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Binomi di parole (7): Prolasso e Prosecco

Ragioniamo ancora sui prefissi. Stavolta però sono i prefissi a essere uguali, e i termini a cui sono associati a divergere.

di Alessandra Calanchi - sabato 4 novembre 2023 - 551 letture

Ragioniamo ancora sui prefissi. Stavolta però sono i prefissi a essere uguali, e i termini a cui sono associati a divergere.

PRO dà subito un’idea positiva – buon pro ti faccia, pro e contro – ma a ben vedere può anche indicare uno stato d’animo poco allegro (ho un problema alla prostata). E difatti, laddove PROsecco evoca le bollicine, l’aperitivo, la cena a due, la comitiva gozzovigliante, PROlasso indica che qualcosa ha ceduto, che è in crisi, che ha subito una caduta (me lasso! me tapino! Piangeva zio Paperone quando la Banda Bassotti gli svuotava il deposito), e difatti abbiamo il prolasso dell’utero, della vescica, della valvola mitralica e di altre parti del corpo. Che “cadono in avanti”. Sì, perché le parti del corpo cedono. Non abbiamo solo le rughe, abbiamo anche organi che perdono elasticità, che gliela danno su come dicono gli inglesi (give up) mentre in realtà collassano. Giù, sempre più giù.

Il prosecco è tutt’altra cosa. Un vero, autentico prodotto del made in Italy!

E invece no. Il prosecco nasce a Prosek, in Slovenia, nel XVII secolo. Ma no, che dico? Il prosecco nasce a Prosecco, quartiere di Trieste. Nel 2021 scorrono fiumi di inchiostro sui giornali e dichiarazioni martellanti alla televisione sullo scontro tra il Prosecco e il Prošek. Intervengono ministri e sindaci, editorialisti ed eurodeputati, produttori e associazioni di categoria. La Commissione europea decide di proteggere quel vino croato che «minaccia» il Prosecco, ma il Prošek non è in realtà uno spumante che vuole rivaleggiare col Prosecco. La storia dei due vini è molto intrecciata.

Alla fine del Cinquecento, nella Repubblica di Venezia tra i vini che vanno di moda c’è il Prosecco, un vino liquoroso che deve il suo nome a una località, Prosecco (la traduzione italiana del toponimo sloveno Prosek, che significa «zona disboscata»), che si trova vicino a Trieste e che oggi fa parte del comune.

Finché, nel 1821, un viticultore francese fa a Trieste l’esperimento della spumantizzazione del Prosecco (racconta Fulvio Colombo) e nasce così il Prosecco moderno, che si diffonde in tutto il Triveneto. Cosa succede al Prosecco dalmata, col tempo detto Prošek? «Rimane un vino dolce, non “evolve”, diciamo, in spumante», risponde Colombo, secondo cui “il Prošek è una sorta di fossile enologico”.

Il punto di vista croato è diverso. Oltre Adriatico, il Prošek è un vino di nicchia, che compare in alcune ricette (ad esempio in quella della pašticada, altro ponte tra il Veneto e la Dalmazia) e che si beve raramente. Lo si produce e lo si mette da parte quando nasce un figlio, per berlo al suo diciottesimo compleanno, lo si sorseggia quando si è ammalati, lo si usa per cucinare… Ambrato e dolce, il Prošek è prodotto lasciando appassire i grappoli sui rami oltre il periodo di maturazione [1].

Mentre le nazioni litigano, il cambiamento climatico prende la palla al balzo e decide per conto suo: comunque vadano le cose, comunque lo chiamiate, quest’anno non sarà una buona annata per il prosecco: la vendemmia è stata la peggiore degli ultimi 40 anni. Fatevene una ragione. Buttatevi sugli spritz [2].

E così, col prosecco che prolassa, non avremo nemmeno le bollicine per consolarci.

Mentre il mondo, là fuori, prolassa per mano nostra.


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