Bambini su Marte
The Anxious Generation : How the great rewiring of childhood is causing an epidemic of mental illness / Jonathan Haidt. - Allen Lane / Penguin Books, 2024. - 400 p. - ISBN 978-0-5936-5503-0.
Non so se abbia senso scrivere una recensione in italiano di un libro americano, ma è esattamente quello che mi accingo a fare, e per due valide ragioni: 1, il libro non è tradotto in italiano (né temo lo sarà mai) e 2, se scrivessi la recensione in inglese, magari su una rivista accademica, non raggiungerei i lettori e le lettrici che invece spero di raggiungere.
- Cover of The anxious generation, by Jonathan Haidt
Confesso che ho acquistato questo libro, caldo di stampa sugli scaffali di una libreria Waterstones a Londra, per via della copertina: appassionata di Marte, vedere un piccolo astronauta che naviga fra le stelle mi ha subito acchiappata. Aprendo il volume, poi, trovo un’Introduzione che si intitola “Growing up on Mars”, cioè “crescere (o diventare adulti) su Marte” – non mi serve altro, il libro è mio.
Solo dopo realizzo che in realtà si parla di Marte per far capire quello che è successo veramente alla Generazione Z (i “genzini” come li chiamano in Italia, ossia i nati dopo il 1995): il fatto di possedere e usare lo smartphone (è questo il “great rewiring” del titolo) li rende simili alla prima generazione di bambini che prima o poi cresceranno sul Pianeta Rosso. Una generazione che l’autore definisce “anxious” – ansiosa, agitata, nervosa.
L’autore è psicologo sociale e docente di etica alla New York University’s Stern School of Business. Ha già altri volumi al suo attivo, ma questo è particolarmente interessante anche nel nostro paese perché, pur descrivendo la società americana, è largamente condivisibile e anzi può aiutare a contenere i danni che loro hanno già sperimentato e presto ci troveremo anche noi ad affrontare.
Crescere con un portale in tasca ha reso questi bambini (oggi ragazzi) meno consapevoli della realtà e molto più attratti da universi alternativi, eccitanti ma fittizi. Sono stati bambini che hanno giocato meno di quelli delle generazioni precedenti, sviluppando meno contatto visivo e meno capacità di parlare e toccare. A peggiorare le cose è intervenuta l’intenzionale e disastrosa tendenza a super-proteggere i minori e a restringere la loro autonomia. Secondo l’autore, la maggiore causa per cui questi bambini sono divenuti “the anxious generation” è il mix di iper-protezione nel mondo reale e ipo-protezione nel mondo virtuale.
I sintomi che vengono riscontrati nei giovani che sono nati dopo il 1995 sono: disturbi del sonno, antisocialità, difficoltà di concentrazione, irritabilità, aggressività, dipendenza. Tutto questo significa una più faticosa transizione dall’adolescenza all’età adulta, ed è peggiore per le femmine per una serie di ragioni. Le soluzioni proposte dallo psicologo possono sembrarci estreme, ma poggiano su dati scientifici inoppugnabili:
1, niente smartphone prima della scuola superiore
2, niente social media prima dei 16 anni
3, niente smartphone a scuola, nemmeno durante l’intervallo o nei corridoi
4, diminuire la sorveglianza quando i bambini giocano: un certo grado di rischio è necessario per la crescita, altrimenti restano nella modalità “difesa” senza entrare mai nella modalità “scoperta”
L’ansia è simile alla paura, ma diversamente da questa si riferisce all’anticipazione di una minaccia futura o non reale. Chi soffre d’ansia si trova in uno stato perpetuo di malessere che può portare a rimuginìo improduttivo e a distorsioni cognitive (catastrofismo, generalizzazione estrema, rigidità mentale, depressione). A questo va aggiunto il disagio provocato dal fatto che i genitori sono spesso distratti dal telefono quando sono coi loro figli.
L’iperconnettività è un veleno che sta catturando i giovani: nel 2011 il 77% degli adolescenti americani aveva un telefono cellulare, ma solo il 23% uno smartphone; nel 2016 il 79% aveva uno smartphone; nel 2022 il 46% è online “almost constantly”, quasi sempre. La conseguenza è la perdita della socialità nel mondo reale e la chiusura in se stessi; l’ansia collettiva si affronta molto meglio di quella individuale. E i ricoveri nei reparti psichiatrici stanno aumentando a vista d’occhio.
I social media hanno poi un potenziale contro-educativo allarmante: cito testualmente: “Le piattaforme dei social sono i mezzi di persuasione più efficaci che siano mai stati inventati. Possono plasmare i modelli comportamentali di un/a adolescente nel giro di poche ore, laddove i genitori magari lottano invano per anni per insegnare ai loro figli a stare seduti composti o a smettere di piagnucolare.”
Il volume contiene una serie di suggerimenti per i genitori ma anche per i dirigenti scolastici, i politici, gli architetti urbani, fino ai governanti.
Tornando ai nostri bambini su Marte, credo sia venuto veramente il momento di intervenire con ogni mezzo a disposizione per proteggere i giovani dal cyberbullismo, dalla pornografia, dall’abuso di condivisioni online che non fanno che scalfire l’autostima e il libero pensiero. I bambini che un domani andranno su Marte avranno bisogno di tutta la loro attenzione, concentrazione, libero arbitrio, capacità decisionale, coraggio, equilibrio. L’ansia non potrà giovare a nessuno. Nemmeno a chi starà sulla Terra.
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