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Carcere. Bmw, Porsche e braccialetti elettronici

Cosa se ne fanno al Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, di 36 auto Bmw 330i e 2 Porsche Cayenna?

di Adriano Todaro - martedì 29 gennaio 2008 - 3689 letture

Cosa se ne fanno al Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, di 36 auto Bmw 330i e 2 Porsche Cayenna? Bella domanda. Difficile da rispondere anche perché il Guardasigilli non c’è più. Le Bmw di grossa cilindrata sono state assegnate ai Provveditorati regionali nella misura di 2 ogni provveditorato. Le Porsche Cayenna, blindate, sono finite a Roma. Secondo la denuncia di Giampietro Pegoraro, segretario regionale della Funzione pubblica-Cgil del Veneto, le auto sono state tutte prese in leasing per la modica cifra di mille euro al mese e tutte sottoutilizzate. Ogni mese, quindi, il ministero della Giustizia sborsa – solo per le Bmw perché non conosciamo i dati delle Porsche – 36 mila euro.

Come si vede nulla di nuovo. Continuano gli sprechi da una parte e i guadagni dall’altra perché, come abbiamo spesso ripetuto, il carcere, per molti, è un grande affare.

L’ex ministro Clemente Mastella ha dichiarato che è stato colpito perché dava fastidio. Non sappiamo se dava fastidio. Certo è, che non è cambiato nulla. Ogni mese, nelle carceri, entrano, come detenuti, più di mille persone. Le carceri sono sempre più piene e, quindi, più invivibili. I suicidi vedono protagonisti non solo i detenuti, ma anche gli agenti di polizia penitenziaria.

E non ci sono solo i suicidi. Secondo un rapporto della Simspe, la Società Italiana di Medicina e Sanità Penintenziaria, più della metà della popolazione carceraria, è affetta da svariate patologie. Aumentano i detenuti affetti da epatite C, molto pericolosa se consideriamo che una volta all’esterno, i detenuti potrebbero infettare familiari e amici. A questa si aggiunge un’altra malattia legata allo stress, la psoriasi, malattia cronica della pelle e poi, ancora, depressione e disturbi psicologici, problemi cardiovascolari e osteoarticolari.

Eppure, invece d’intervenire in questo campo, si acquistano inutili auto tenendo conto che i mezzi in dotazione alla Polizia penitenziaria sono obsoleti e inquinanti. Non solo. Le divise degli agenti arrivano con il contagocce e fuori misura. Addirittura, qualche tempo fa, sono arrivati giacche a vento con le mostrine della Polizia di Stato e non della Polizia penitenziaria e, quindi, sono state ritirate.

In compenso il ministero ha deciso di ripartire con la sperimentazione del controllo a distanza, quello dei braccialetti elettronici. Per fortuna la sperimentazione si farà solo a Milano e non, come nel passato in diverse città italiane. Saranno 400 i braccialetti sperimentati su altrettanti detenuti e l’auspicio è che possa funzionare meglio di sette anni fa.

In quel periodo, nel 2000, ministro della Giustizia Piero Fassino, un decreto legge del 24 novembre prevedeva l’uso dei braccialetti elettronici o meglio delle cavigliere. Le misero in funzione, con molta calma, sette mesi dopo, il 2 maggio 2001 su 350 detenuti dando sicurezza a tutti che erano a prova di manomissione. Poche settimane dopo un colombiano agli arresti domiciliari si diede alla fuga e il 2 luglio 2002 un boss della mafia altrettanto, mentre era ricoverato per Aids all’ospedale Sacco di Milano.

I braccialetti ci costavano 30 euro al giorno di affitto. In realtà sembra non siano stati pagati del tutto visto che una delle ditte fornitrici, l’inglese On Guard Plus, aveva sospeso la fornitura perché, appunto, non veniva pagata.

Ora si riparte con 400 braccialetti. Non sappiamo quanto costeranno e se saranno a prova di manomissione. Con certezza, però, sappiamo che gli eventuali evasi saranno rincorsi con le Bmw 330i e con le Porsche Cayenna.


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