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Appello per i referendum

Il sistema politico teme il voto, se solleva problemi reali e, in questo caso, il lavoro precarizzato è la tragedia che divora generazioni di precari.

di Salvatore A. Bravo - mercoledì 21 maggio 2025 - 764 letture

L’8 e il 9 giugno si vota per i 5 referendum, dei quali 4 sono per il lavoro. I 4 referendum vorrebbero abolire una serie di norme che precarizzano il lavoro e legalizzano lo sfruttamento. L’azienda Italia è oggi realtà, ma l’aziendalizzazione della vita e l’integralismo economico, nuova religione mondana senza speranza, lasciano sul selciato ogni anno circa un migliaio di lavoratori, le chiamano morti bianche, e consumano i sopravvissuti, spesso, nella sofferenza e nella povertà. Dinanzi a tale realtà verificabile con facilità estrema, i numeri non ingannano, non si può non tacere dinanzi al silenzio dei media e dei partiti sui referendum.

Il silenzio ci restituisce la verità: la nostra è una democrazia declinante, solo il popolo può salvarla. La democrazia ammette un solo silenzio: il silenzio elettorale dopo i dibattiti e le discussioni, si tratta di un silenzio finalizzato a rendere concetto ciò che è stato ascoltato al fine di dare un significato consapevole al voto a prescindere dalla prospettiva politica. Oggi, invece, il silenzio ha lo scopo di neutralizzare la scelta mediante la disinformazione.

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Referendum 8-9 giugno 2025 - cosa cambiano

Il sistema politico teme il voto, se solleva problemi reali e, in questo caso, il lavoro precarizzato è la tragedia che divora generazioni di precari. Le scuole possono supplire al silenzio per informare sulle ragioni del “no” e sulle ragioni del “sì”. Democrazia è dibattito, e ascolto delle ragioni dei contendenti e delle loro motivazioni. Solo l’ascolto generale di ogni posizione ideologica consente nella visione d’insieme di elaborare decisioni funzionali ai processi democratici, i quali non sono mai semplici e manichei, ma devono comportare la visione dell’intero. In tale cornice di silenzi complici i docenti possono supplire mediante un’informazione equilibrata rientrante all’interno dell’apertura della scuola al mondo del lavoro.

Informare sulla funzione dei referendum e sullo Statuto dei Lavoratori del 1970 può essere la premessa per veicolare informazioni sulla Costituzione e sulla storia recente. All’interno di tale quadro didattico si potrebbero inserire i 5 referendum e contemporaneamente far riferimento agli articoli della Costituzione che difendono la dignità del lavoro e dei lavoratori. La scuola pubblica è fucina di democrazia, essa ha il compito di insegnare a vagliare le posizioni in campo in modo critico, tanto più che essa ha l’obiettivo di formare “cittadini che saranno lavoratori”. I docenti, dunque, con la loro azione formatrice potrebbero con tale agire didattico ed educativo, i due piani sono sempre da coordinare, compensare parzialmente al silenzio democratico e avviare una discussione sul mondo del lavoro e sul senso del lavoro. Ancora una volta la scuola potrebbe contribuire a salvare ciò che resta della democrazia ponendo al centro il tema del lavoro e la vita reale dei lavoratori nella società globalizzata.

Il lavoro è la vera urgenza del nostro tempo, poiché coloro che sono precari sono ricattabili e non sono più cittadini ma sudditi. Ricordiamoci, infine, dell’articolo 36 della Costituzione italiana. Senza una equa retribuzione non è possibile condurre un’esistenza dedita alla cittadinanza, poiché il lavoratore povero a tempo o il precario, se poveri sono ossessionati dalla sopravvivenza e dai conti e pertanto si ritirano dalla vita pubblica per circostanze che non hanno scelto. Non a caso l’articolo 36 ribadisce che il lavoro libera dai bisogni primari per consentire a ogni cittadino l’accesso alla vita pubblica senza alcuna discriminazione di classe, di censo e di genere:

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge”.

Discutere e ascoltare le ragioni del “no” e del “sì” è esercizio di democrazia di cui tutti giovani e meno giovani necessitiamo.


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