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Come Eracle e Iolao

Dedichiamo la rubrica "La poesia della settimana" ad un poeta calabrese ma messinese d’adozione: Pasquale Ermio.

di Piero Buscemi - martedì 11 ottobre 2011 - 3878 letture

Le poesie, poi, non si deve cercare di spiegarle, come sosteneva Neruda. Devono suonare in testa come una ninna nanna e rimanere dentro la propria anima per sempre. Le poesie di Pasquale Ermio raggiungono facilmente questo obiettivo.

C’è un forte messaggio comunicativo nei suoi versi. Al di là della metafora del mito che riprende il titolo della raccolta. C’è la voglia dell’autore di interagire con l’universo dei sentimenti, che da sempre, unisce gli esseri umani, più di quanto si possano illudere di negare.

E Pasquale Ermio si affida e si abbandona al suo verbo, a volte, quasi sincopato. Si traveste da pittore dell’anima e traccia sulle nostre esistenze assenti, segni di riflessione su tutto il nostro quotidiano amorfo, se non addirittura vuoto.

O alterna un ruolo da regista dei sentimenti, quelli che non abbiamo più il coraggio di fare nostri. Senza pudore, il poeta calabrese ci guarda negli occhi scavando e fotografando attimi di un vivere che non sa più leggere tra i disagi di scarne esistenze che si trascinano, tra un formalismo di circostanza e la paura sottomessa di esternare un pensiero.

Immagini in parole. Una appoggiata all’altra, a sostegno di una sensazione interiore, che appare fin troppo riduttivo definirla solo un’emozione. Trascinati dai suoi fotogrammi letterari, finiamo per esserne catturati. Coscienze lacerate che provano a ritrovare un’identità pensante, contro ogni forma stupida di distrazione dal mondo, mentre la vita degli altri ci scivola addosso, quasi come un fastidio da evitare.

Pasquale Ermio ce la dona la sua vita. Verso dopo verso. Nelle sue liriche non traspare mai un giudizio da ricambiare. E’ solo un trascinarsi descrittivo, del quale, si finisce per non poterne fare più a meno.

Tra le tante, vogliamo segnalarne una dal titolo emblematico "Fine".

Fine

A cosa serve credere o non credere
 resistere alla falcidia inesorabile
 che tronca ogni accenno di germoglio
 e suggella il fallimento di ogni onesto tentativo?

Quando non mi vedrete
 non cercatemi nell’eden perché
 non mi sarà mai mostrato.
 Non cercatemi all’inferno perché non mi troverete.

Sarò nel limbo
 a confondermi tra le anime anonime
 per non essere più nemmeno cercato.

Pasquale ErmioPasquale Ermio. Nato a Nicastro (Cz) il 26 luglio 1963, vive da tempo e stabilmente a Messina. Nella vita è un medico veterinario. Vincitore e segnalato in diversi premi letterari, ha pubblicato Venti in versi (Kimerik, 2008) e Come Eracle e Iolao (Kimerik, 2010).

Partecipa da anni a vari incontri poetici e culturali, girando per la Sicilia e il resto d’Italia. Con i proventi delle vendite dei suoi libri, sostiene l’Airc (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro).


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