Autoritratto di gruppo

Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze, 1988

di Pina La Villa - sabato 24 gennaio 2009 - 2800 letture

Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze, 1988

Luisa Passerini riporta come citazione iniziale un brano di Raymond Queneau, che sintetizza molto bene l’autenticità e la difficoltà del suo tentativo di raccontare il ’68 attraverso la sua memoria e la memoria delle persone da lei intervistate e di cui ricostruisce la vita. Quasi un po’ a mettere le mani avanti sui limiti della ricostruzione storica attraverso le storie di vite raccontate dai protagonisti, che pure, grazie anche a questo libro, hanno avuto in Italia interessanti sviluppi. E’ uno dei testi più citati, assieme a quello di Ortoleva, nelle opere sul ’68, e un frutto “tipico”, ancorché più riuscito di altri, del ventennale. Insopprimibile è la nostalgia ma qui viene tematizzata, circostanziata col racconto della propria vita, per evitare confusioni e indebite generalizzazioni. Insomma è come se la provocazione di Mario Capanna in “Formidabili quegli anni!” venisse raccolta e parzialmente capovolta.

Quando tu avrai un passato,/ Yvonne, ti accorgerai che cosa/ curiosa che è. Prima di tutto, ce/ ne sono angoli interi, di frane:/ dove non c’è più niente. Altrove/ erbacce che sono cresciute a/ casaccio, e non ci si capisce più/ niente neppure lì. E poi ci sono/ posti che ci sembrano così belli/ che uno se li rivernicia tutti gli/ anni, una volta d’un colore, una/ volta d’un altro, e lì la cosa/ finisce per non somigliare più per / niente a quella che era. Senza/ contare quello che uno ha creduto/ molto semplicemente e senza/ mistero quando è successo, e che/ poi anni dopo si scopre che non/ è tanto chiaro come sembrava,/ così come alle volte tu passi tutti/ i giorni davanti a un affare/ qualunque senza farci caso e poi/ tutt’a un tratto te ne accorgi”. (Raymond Queneau)


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