Autoritratto di gruppo
Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze, 1988
Luisa Passerini, Autoritratto di gruppo, Giunti, Firenze, 1988
Luisa Passerini riporta come citazione iniziale un brano di Raymond Queneau, che sintetizza molto bene l’autenticità e la difficoltà del suo tentativo di raccontare il ’68 attraverso la sua memoria e la memoria delle persone da lei intervistate e di cui ricostruisce la vita. Quasi un po’ a mettere le mani avanti sui limiti della ricostruzione storica attraverso le storie di vite raccontate dai protagonisti, che pure, grazie anche a questo libro, hanno avuto in Italia interessanti sviluppi. E’ uno dei testi più citati, assieme a quello di Ortoleva, nelle opere sul ’68, e un frutto “tipico”, ancorché più riuscito di altri, del ventennale. Insopprimibile è la nostalgia ma qui viene tematizzata, circostanziata col racconto della propria vita, per evitare confusioni e indebite generalizzazioni. Insomma è come se la provocazione di Mario Capanna in “Formidabili quegli anni!” venisse raccolta e parzialmente capovolta.
Quando tu avrai un passato,/ Yvonne, ti accorgerai che cosa/ curiosa che è. Prima di tutto, ce/ ne sono angoli interi, di frane:/ dove non c’è più niente. Altrove/ erbacce che sono cresciute a/ casaccio, e non ci si capisce più/ niente neppure lì. E poi ci sono/ posti che ci sembrano così belli/ che uno se li rivernicia tutti gli/ anni, una volta d’un colore, una/ volta d’un altro, e lì la cosa/ finisce per non somigliare più per / niente a quella che era. Senza/ contare quello che uno ha creduto/ molto semplicemente e senza/ mistero quando è successo, e che/ poi anni dopo si scopre che non/ è tanto chiaro come sembrava,/ così come alle volte tu passi tutti/ i giorni davanti a un affare/ qualunque senza farci caso e poi/ tutt’a un tratto te ne accorgi”. (Raymond Queneau)
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