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Ciao Fernanda

Addio a Fernanda Pivano, la scrittrice e traduttrice italiana che ci ha fatto conoscere Hemingway e Jack Kerouac.

di Redazione Zerobook - mercoledì 19 agosto 2009 - 2478 letture

Si è spenta a 92 anni in una clinica privata di Milano dove era ricoverata da tempo. La celebre critica, traduttrice, scrittrice e giornalista era nata a Genova il 18 luglio 1917. Trasferita da adolescente a Torino, dove nel 1941 si era laureata con una tesi in letteratura americana sul capolavoro di Herman Melville "Moby Dick" che venne premiata dal Centro di Studi Americani di Roma.

Grazie a lei sono state pubblicate e diffuse in Italia le opere degli autori della Beat Generation americana, come Edgar Lee Masters, di cui ha tradotto la "Spoon River Anthology" , e Hemingway, con cui aveva instaurato un rapporto professionale e di amicizia, curando poi la traduzione dell’intera opera dello scrittore.

Fernanda Pivano ha anche curato la traduzione per la Mondadori dei principali libri di Francis Scott Fitzgerald: "Tenera è la notte", "Il grande Gatsby", "Di qua dal paradiso" e "Belli e dannati". Fernanda Pivano è stata anche autrice di opere di narrativa: nel 2008 è stata pubblicata "Diari (1917.1973)" a cura di Enrico Rotelli con Mariarosa Bricchi e contributi di Erica Jong, Bret Easton Ellis, Jay McInerney, Gary Fisketjon per Bompiani.

Sul sito ufficiale della scrittrice e traduttrice si legge: "Con molto dolore per i morti e per la tragedia devo dichiararmi perdente e sconfitta perche’ ho lavorato 70 anni scrivendo esclusivamente in onore e in amore della non violenza e vedo il pianeta cosparso di sangue".

Furono le sue parole di commento sull’attentato delle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001.

Giovane studiosa dell’America e desiderosa di incontrare dal vivo, sul campo, i maestri di una narrativa che in Italia si era appena cominciato a conoscere, grazie a Cesare Pavese ed Elio Vittorini.

Immediatamente scopre un mondo, di sogni, ideali, valori, che non si stancherà più di celebrare: dal pacifismo di Norman Mailer, maestro riconosciuto della narrativa americana, amato e contemporaneamente odiato dalla beat generation degli anni sessanta, che a lui e al suo antiimperialismo si rifece, all’esempio di inesausta sete di nuovo e di autenticità del mito vivente Ernest Hemingway.

Dai guru della beat generation Ginsberg, Kerouac, Corso, Ferlinghetti, uomini che in nome di un’idea di ritorno all’essenzialità dell’Uomo, in contrasto con i pregiudizi del consumismo capitalistico, hanno vissuto e scritto senza distinguere fra arte e vita, a Don DeLillo e ai minimalisti. Un nuovo viaggio americano, insomma, fra le contraddizioni e le speranze segrete di quel grande, osannato e temuto paese che è, da sempre, l’America".

Per non dimenticare la grande amicizia che l’ha tenuta vicino alla poetica del compianto Fabrizio De Andrè. Con Fernanda Pivano, scompare forse l’ultima testimonianza di un modo più nobile di concepire la letteratura. Mera espressione d’arte, poco adatta al fenomeno commerciale da supermercato dei nostri tempi.


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