Avevo 18 anni quando hanno ucciso Falcone
Erano tempi in cui le notizie le sapevi in TV e con il passaparola. "lo sai? hanno fatto saltare in aria Falcone, come in guerra".
Avevo 18 anni quando hanno ucciso Falcone.
Erano tempi in cui le notizie le sapevi in TV e con il passaparola.
"lo sai? hanno fatto saltare in aria Falcone, come in guerra".
E vedevi le persone restare bloccate. La notizia si faceva strada nell’incredulità. Poi arrivava la rabbia, lo sconforto e la tristezza.
Ho visto tante lacrime quel giorno. Nei volti dei ragazzi a cui avevano rubato una speranza e sui volti degli adulti che avevano sentito che nello stato qualcuno l’ottava con loro.
Faceva caldo, era uno di quei giorni in cui si va già al mare. Ma fra tante persone non c’era alcuna voglia. C’era il bisogno di stare insieme. Di rispondere, il più presto possibile, con la presenza dei propri corpi e delle anime.
Come a dimostrare che la mafia non poteva ucciderci tutti e tutte. Che la mafia non poteva possederci e sconfiggerci tutti e tutte.
Dove ci riuniamo? A che ora?
C’era urgenza. Urgenza di rispondere. Di sentirsi uniti.
Niente bandiere, niente sigle. Persone. Donne, uomini, ragazzi. Persone. Come una lotta partigiana.
C’erano lenzuoli bianche. Magliette bianche. Nastri bianchi. Era il simbolo della lotta.
A tanti anni di distanza ricordo ancora. Perché la lotta non è mai finita. Perché quella guerra non siamo mai riusciti a vincerla.
E la rabbia, la tristezza, lo sconforto, li porto ancora nel cuore.
Insieme ad una speranza che nessuna bomba potrà Mai distruggere.
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