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Come due quotidiani raccontano la vicenda Cuffaro

Analisi giornalistica del diverso modo di porre la vicenda Cuffaro da parte di due importanti quotidiani: "il Manifesto" e "la Sicilia".

di Serena Maiorana - mercoledì 3 novembre 2004 - 4521 letture

Nella sera di mercoledì tre novembre si sono imposti alla mia attenzione due articoli di due diversi quotidiani nazionali. Diverse le testate ("La Sicilia" ed "Il Manifesto"), diversi gli autori, identico però l’argomento: il rinvio al giudizio di Totò Cuffaro, presidente della regione Sicilia.

L’argomento, è chiaro, è di importanza nazionale, oltre che di una certa gravità. Ciò non toglie però che a sollecitare tanto la mia attenzione ci fosse anche dell’altro. Cosa fosse è presto detto. Sembrerebbe ovvio supporre (ed infatti io lo supponevo) che, dato il punto di partenza comune, i due articoli si somigliassero. Ed invece no, i due articoli non si somigliavano proprio per niente. Eppure in entrambi i casi si trattava di articoli di cronaca su una notizia del giorno, qualunque buon manuale di giornalismo li avrebbe voluti vicini, se non nelle conclusioni (che comunque un bravo cronista dovrebbe risparmiare ai suoi lettori) almeno nella struttura. "La notizia e non la divagazione o l’opinione" è questa la prima regola che un cronista dovrebbe sempre tenere a mente.

Ora: posso anche capire che secondo qualcuno le regole sono fatte per essere infrante ma qui c’è proprio qualcosa che non funziona. Così (vuoi per pedanteria, vuoi per onor di cronaca) noi del "Girodivite" abbiamo deciso di esaminare attentamente i due articoli in questione, ai fini (e non essendo il mio un articolo di cronaca questi fini sono, in questo caso, ben leciti) di mettere in chiaro la differenza tra ciò che è e ciò che appare, tra ciò che accade e ciò che di quell’accaduto ci viene detto. Va detto in anticipo che chi scrive sente più vicine motivazioni e modalità dell’articolo del "Manifesto", onde evitare possibili polemiche successive su una presunta faziosità che viene invece ammessa e che non credo possa troppo ledere un’analisi, quando questa parte da presupposti tecnici. Dunque incominciamo.

Innanzitutto il titolo: se "il Manifesto" fa una scelta semplice ed intitola il suo articolo "Totò Cuffaro rinviato a giudizio", "La Sicilia" rende subito evidenti le sue posizioni con un titolo che suona così: "Cuffaro: dimostrerò la mia innocenza". Per non lasciare alcun dubbio inoltre il titolo viene anche anticipato da due dichiarazioni scritte in alto, in grassetto e in rosso. Una è dello stesso Cuffaro, che ribadisce la sua innocenza, l’altra è di Padre Pintacuda, che ribadisce l’innocenza di Cuffaro.

Proviamo ora a leggere gli articoli per capirci meglio qualcosa. Sarebbe bene riuscire a sapere, ad esempio, tempi e motivazioni del processo, i nomi degli altri indagati, chi ha condotto l’inchiesta, le prove a carico dell’imputato. Tutte informazioni indispensabili in un articolo di cronaca su un processo. Infatti "il Manifesto" prova a spiegarci (come hanno fatto molti altri quotidiani), passo passo, tutte le fasi dell’inchiesta e tutte le notizie a riguardo.

E chi invece ha letto "la Sicilia" cosa è riuscito a sapere? Assolutamente nulla. O meglio nulla di ciò che riguarda i fatti del processo, visto che quest’articolo riporta solo opinioni a riguardo. C’è innanzitutto l’opinione dello stesso Cuffaro che continua a predicare la sua innocenza. Si unisce poi a lui un caloroso gruppo di amici e fiduciosi pronti a sostenerne la difesa. Niente motivazioni, niente domande. Il tutto prosegue per ben due colonne e mezzo in un articolo che, in totale, ne conta tre. Un bel record. Le poche righe che restano sono dedicate all’opinione (subito confutata) di chi la pensa diversamente. Alla faccia della cronaca, della parcondicio, del buon senso e del rispetto per chi legge.

Alle motivazioni vere di accusa e difesa nell’ambito processuale il quotidiano lascia solo lo spazio di una breve scheda nella pagina successiva e chi volesse capirci qualcosa dovrà confrontarsi con arcaismi e latinismi degni del peggior Azzeccagarbugli più che di un giornalista.

Peccato, perché a questo punto ad essere messa in discussione non è la legittimità dell’opinione di qualcuno, quanto l’importanza dell’informazione in sé. Ed ora non rimane che porsi una domanda: cosa resta da fare a chi sul caso Cuffaro volesse farsi una sua opinione, indipendente da quella altrui? Dovrebbe forse limitarsi a leggere solo "il Manifesto"?


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