Bambini palestinesi

Lettera al ministro Paolo Ferrero di Augusta De Piero
All’On. Ministro Paolo Ferrero SUA SEDE
On. Ministro sono una singola cittadina, non collegata ad alcuna realtà associativa e mi rivolgo a lei per un problema che mi sta a cuore. Ne sono incoraggiata dall’aver sentito, nel primo discorso del Presidente Prodi, un richiamo preciso alla questione israelo-palestinese, la cui drammaticità, se ve ne fosse stato bisogno, è dimostrata una volta di più da quanto sta accadendo.
Non voglio intervenire in merito alla questione generale, ben conoscendone la complessità ma intrattenerla solo su un problema specifico, che, a mio parere, si connette a quella solidarietà sociale che identifica il suo ministero. Parlo dei minori palestinesi nelle carceri israeliane che attualmente superano le 380 unità.
Parecchi di loro hanno meno di 14 anni, in alcuni casi si tratta di neonati incarcerati con le madri. Molti soffrono la cosiddetta “detenzione amministrativa” che esime la giustizia israeliana dal dare alcuna informazione a famiglie ed avvocati (dove sono incarcerati, imputazioni che giustifichino il loro stato di prigionia, se mai un bambino può essere imputato e incarcerato...) L’Italia è firmataria della Convenzione di New York del 1989 - che nel nostro stato è legge (LEGGE 27 maggio 1991 n. 176. - pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’11 giugno 1991, n. 135) - e ne é firmatario anche lo stato di Israele.
I minori sono affidati a tutti noi, a prescindere dalla nazionalità, proprio da quella Convenzione. Sono vissuta per parecchi mesi in Palestina, ho lavorato (come volontaria) all’International Center di Betlemme, conosco quindi anche direttamente la situazione di quella popolazione ed è quel dolore condiviso che mi spinge a chiederle di impegnarsi perché, in attesa di una pace che -almeno per il futuro - possa assicurare giustizia, ai minori sia risparmiato l’orrore del carcere quando non della tortura o almeno, se ci sono casi per cui la carcerazione risulti inevitabile, ciò avvenga con la trasparenza dovuta e nel rispetto di quelle modalità di vita che devono essere assicurate a minorenni.
Il mio richiamo alla legalità non è distacco: ho paura delle voci che si alzano urlando generalità contro questo o contro quello; spesso suscitano un effetto catartico fine a se stesso che, come tutti i buoni sentimenti, fa presto a rendersi silente.
Secondo me un impegno fondato su una domanda forte, determinata e instancabile di rispetto della legalità, che riconosce e tutela i diritti dei più deboli, potrebbe essere un passo importante (uno dei tanti passi possibili) in una politica di pace che è doveroso praticare anche se la speranza è difficile, ma, come dice un mio amico palestinese, meglio accendere una candela che maledire il buio. Sperando in una sua risposta porgo cordiali saluti e auguri di buon lavoro.
Augusta De Piero
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Salve, vi inoltro dei messaggi, arrivati alla lista di Mani Tese, di una volontaria di Gazzella onlus ("GAZZELLA ONLUS" è un’associazione senza fini di lucro che si occupa di assistenza, cura e riabilitazione dei bambini palestinesi feriti da armi da guerra, essenzialmente nel territorio di Gaza). Annalisa
Sent: Thursday, July 06, 2006 8:46 PM Subject:
Caro Ugo ti rispondo da un pc portatile attaccato al generatore nella casa di alcuni cooperanti italiani. Oggi ho visto i 5 morti al Shafi hospital di Gaza city mentre gli altri morti e feriti, 20 morti in tutto e più di 40 feriti sono distribuiti negli ospedali di Jabalia e Beit Lahia. Ho visitato i feriti nella sala di rianimazione e i feriti che arrivavano con le ambulanze; i medici scambiano guanti di gomma, un soldato faceva al volo il prelievo per la donazione di sangue. Ugo sono stata veramente male e ho gia visto tante cose e ogni volta mi meraviglio della cattiveria delle brutture. Io cerco di fare qualcosa, per i nostri bambini e Ugo nessuno mi toglie dagli occhi l’orrore, ma anche gli sguardi delle donne e degli uomini che aspettano di sapere quale e la sorte dei loro cari e mi stringono la mano, anche oggi tanti. Io avevo vergogna, avevo voglia di piangere, ma come farlo davanti a loro.
Ugo, Mustafa Barghouti chiede di acquistare 4 generatori al costo di 8000 euro l’ uno e medicine. Vedi cosa possiamo fare. I generatori servono ai centri di riabilitazione di Jabalia e Khan Yunis, negli uffici del Medical Relief e al centro medico di Jabalia. A margine voglio dirti che per i prossimi 6 -9 mesi non ci sarà elettricità e attualmente le 6 ore di elettricità viene portata da una compagnia privata israeliana dai costi esorbitanti. Non hanno più scorte di medicine e servono anche i guanti di gomma. Parla con i nostri amici e vedi cosa puoi fare.
Ugo i nostri bambini quelli che vivono vicino agli uffici del Medical Relief mi hanno fatto festa Ti ricordi il bambino cicciotello dal nome Sliman, ci seguiva a piedi la sera che siamo andati a fare gli osservatori elettorali. Ricordi....
Ciao Ugo ti abbraccio Giuditta
Sent: Saturday, July 08, 2006 11:45 AM Subject::qui e adesso
Caro Massimo sono qui con i palestinesi convivendo questo momento più difficile di altri, forse, ma che li vede decisi nella loro autodeterminazione. Ti prego di passare questo messaggio ai compagni: i palestinesi, nella striscia di Gaza, cosi come nei territori della West Bank non sono combattenti, ma resistenti all’ occupazione con tutti i mezzi. E’ importante fare questa distinzione che sta creando confusione anche fra l’ opinione pubblica internazionale. Non ci sono morti di hamas o di fatah : ci sono morti palestinesi civili, bambini, donne, uomini. Ieri e l’ altro ieri sono stata negli ospedali di Gaza city, Jabalia e Beit Lahia a visitare i feriti e i morti. Contiamo 40 morti e più di 70 feriti che tra l’ altro per ore non hanno potuto essere soccorsi poiché era impedito dai soldati israeliani, anche alla croce rossa, che non brilla per coraggio ed iniziative, di raggiungere i luoghi colpiti. Stamattina sono stata a Beit Lahia dove ieri gli israeliani hanno occupato per giorni le case. Oggi i tanks si sono ritirati, di forse un km, ma continuano ad essere a ridosso delle case. E evidente il controllo anche dal mare, mentre in cielo apache e F16 fanno la loro parte. Nessun coraggio quindi, solo condivisione con i palestinesi della loro condizione di vita. Un appello, basta con le cerimonie e le manifestazioni ad hoc, dobbiamo impegnarci sempre, tutti i giorni per un mondo diverso per la liberta dei popoli per la loro autodeterminazione. Pressioni sul governo devono essere fatte proprio adesso che devono rifinanziare la missione in Afganistan, perché se e una missione di pace quella dell’ Afganistan (sich chi ci crede.....)provocatoriamente chiediamo di finanziare anche una missione di pace in Palestina.!!!!!!!
Vi abbraccio Giuditta
Per fare un bambino, ci vuole un operaio?
Oppure ci vuole una madre?
Ma basta una madre qualunque?
No, occorre quella madre che ha quel bambino nella mente e nel cuore!
(noi siamo l’incapacità e l’impossibilità di capire una cosa. Ma questo ci rende solo ignoranti)