretano l’insuperabilità del nostro tempo sono figure fedelissime al sistema, essi insegnano l’ortopedia dello scetticismo e innalzano dinanzi ai subalterni e agli infelici che sentono i morsi del sistema nelle proprie carni la legge della fatalità dinanzi alla quale curvare la schiena e sopportare l’insopportabile. Il punto di passaggio è la prassi, senza una adeguata fondazione metafisica della verità nulla è possibile. Prassi e fondazione metafisica della verità sono inscindibili. La verità consente il passaggio verso la fase positiva. La consapevolezza che l’umanità pone la storia e la significa, e pertanto può pensare la propria condizione è la condizione veritativa per trascendere la fatalità della naturalizzazione del presente. La progettualità dev’essere capace di sostenere l’urto dell’indifferenza delle nuove generazioni. Queste ultime hanno naturalizato il loro benessere, non percepiscono la violenza del sistema e il futuro che li attende e sono aggiogati al sistema mediante la pedagogia dell’individualismo competitivo.

La grande sfida è individuare i canali comunicativi per renderli soggetti politici. Solo la progettualità forte, forse, può strapparli dal torpore ideologico.

L’azione per l’azione senza la chiara e lucida consapevolezza che il tempo nuovo è nella storia e solo l’umanità può progettarlo, non può che essere fallimentare. Bisogna superare la scissione tra coloro che si limitano alla critica sociale e coloro che afermano la sola priorità dell’azione. La concretezza metafisica deve scacciare l’astrattezza del nichilismo crematistico che con la sua parcellizzazione della realtà storica la rende irrazionale e mortamente fatale. La fase positiva necessita di definire il progetto in relazione alla fondazione veritativa, essa è costruzione di fini oggettivi e condivisi e superamento del soggettivismo nichilista e liberista. Necessitiamo dunque di avviare in modo robusto questa nuova fase.

È la fase più difficile ed irta di ostacoli, in quanto si tratta di elaborare “il nuovo”, formare una nuova classe dirigente e nel contempo individuare punti di accordo programmatico tra le diverse anime dialettiche. Il punto fermo comune è il congedo dall’esperienza del comunismo reale; il passato non tornerà più, pertanto l’esperienza comunista dev’essere ripensata per non cadere negli errori medesimi. Il comunismo reale va conservato per pensare il nuovo. Ripensare l’esperienza comunista è processo dialettico con cui approdare a una nuova progettualità comunista.

Trappole ideologiche

Il comunitarismo democratico come correttivo degli errori del comunismo reale è una delle piattaforme filosofiche politiche possibili su cui incontrarsi per delineare l’uscita dal totalitarismo liberista. Dobbiamo progettare per riprenderci il futuro, a tal fine è necessario non cadere nelle trappole ideologiche del liberismo.

Lo scetticismo e il pessimismo paralizzante sono l’effetto possono essere letali quanto il postmodernismo che ha cancellato la dimensione del futuro. L’ipertrofia della fase negativa rischia di essere la complice segreta del consolidamento del capitalismo, solo la critica che defatalizza e fonda la progettualità su fondamenta metafisiche può condurre fuori dal degrado antropologico e sociale del capitalismo. La storia è Wirklichkeit è coscienza storica che trasforma e apre a nuovi orizzonte. Lo spirito della storia è prassi, se la progettualità è pensata nell’immanenza della medesimo. La semplice critica rischia di congelare la storia in un eterno presente all’ombra della disperazione. L’umanità fa la storia, ma per progettare dev’essere motivata alla fiducia verso il futuro, tale fiducia non cade dal cielo, non è il frutto necessario della storia, ma è teoria-prassi.

Senza idee forti l’azione è cieca come la talpa della storia; la fiducia nella prassi è nello sguardo di chi scruta il domani e lo pensa nell’azione del presente. Il pessimismo fatalista è l’effetto dell’ipercriticismo senza prospettive, ed è il mezzo con cui il capitalismo raffredda la corrente calda della storia e conduce i subalterni a sgomitare per accedere al trogolo.

La soglia di passaggio verso il futuro è nell’umanità resa consapevole delle contraddizioni dalle quali è reificata.

La metafisica invoca il superamento di derive soggettivistiche e narcisistiche che hanno frammentato l’opposizione al capitale fino a renderla interscambiabile. La progettualità comunista e la lotta presuppongono l’emergere della comunità come soggetto politico forte; il comunismo è partecipazione, è umanesimo in cammino non a voce unica, in quanto la radicalità del comunismo non può ammettere forme di leaderismo, ma deve trasformare la democrazia popolare in realtà sin dai suoi esordi e non può incagliarsi nell’economicismo e nella sola soddisfazione dei beni primari. L’errore del comunismo reale è stato l’aver puntato alla sola soddisfazione di essi, in tal modo nella competizione con il liberismo è stata perdente.

Il comunismo della qualità con la partecipazione al progetto comunitarista dimostra la disumanità del capitalismo e, specialmente, favorisce la pubblica consapevolezza che l’essere umano è logos, è partecipazione razionale alla vita comunitaria che non può che essere di condivisione attiva. Per passare dalla critica al progetto dobbiamo confrontarci con il pessimismo critico dei nostri giorni e a tal fine dobbiamo “ascoltare” fortemente noi stessi per non cadere nelle trappole del capitale. Le parole di Gramsci ci rammentano che la storia può cambiare percorso, ma senza la volontà di avanzare nulla è possibile, la volontà non è forza muscolare, è capacità analitica e forza ideale:

La tua lettera e ciò che mi scrivi di Nannaro mi hanno interessato molto, ma anche maravigliato. Voi due avete fatto la guerra: specialmente Nannaro ha fatto la guerra in condizioni eccezionali, da minatore, sotto terra, sentendo attraverso il diaframma che separava la sua galleria dalla galleria austriaca il lavoro del nemico per affrettare lo scoppio della mina propria e mandarlo per aria. Mi pare che in tali condizioni, prolungate per anni, con tali esperienze psicologiche, l’uomo dovrebbe aver raggiunto il grado massimo di serenità stoica, e aver acquistato una tale convinzione profonda che l’uomo ha in se stesso la sorgente delle proprie forze morali, che tutto dipende da lui, dalla sua energia, dalla sua volontà, dalla ferrea coerenza dei fini che si propone e dei mezzi che esplica per attuarli - da non disperare mai più e non cadere più in quegli stati d’animo volgari e banali che si chiamano pessimismo e ottimismo. Il mio stato d’animo sintetizza questi due sentimenti e li supera: sono pessimista con l’intelligenza, ma ottimista per la volontà. Penso, in ogni circostanza, alla ipotesi peggiore, per mettere in movimento tutte le riserve di volontà ed essere in grado di abbattere l’ostacolo. Non mi sono fatto mai illusioni e non ho avuto mai delusioni. Mi sono specialmente sempre armato di una pazienza illimitata, non passiva, inerte, ma animata di perseveranza” [1].

Il compito è arduo; ciascuno può contribuire alla svolta, è l’insieme coordinato dell’azione che può condurre al progetto, ciascuno è chiamato a partecipare secondo le proprie capacità, la propria consapevolezza e la propria disponibilità; è la totalità concreta a determinare la prassi; nella totalità concreta c’è ogni persona che persegue il bene collettivo, ogni apporto è fondamentale per uscire dalla disumanizzazione del mondo a forma di capitalismo.

[1] Antonio Gramsci, lettera a Carlo Gramsci, 19 dicembre 1929.


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