Audrey Hepburn, con lei le più belle “vacanze romane”

Un breve ricordo a venti anni dalla sua morte. Premio Oscar per la migliore attrice nel 1954 per “Vacanze Romane”.
Aveva una bellezza aristocratica ma semplice, gli occhi da cerbiatta e un sorriso disarmante. Sua madre era una baronessa olandese e tra i suoi avi figura anche Edoardo III d’Inghilterra e il conte James Hepburn. Semplice, dicevamo, e proiettata verso i più bisognosi. Cessata la sua straordinaria carriera di attrice si prodigò solo per la famiglia e per la sua nuova missione di ambasciatrice dell’Unicef.
Fu infatti al ritorno di un viaggio umanitario in Somalia che la Hepburn scoprì di essere malata di cancro. Morì a soli 63 anni, il 20 Gennaio del 1993 e riposa in Svizzera nel cimitero di Tolochenaz, nel cantone di Vaud. Inglese, ma vissuta in Belgio e in Olanda, sposò anche un italiano, il medico psichiatra Andrea Dotti, di nove anni più giovane da cui nel 1970 ebbe un figlio, Luca, il suo secondo, dopo Sean nato dal precedente matrimonio con l’attore americano Mel Ferrer. Entrambi i mariti saranno presenti al suo funerale.
Indimenticabile protagonista in capolavori quali “Vacanze Romane” di W.Wyler - primi vagiti di una dolcevita poi consacrata da Federico Fellini - che le valse il premio Oscar quale miglior attrice, “Sabrina” di Billy Wilder (nomination all’Oscar), “Guerra e Pace” di King Vidor, “Arianna”, sempre di Billy Wilder, “La Storia di una Monaca” e “Colazione da Tiffany” (per entrambi la nomination all’Oscar) e poi “Sciarada” del 1963, “My Fair Lady” di George Kukor del 1964 e “Gli Occhi della Notte” di Terence Young del 1967, anche qui una nomination. L’anno seguente a Taormina riceverà il Nastro Speciale. Già vi era stata nel 1962 per il David di Donatello per la migliore attrice straniera.
Lavorò coi più grandi attori della sua epoca: Peter O’Toole, Sean Connery, Eli Wallach, Cary Grant, Albert Finney, Gary Cooper e Fred Astaire. Recitò anche con Ben Gazzara in “E Tutti Risero”, film del 1983, una commedia di qualità che tuttavia non riscosse buone risposte al botteghino. In veste di ambasciatrice Unicef, fu in Sudan, in Turchia, in Somalia, in Vietnam, in Bangladesh e in tutto il Sudamerica.
Audrey Hepburn, icona degli anni ’50 e ’60, fu anche un simbolo indiscusso di stile e involontariamente ne dettò la moda di quei tempi: la frangetta e il maglione nero a collo alto da perfetta teen-ager beneducata sono scolpiti nella memoria di ognuno di noi. La sua figura esile, da ballerina, era a dir poco inconsueta per i canoni degli anni ’50 in cui trionfava il modello della maggiorata. Fu musa di Givenchy (Hubert de Givenchy fu presente al suo funerale).
Il suo look resta un esempio di eleganza assoluta. Dalla camicetta bianca abbinata a un’ampia gonna con fascia elastica in vita ai pantaloni alla Capri; dalle ballerine “ultra flat” al semplice tubino nero con maxi occhiali da sole (Chanel). E ancora, il foulard al collo e le calze colorate. È una delle femme più glamour della storia, ancora oggi. Eterna come una grande diva. Ci piace concludere questa carrellata di ricordi con una sua frase famosa che la dice tutta sul suo essere ottimista e propositiva: “Chi non crede nei miracoli, non è un realista”.
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