Bandiere della Palestina al porto di Trieste in occasione dello sciopero dell’USB contro guerra e genocidio
Lo sciopero nazionale indetto dall’USB, che ha coinvolto tutte le categorie lavorative, ha trovato nella città giuliana uno dei suoi epicentri più significativi.
Un fiume di bandiere palestinesi ha invaso il porto di Trieste nella mattinata del 22 settembre 2025, trasformando il cuore produttivo e logistico della città in un presidio di lotta contro la guerra e il genocidio in corso a Gaza. Lo sciopero nazionale indetto dall’USB, che ha coinvolto tutte le categorie lavorative, ha trovato nella città giuliana uno dei suoi epicentri più significativi.
In migliaia si sono radunati davanti al varco 4 del porto, fermando di fatto il traffico dei Tir: prima rallentato, poi definitivamente deviato. Un corteo pacifico si è spostato verso Campo Marzio, mentre circa 200 manifestanti rimasti nei pressi del porto sono stati caricati dalla polizia intorno alle 13. Una scena che stride con i canti, gli slogan e i cori instancabili che invocavano “Free Palestine” e un mondo libero da guerra, genocidio e riarmo.
Tra i lavoratori, le famiglie e gli studenti che hanno riempito le strade, spiccava anche la presenza della cantante Elisa, avvolta in una bandiera della Palestina, a testimoniare come la causa di Gaza stia suscitando una mobilitazione diffusa e trasversale.
Lo sciopero ha coinvolto in modo particolare il comparto scolastico. “La protesta è iniziata proprio dai banchi”, ha spiegato Francesca Tagliapietra, docente del Kennedy di Pordenone. Molte scuole hanno registrato classi dimezzate: al liceo Carducci Dante di Trieste, la dirigente Carmela Testa ha invitato gli studenti a entrare e discutere in classe della guerra, ma i ragazzi hanno preferito manifestare in piazza. “Le loro assenze – ha dichiarato – saranno considerate giustificate”.
Nonostante l’adesione più bassa nei settori del trasporto pubblico locale e delle ferrovie, la mobilitazione dell’USB ha rappresentato un segnale forte contro le politiche di guerra e contro la complicità italiana nell’invio di armi e forniture belliche. Come ha sottolineato Sasha Colautti dell’Esecutivo nazionale USB, concentrare la protesta sul porto di Trieste non è stato casuale: “Il porto è il cuore della logistica e dei traffici internazionali. È da qui che vogliamo dire basta alla guerra e al genocidio, basta al commercio di armi”.
Trieste, ancora una volta, si è trasformata in luogo simbolo delle lotte sociali e pacifiste. Una piazza che parla la lingua della giustizia e della solidarietà, chiedendo che la pace non resti parola astratta, ma diventi scelta concreta.
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