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Chopin e Leopardi, uniti dal “Notturno”

Trattasi di una melodia cantabile ed espressiva che tiene insieme una serie di piccoli momenti lirici pervasi da malinconia, cupezza, mistero ma anche sogno e limpidezza.

di Orazio Leotta - martedì 9 ottobre 2012 - 19654 letture

Chopin e Leopardi: nati a dodici anni di distanza ma coetanei nella morte, per entrambi giunta a soli trentanove anni. Fra i massimi esponenti del romanticismo, ciascuno nella sua arte, sono accomunati dai cosiddetti notturni. Nel romanticismo chopiniano Chopin.jpgil notturno è considerato la composizione più emblematica: una sorta di diario intimo che manifesta di volta in volta le emozioni recondite del compositore, intime e crepuscolari, ora più sognanti (opera 9 n.2 in Mi bemolle Maggiore o l’opera 55 n. 2 in Mi bemolle Maggiore) ora più cupe (opera 48 n.1 in Do Minore), ora più enigmatiche (opera 9 n.3 in Si Maggiore).

Trattasi di una melodia cantabile ed espressiva che tiene insieme una serie di piccoli momenti lirici pervasi da malinconia, cupezza, mistero ma anche sogno e limpidezza. Si può in sintesi ripercorrere e riassumere l’intera vita di Chopin lasciandosi trascinare dalla successione dei suoi notturni. Ispirati alla notte, come si evince dal nome, ne furono composti (per pianoforte solo) ben 21 dal compositore polacco. Tema ricorrente il bel canto italiano e lo spirito del suo popolo. Il notturno, invece, nella sua accezione letteraria esiste fin dai tempi dell’antica Grecia ( vedi Alcmane); anche il poeta latino Orazio ne compose uno (più tendente alla satira, etichettato dai posteri come “beffardo”); in epoca “romantica”, qual è la prima metà dell’ottocento, esso assume connotazioni ben precise lasciando trasudare quel carattere malinconico, elegiaco, patetico, languoroso, ma soprattutto “paesaggistico” che rinveniamo in alcuni componimenti poetici di Giacomo Leopardi. giacomo_leopardi[1]

“Dolce e chiara è la notte e senza vento/ E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti posa la luna/ E di lontan rivela serena ogni montagna/ O Donna mia, già tace ogni sentiero, e pei balconi, rara traluce la notturna lampa…”: sono i primi versi di “La Sera del Dì di Festa”, esempio di notturno leopardiano. Al termine di una dura settimana lavorativa, ognuno cerca sollievo nel sonno, ma non lui, che non riesce a dormire perché si strugge per un amore non ricambiato. Con pochi versi il poeta racconta un classico notturno italiano notturno.jpg fatto di luce riflessa dalla luna, di montagne, di tetti, di orti, di cieli stellati. A voler essere pignoli, tuttavia, dobbiamo aggiungere che i cosiddetti paesaggi leopardiani più che esteriori sono interiori, nel senso che non essendo egli un poeta realista, non descrive i paesaggi così come realmente sono ma mette in luce quegli aspetti che più degli altri hanno risonanza nel suo spirito. Così vale anche per “Ultimo canto di Saffo” o “Alla Luna”. Giacomo Leopardi, il più “musicale” dei poeti; Chopin, il poeta del pianoforte.


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