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Carriglio dirige L’Orestiade di Eschilo

Stagione INDA 2008 - Coefore e Eumenidi (una scusa per parlare di legalità e democrazia)

di Donatella Guarino - martedì 20 maggio 2008 - 5604 letture

In questo mese di maggio, caldo di giorno e freddo di sera, al Teatro Greco di Siracusa è di scena L’Orestiade di Eschilo, trilogia tradotta dal greco in modo avvincente e istintivo da Pier Paolo Pasolini. Agamennone si alternerà a Coefore e Eumenidi con repliche fino al 22 giugno.

Un castello con una scala obliqua che lo sovrasta è il luogo nel quale si avvicendano le azioni. Prevale il colore bianco, che abbaglia e che accoglie. Di fianco una torre. Così si presenta la scenografia di Pietro Carriglio (nella foto), costumista nonché regista dello spettacolo.

Si tratta di una scommessa (vinta) di Pietro Carriglio. Artistica e civile, legata alla terra di Sicilia (e alle vicende italiane del momento).

Il caso ha voluto che durante lo spettacolo fossi seduta nella cavea in un posto di tutto riguardo. Mi sono ritrovata di fianco lui, Pietro Carriglio. Mi piaceva, di tanto in tanto, osservare il suo modo di stare là, speciale spettatore del suo spettacolo. Padre di quegli attori in scena, deus ex machina degli eventi che porteranno al funesto matricidio compiuto da Oreste.

C’era un certo pathos... nel suo modo di essere là. A tratti la testa china, le mani incrociate sulla fronte…Diceva anche qualcosa. Sottovoce. Ed era emozionato. Alla fine dello spettacolo ha ricevuto parecchi applausi, tante manifestazioni di affetto. Io gli ho fatto i complimenti per i costumi (bellissimi ed eleganti quelli color sabbia delle Coefore e quello grigio di Atena di Eumenidi). Mi ha sorriso affermando che sperava mi fosse piaciuto anche altro.

Coefore ed Eumenidi sono fatti bene. Il cast si ripete. E’ lo stesso di Agamennone. Luca Lazzareschi e Galatea Ranzi sono rispettivamente Oreste ed Elettra/Clitennestra.

Così con Oreste e Pilade presso la tomba di Agamennone ha inizio Coefore. Poi Elettra si avvicina: “Io sono viva e schiava, Oreste vivo e in esilio”. Ma presto si incontrano. Il matricidio è consumato per mano di Oreste.

Con un leggero cambio di scena inizia le Eumenidi. Le erinni non perdonano Oreste. C’è lo spettro di Clitennestra che dà le spalle al pubblico. E Atena (Elisabetta Pozzi) che stabilisce di convocare i cittadini migliori per esprimere un giudizio sull’omicidio consumato. “Un lungo apprendistato del dolore mi ha insegnato quando tocca parlare e quando tacere” sono le parole dell’eroe che aspetta di essere giudicato. La maledizione si trasforma in benedizione.

La danza tormentata delle Erinni è emozionante e accompagna in crescendo la tragedia, il dolore e infine l’assoluzione. La musica di Matteo D’Amico, eseguita dal Sestetto Palermo Art Ensemble, ha avuto un ruolo di primo piano e funzionale in tutta la scena.

All’attrice Giuliana Loiodice (nella foto) sono affidate le parole conclusive dello spettacolo: “Il regno della legge è iniziato”, riflessioni tratte dal saggio “Eschilo e Atene” di George Thomson sulla nascita della democrazia.

Al Teatro Greco – come sempre – pare che il tempo si sia fermato. La famiglia, la democrazia e la legalità sono i temi esplicitati. Lo spettacolo, però, è un’occasione per riflettere su cosa significhi nel presente tutto questo.


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