Ci lascia un altro pezzo da 90 (° minuto) del giornalismo sportivo

Alla soglia degli 84 anni, se ne va l’icona sportiva del calcio Napoli, Luigi Necco.
In tempi non sospetti, lo si vedeva in quei tre minuti scarsi di servizio riepilogativo, concessi agli inviati dislocati sui campi di calcio della serie A dall’estroso burattinaio del programma più amato dagli italiani calciofili, il mitico 90° minuto, Paolo Valenti.
- necco
Sagoma che bucava la schermo, un faccione verace e una dialettica che, volutamente, doveva solo in parte nascondere la napoletanità del suo dna. Lugi Necco rientrava tra quei giornalisti sportivi che ci hanno raccontato le gesta dei protagonisti delle arene di calcio. Accostabile a quella generazione di commentatori sportivi quali Tonino Carino, Beppe Viola, Marcello Giannini, Gianni Vasino e tutte quelle voci del giornalismo italiano che seppero spaziare tra la cronaca o l’attualità, prestando la loro professionalità ad argomenti ludici che, da sempre, allontanano gli italiani dai problemi della settimana.
Erano tempi in cui le sapienti parole utilizzate durante i servizi riepilogativi, che raccontavano in pochi minuti le emozioni di novanta minuti di trepidazione, sollecitavano la fantasia degli ascoltatori, posti in posizione di sudditanza ed impegnati con la mente a trasformare in immagini le ricostruzioni della cronaca di una partita di calcio, spesso colorate di enfatizzazioni e aneddoti che rendevano magico tutto il carrozzone dello sport più seguito dagli appassionati.
La sua mano a coprire la telecamera, alla fine di ogni collegamento del dopo partita dallo stadio San Paolo di Napoli, quella mano che non segnava solo un saluto virtuale con gli spettatori da casa, ma era un gesto di contatto umano che trapelava l’umiltà e la familiarità di un uomo contemporaneo alla nostra adolescenza e crescita, facendocelo sentire come uno dei tanti compagni da bar delle domeniche sere, con i quali commentare risultati, sogni, colpi di classe e polemiche.
I uaglion’ dietro la sua postazione, con quello sfondo desolante dello stadio vuoto, che riuscivano a portarci nelle nostre case i fragori e le urla degli spalti, anche solo per quei pochi istanti del servizio giornalistico. Era tutto un mondo che riusciva ancora a camminare con i piedi per terra. Che invadeva la vita privata degli italiani durante i fine settimana, bissando l’invasione solo in occasione delle partite delle coppe europee del mercoledì. Che obbligava, anche quei personaggi più ottusi e svogliati del pubblico sportivo, ad integrare ed elemosinare notizie e retroscena, e scoop ed anteprime, dai quotidiani sportivi del lunedì, nei quali si cercavano le risposte per giustificare cocenti sconfitte, o esaltarsi con i successi delle squadre del cuore.
Che qualcosa sia cambiato in questo mondo di palloni, scarpette, calzoncini, e che questo cambiamento non ha significato obbligatoriamente un’evoluzione, ce ne siamo accorti tutti. Anche coloro che stanno provando a riportare l’attenzione verso il calcio in qualcosa di più folcloristico e oggetto di una spontanea risata sdrammatizzante. Trasmissioni come "Quelli che il calcio..." hanno dovuto ricorrere a questi megaliti del giornalismo sportivo per i loro sarcastici collegamenti dagli stadi. Necco con un vassoio di sfogliatelle a fingere di commentare una partita di calcio. O Sandro Ciotti a sfilare con la sua affezionata camicia anni ’70. Personaggi che hanno urlato in silenzio, con la loro sarcastica intelligenza, la semplice verità che vuole il calcio, e lo sport in genere, un semplice ed ingenuo gioco.
Personaggi di un mondo che ha aggredito la nostra nostalgia. E come si dice in questi casi, provare nostalgia vuol dire soltanto che stiamo invecchiando. Addio Luigi Necco, da Napoli è tutto, a voi studio...
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