Aprile rosso si spegne a Catania
Lui tirava giù cavalcavia e alla gente crollavano i sogni. Lui pavimentava via Etnea e la gente moriva per i canali di gronda allagati. Lui rifaceva le piazze del centro e la gente pensava alle case fatiscenti in periferia...
La radiosveglia si accende presto la mattina, fissa su Radio Uno. Gente che parla spesso inascoltata da chi, come me, non ha voglia di svegliarsi. Stamattina quella gente parlava della mia città, delle mie lotte, della mia sconfitta.
In quel lasso di tempo concesso al cervello per ridestare le sue funzioni, speravo di aver solo sognato l’amaro che mi ha addormentato ieri sera. Uno dei tanti incubi di cui resti inzaccherato anche la mattina, ma che la realtà non riconosce. E invece quell’incubo me lo sono portato fuori dalla notte e oggi era sulla bocca di tutti.
Io conosco bene la mia città e le sue contraddizioni, quelle che la rendono affascinante al turista di un giorno, difficile al cittadino di una vita. Conosco la gente e le sue aspirazioni, le sue necessità contingenti e le sue ali. So cosa pensava di quello che chiamava Sciampagnini, Scapagna, Scampagnino.
Lui tirava giù cavalcavia e alla gente crollavano i sogni. Lui pavimentava via Etnea e la gente moriva per i canali di gronda allagati. Lui rifaceva le piazze del centro e la gente pensava alle case fatiscenti in periferia, occupate abusivamente. Lui andava via d’estate in vacanza, e la gente non sapeva a che santo votarsi. Lui convocava luminari dell’antiaging e la gente si chiedeva come arrivare a fine mese.
Lui e la gente. Due entità lontane, due mondi che non si toccano, due binari che decidono di scorrere paralleli per non dover neanche fare lo sforzo di salutarsi se si incontrano. Dicevano “quando c’era Bianco...” lo dicevano gli uomini di cultura, che non avevano voce, lo dicevano gli artisti che emigravano, lo dicevano gli studenti che venivano di malavoglia, lo dicevano gli automobilisti ossessionati dal blu che strisciava le strade, lo dicevano i pensionati che non avevano spazi, lo dicevano tutti. O almeno così sembrava.
Sembrava che Catania fosse pronta a riprendersi il suo destino, sembrava che i catanesi avessero voglia di scommettersi e di ripensare alla propria città.
Sembrava.
Abbiamo fatto male i conti, abbiamo creduto che l’Etna potesse eruttare. E abbiamo combattuto contro mulini a vento senza renderci conto che erano giganti.
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Non sono loro che sono dei giganti, siete voi che siete dei nani. Vincere si poteva, se ci fosse stata una sinistra.
Gran bel pezzo. Provo le stesse cose, grazie per averle espresse così. Noi non siamo nani. Michi
E tu, cosa hai fatto per la tua città? Fai vedere il bicchiere mezzo vuoto mentre in realtà è pieno per 3/4. Ricordo la Catania degli anni 80 e 90 e ad oggi sono cambiate tante cose, in meglio.O forse hai dimenticato la Catania delle rapine, della droga, del pizzo, dei grandi cavalieri e dei grandi politicanti che usciti dal carcere di Bicocca ne venivano celebrate le esequie in pompa magna in cattedrale?